Torture e violenze politiche in Brasile in un documento-denuncia dei vescovi di Franco Mimmi

Torture e violenze politiche in Brasile in un documento-denuncia dei vescovi Mentre nel Paese sono in corso da ieri le elezioni Torture e violenze politiche in Brasile in un documento-denuncia dei vescovi Roma, 15 novembre. «C'è stato un tempo in cui le nostre predicazioni al popolo consigliavano soprattutto pazienza e rassegnazione. Oggi, senza omettere questi valori, la nostra parola si dirige anche ai grandi e ai potenti, per ricordare loro le molte responsabilità di fronte alle sofferenze del popolo». I vescovi del Brasile hanno scritto queste parole in un documento reso noto oggi, in coincidenza con le elezioni che debbono eleggere i sindaci, i vicesindaci e i consiglieri di quattromila comuni brasiliani. Non sono elezioni che si svolgono all'insegna della democrazia: in lizza solo due partiti: l'Arena (Alleanza rinnovatrice nazionale, che è il partito di governo) e l'Mdb (Movimento democratico brasiliano, che rappresenta l'unica opposizione consentita dai militari del regime). Quale sarà l'esito del voto? Si può solo rispondere che il presidente della Repubblica, Geisel, ha affermato di considerare queste elezioni un plebiscito, un giudizio popolare sul suo governo. Se i risultati risponderanno alle sue aspettative, il regime sarà ancora più forte; se la risposta lo deluderà, anche il larvato processo di distensione in atto nel Paese sarà posto in forse. Ma la voce della Chiesa brasiliana ha scelto quest'occasione per pubblicare il proprio documento in quanto si rende conto che si tratta di giorni cruciali per il futuro non solo del Brasile ma di tutta l'America Latina. Come gli occhi di tutti i regimi latino-americani sono puntati sulle azioni che vengono decise a Rio de Janeiro (perché il Brasile è il gigante del continente), uno Stato-guida che serve da punto di riferimento ai governi sempre più reazionari del Cile e dell'Argentina, dell'Uruguay e anche del Perù; di quasi tutti, insomma, tolte poche eccezioni come per esempio Venezuela, Colombia e Messico così anche gli occhi di tutta la Chiesa latino-americana sono rivolti all'indirizzo dato dai vescovi brasiliani. Dunque, questo documento potrebbe essere l'avvio di una reazione a catena, centro le violenze e le torture che avvengono in quasi tutta l'America Latina. Esso è indirizzato «non ai vescovi, ma al popolo di Dio», e si divide in tre parti: nella prima vengono denunciati alcuni fatti di cui giornali e radio non hanno dato notizie o le hanno date incomplete; nella seconda si ricerca la causa dei fatti che avvengono nel Paese; nella terza parte si riaffermano i principi pastorali. Tra i fatti segnalati dalla Conferenza nazionale dei vescovi del Brasile, vi è l'assassinio di padre Rodolfo Lutleihein, a opera di un gruppo di fazendeiros (gli onnipotenti latifondisti che da secoli hanno in mano il destino del Paese), di piccoli proprietari e di braccianti. Un gruppo di costoro raggiunse la missione salesiana di Merure, nel Mato Grosso, per vendicarsi dell'espropriazione di alcune terre che il Funai (Fondazione nazionale degli indios) aveva destinato agli indigeni. Padre Rodolfo li invitò a ricorrere alla giustizia, ma fu colpito da una fucilata. Anche un indio che era con lui mori nella sparatoria, e quattro rimasero feriti. Era il 15 luglio di quest'anno. Il 22 settembre fu rapito il vescovo dom Adriano Hipolito, insieme con suo nipote e la fidanzata del giovane. I rapitori denudarono il vescovo, chiamandolo «comunista traditore» affermando di essere dell'Alleanza anticomunista brasiliana. Gli fecero sentire le grida del nipote che veniva torturato, poi lo cosparsero di vernice rossa e lo abbandonarono, legato, in mezzo alla strada. Liberato da alcuni passanti, andò alla polizia politica, e lì trovò il nipote con la fidanzata che venivano interrogati. E ancora: 11 ottobre, padre Joao Bosco Penido Burnier e il vescovo dom Pedro Casaldaliga tornano da una riunione di preti sul problema degli indios. Giunti a Ribeirao Bonito si recano alla locale questura per intercedere a favore di due donne che sono state violentate e torturate. Padre Bosco viene picchiato, poi una pallottola dum-dum lo colpisce alla testa. Muore il giorno dopo. Il documento denuncia poi le censure cui è sottoposto l'arcivescovo dom Helder Camara, quelle imposte a pubblicazioni ecclesiastiche, gli attentati contro associazioni o case di esponenti democratici, e i sequestri, e le torture, e le violenze commesse dalla polizia contro la popolazione. Perché tutto ciò avviene? Perché — dice il documento — per i poveri non c'è giustizia; perché poliziotti criminali godono dell'impunità; perché le terre sono mal distribuite; perché gli indios vivono in condizioni disastrose, al punto che «cercano di nascondere la loro origine, per poter essere accettati da una società che si considera superiore». E ancora: perché il principio della sicurezza na¬ zionale ha cancellato quello che nella Costituzione afferma: «Ogni potere viene dal popolo ed è esercitato in nome del popolo». Perché «un'altra grande tentazione dei detentori del potere è confondere il dovere di lealtà del popolo verso la nazione con la lealtà verso lo Stato, cioè il governo». In Brasile, la differenza tra il salario minimo e massimo è immensa, oltre duecento volte. Il popolo, colpito fisicamente con la povertà, fisicamente e moralmente con le torture, ha bisogno di giustizia. Questo è quanto chiede la Conferenza dei vescovi del Brasile: si deve punire chi sì rende colpevole di questi delitti. E tuttavia — conclude il documento — «la semplice punizione degli esecutori di delitti non può tranquillizzare la coscienza delle autorità, finché il sistema socio - politico ■ economico continuerà a generare un ordine sociale basato sull'ingiustizia e sulla violenza». Franco Mimmi

Persone citate: Adriano Hipolito, Geisel, Helder Camara, Joao Bosco, Padre Bosco, Padre Rodolfo, Pedro Casaldaliga