Marettimo, un'isola "romana" che la burocrazia ha cancellato di Liliana Madeo

Marettimo, un'isola "romana" che la burocrazia ha cancellato Nelle Egadi, ha un perimetro di 18 chilometri Marettimo, un'isola "romana" che la burocrazia ha cancellato (Dal nostro inviato speciale) Isole Egadi, 16 novembre. Una donna anziana, il volto pallidissimo per il mal di mare, è riversa sul seno di una ragazza. Dall'altra parte della barca piange un bimbo. Dall'aliscafo si continua a gettare giù ceste di verdura, pacchi, un cane, borse, passeggeri. Tira un gran vento, anche se c'è il sole. Finalmente l'imbarcazione riparte. Fatte poche decine di metri, superando un fondale sassoso e infido, si raggiunge la costa. «.Ecco, fino ad un anno fa questo era il solo modo per arrivare qui — dice la ragazza—. Adesso, per fortuna, si ricorre a questo sistema soltanto quando il mare è grosso. Ma non abbiamo ancora né un porto né un traghetto». Siamo a Marettimo, nelle Egadi. L'isola ha un perimetro di diciotto chilometri e una storia antica: conserva vestigia romane, tracce delle scorribande dei saraceni, i resti di un castello spagnolo secentesco, mentre l'insediamento urbano risale al 1796. Ma coloro che vi sono nati e vi abitano, sui documenti, risultano di Favignana, distante da qui dodici miglia. Il paese non è Comune a sé. Pastoie burocratiche, incuria dello Stato centrale e dei suoi organi, la prepotenza dei notabili democristiani che amministrano la vicina isola (con cui Marettimo non ha rapporti, né sociali né economici e commerciali) sono riuscite a renderlo, anagraficamente, inesistente. E questa sorta di «distrazione» lo condanna ad un lento inesorabile genocidio: fino agli Anni Cinquanta gli abitanti erano 1500; adesso non raggiungono i mille, che d'inverno diventa no la metà. Quelli rimasti non si rassegnano. Dicono: «Siamo un'isola dimenticata. Ma noi vogliamo vivere, con l'Italia». Era un paese con orti e giardini un tempo, questo. Poi, dopo la guerra, l'emigrazione spopolò la comunità e le colture furono abbandonate: tutti i viveri adesso vengono da Trapani. C'era una flotta da pesca di tutto riguardo, fino a pochi anni or sono: quarantatre pescherecci (ciascuno con almeno quindici persone a bordo) oltre alle paranze e alle barche più piccole da spostare per tragitti brevi e durante l'inverno, che raccoglievano pesce da vendere sui mercati della Sicilia e anche all'estero. I marettimani sono pescatori così valenti che, quando si sono trasferiti in Spagna, Portogallo, California, a fare lo stesso mestiere, hanno fatto fortuna. Uno, Nino Mercurio, racconta di essere stato ingaggiato in sieme con altri dieci compaesani dallo Stato di Israele per insegnare a quelle popolazio ni la loro padronanza del mare: ora lui è ritornato. C'era bisogno di un porto. Ma la flotta figurava come flotta di Favignana. E Favi gnana, che ha un solo peschereccio, il «Nuovo azzardo» ha avuto il porto, anzi due: il S. Leonardo e quello turistico. 1 pescherecci di Marettimo hanno continuato a vivere in crisi («Sempre qualcuno a bordo, per timore del vento — ricordano i pescatori —. A volte, a mezzanotte, tutti scendevamo al mare, per spo¬ stare le barche da nord a sud e viceversa, a seconda delle correnti»). Tutte le volte che lo Stato si è ricordato dell'isola lo ha fatto in modo parziale o sbagliato. Il porto: era vitale, ma soltanto due anni fa sono stati stanziati 250 milioni per costruirlo (ne è sorta una banchina, poi i soldi sono finiti, e ora mancano cento metri di diga foranea più il «martello»), così i traghetti non possono ancora attraccare e ì rifornimenti sono costosissimi; un mattone di tufo a Favignana costa sulle 250 lire, qui 1350 lire: «Ecco un altro motivo per cui a Marettimo non si costruisce più e mancano le nuove case. I giovani se ne vanno, quando si sposano, e si sposano sempre meno: trequattro matrimoni in un anno, contro i dieci che celebravo fino a dieci anni fa», commenta il parroco don Girolamo Campo. L'acqua: all'inizio del '900 c'erano trentadue fonti naturali; poi è stato costruito un acquedotto, che disperde gran parte delle sorgenti, cosicché d'estate il rifornimento è diventato insufficiente. Il cimitero: è stato fatto nel '46, con la strada non ancora asfaltata. Le fogne: mancano, ma gli abitanti se le stanno costruendo da sé, pezzo a pezzo, autotassandosi. Le scuole: esistono quelle elementari e medie, però funzionano alcuni mesi all'anno, nei giorni in cui gli insegnanti — che vengono da Trapani — riescono a raggiungere l'isola, così decine di famiglie si trasferiscono in città per far studiare i figli. La pesca: i fondali sono ricchi e l'attività sarebbe vantaggiosa se, oltre a tutto il resto, non la danneggiassero i taglieggiamenti sui prezzi (le sarde vengono pagate 50 lire al chilo, ad esempio, poi rivendute almeno a mille) e i pescatori di frodo (che tre finanzieri — smoto- rizzati — dovrebbero fronteggiare). Alle ultime elezioni, su 667 iscritti nelle liste elettorali, soltanto trecento hanno votato. Raccontano: «Avevamo deciso di disertare le urne in segno di protesta, per ottenere che Marettimo diventi comune a sé per le sue particolari condizioni geografiche e topografiche». Poi ci furono minacce, alvuni vennero prelevati a casa dai galoppini elettorali della de, ai pensionati fu fatto balenare il pericolo delle pensioni sospese. Quando il presidente del seggio lo seppe, il magistrato di Trapani, Giacomo Ciaccio, disse ai carabinieri presenti: «Vi autorizzo ad arrestare chi sorprendete mentre compie tale opera di intimidazione». L'intimidazione cessò. La ribellione ha continuato a crescere. E' nato, a settembre, un comitato civico per la difesa dell'isola. Ci sono state manifestazioni in piazza, assemblee per stendere le richieste da avanzare alle autorità: l'autonomia comunale, il porto, case popolari, fogne, strade, difesa della pesca e della fauna ittica, la gestione delle scuole da parte dei giovani diplomati e laureati dell'isola che sono invece disoccupati, una fetta degli stanziamenti previsti dalla Regione a favore delle isole minori. E' una singolare presa di coscienza democratica, che riguarda un po' tutti, senza bandiere e barriere di partito. Presenta un altro risvolto interessante: il paese intero non guarda al turismo come al toccasana dei suoi mali, anzi è geloso delle sue bellezze naturali e vigila davanti al pericolo di un'aggressione degli speculatori. Liliana Madeo

Persone citate: Favi, Giacomo Ciaccio, Girolamo Campo, Nino Mercurio