L'assoluzione non toglie i dubbi sui due "padrini,, del clan Liggia di Vincenzo Tessandori

L'assoluzione non toglie i dubbi sui due "padrini,, del clan LiggiaIl pubblico ministero ricorre contro l'Anonima sequestri L'assoluzione non toglie i dubbi sui due "padrini,, del clan Liggia Rimane incomprensibile il proscioglimento di Francesco Guzzardi e Nello Pernice ■ Il pm chiede: perché non si è tenuto conto delle responsabilità emerse dal rapimento del Torielli? (Dal nostro inviato speciale) Milano, 15 novembre. I responsabili del sequestro Montelera, il più lungo e feroce fra i molti compiuti al Nord, sono stati condannati. Forse non tutti. Ma, almeno, alcune ombre sono cancellate. Troppi dubbi, al contrario, rimangono — dopo anni di indagini e sei mesi di processo — sull'affare Torielli. La sentenza emessa dal tribunale di Milano che doveva giudicare sulle attività dell' «anonima sequestri» fa discutere. Dell'istruttoria, che aveva rinviato a giudizio trentuno fra mafiosi e presunti «uomini d'onore», i giudici hanno accolto ampiamente la parte conclusiva, che riguardava lo sporco affare Montelera e coinvolgeva nomi di personaggi già conosciuti nel «Gotha» mafioso. Ma ha rifiutato le indicazioni sul rapimento di Pietro Torielli: eppure da quegli indizi erano partite le indagini che, giorno dopo giorno, avevano permesso ai giudici Giuliano Turone e Gianni Caizzi di tracciare un profilo preciso della vasta «associazione per delinquere di stampo mafioso». Rimangono incomprensibili i meccanismi che hanno portato alla maturazione del giudizio. Contro di esso il pubblico ministero Caizzi ha già fatto ricorso «per le pene e per tutti gli imputati salvo Tortelli». Spiegava il dottor Caizzi: «Il verdetto ribalta la sentenza istruttoria che non è stata scalfita dalle risultanze dibattimentali. Credo ancora nell'istruttoria e nel suo valore soprattutto dibattimentale. Rimane dunque incomprensibile questa sentenza che ha posto in discussione la costruzione accusatoria per l'episodio iniziale, cioè il ratto Torielli. ma ha accettato gran parte degli sviluppi da essa provocati. Commentava ancora Caizzi: «Dal verdetto appare parzial- i o , o a i , o e e e a o a . a a mente intaccata una impostazione istruttoria che il dibattimento aveva invece solo rafforzato. Niente è stato smontato». In appello sarà lo stesso magistrato, passato alla procura generale, a sostenere l'accusa. Diceva l'avvocato Vittorio Chiusane», difensore di parte civile di Rossi di Montelera: «Se questa sentenza, nei gradi futuri, fosse confermata, dobbiamo dire che il gruppo dei responsabili del sequestro Rossi è stato individuato, mentre per Tortelli i punti interrogativi rimangono, tranne che per Giacomo e Francesco Taormina». Colpevole Giuseppe Pullara, colpevole don Agostino Coppola e colpevole Luciano Leggio detto Liggio: anche a loro le indagini erano arrivate partendo dal sequestro di Pietro Torielli. Alla stessa liberazione di Luigi Rossi di Montelera, avvenuta dopo quattro mesi, il giudice Giuliano Turone era arrivato seguendo la pista individuata nel corso delle indagini sulla vicenda Torielli. Il feroce cacciatore d'uomini che aveva tenuto nella cella sotterranea l'industriale di Vigevano era lo stesso che, con tracotanza, un giorno aveva legato Montelera ai ceppi con una catena «per essere sicuro di ritrovarlo vivo poiché la selvaggina serve viva e non morta». Quando il suo nome fini nel fascicolo dei sequestri, con sufficienza Liggio commentò: «Mi hanno messo in questo processo per dargli lustro». Conosciuta a San Vittore la sentenza che lo condanna a 18 anni di galera, da aggiungere alla pena perpetua che ha già sulle spalle, si dice che «il padrino» abbia commentato: «E quelli veri, fuori...». Sono il suo grado e la sua autorità ad essere stati posti in discussione in questo processo. Ma della potente cosca al Nord di questa nuova mafia Liggio fa parte, forse l'ha creata. Si legge su un documento dell'ultima commissione antimafia: «Se dovesse darsi un volto alla nuova mafia, attraverso il passaggio dalle antiche forme speculative legate al feudo a quelle più redditizie dell'abigeato e quindi a quelle più moderne, dinamiche e vantaggiose dei trasporti, dei mercati e dell'edilizia, che non disdegnano protezioni e connivenze politiche, quel volto sarebbe certamente il grosso, tondo e freddo volto di Luciano Liggio, dall'ironico e sprezzante sguardo di colui che sa e che può, che comanda e ricatta, che è ora moribondo per un male che non perdona e ora mobilissimo e inafferrabile come fantasma, intorno al quale ruotano, quali personaggi di una tragica farsa, sindacalisti e pastori, impresari e proprietari terrieri ». Ma l'istruttoria e il processo hanno svelato il volto inquietante di altri «padrini», oggi assolti senza che il dubbio sia stato cancellato: Francesco Guzzardi, indicato come il mandante di aggressioni e accoltellamenti a San Vittore; e Nello Pernice, arrestato con documenti falsi e con cinque milioni, parte del prezzo pagato per la liberazione di un rapito, l'impresario edile Angelo Malabarba. Vincenzo Tessandori Milano. Luciano Liggio e Francesco Guzzardi (Tel. Ansa) nss

Luoghi citati: Milano, Vigevano