Liggio condannato a 18 anni padre Agostino Coppola a 14 di Vincenzo Tessandori

Liggio condannato a 18 anni padre Agostino Coppola a 14 La sentenza al processo della mafia a Milano Liggio condannato a 18 anni padre Agostino Coppola a 14 Per il rapimento Montelera sono stati inoltre condannati i tre fratelli Taormina (da 13 a 19 anni) e altri tre imputati ■ Assolti gli accusati del sequestro Torielli (Dal nostro inviato specialeJ Milano, 13 novembre. Sentenza per la mafia. L'ha pronunciata il tribunale di Milano dopo più di un giorno di meditazione (25 ore e 15' per l'esattezza), ha giudicato sulle attività dell'« anonima sequestri » per-i rapimenti di Pietro Torielli. Luigi Rossi di Montelera ed Emilio Baroni. Quando il presidente, Angelo Salvini, « nel nome del popolo italiano » ha diviso i rei dagli innocenti, nell'aula, affollata come non mai da maggio a doggi, è calato un silenzio assoluto. Alla sbarra, c'erano soltnto Giuseppe Ta ormina, sorridente e disinvolto, e Francesco Guzzardi, attento e sornione. Da San Vittore era giunto anche Domenico Coppola, ma l'attesa, la tensione aveva finito per fiaccarlo: è crollato semisvenuto. Alle undici passate da mezz'ora il presidente ha letto: « Ugone Giuseppe: colpevole dei reati di associazione per delinquere, sequestro Rossi; Taormina Francesco: colpe: vole dei reati di associazione per delinquere, sequestro Torielli, sequestro Rossi; Taormina Giuseppe: colpevole dei reati di associazione per de linquere, sequestro Rossi; Taormina Giacomo: colpevole di associazione per delinquere, sequestro Torielli, sequestro Rossi: Leggio Lucia no: colpevole di associazione per delinquere e sequestro Rossi ». Ancora « colpevoli »: Quartararo Gaetano, Pullara Giuseppe, Coppola Agostino, Pullara Ignazio, Di Fresco Pietro, Palma Giuseppe. Le condanne: Giuseppe Ugone, proprietario della cascina Le Palme di Moncalieri, primo carceriere di Rossi di Montelera, 14 anni; Francesco Taormina, colui che ha tentato di salvare la cosca addossandosi la responsabilità della detenzione di Rossi, 19 anni; per suo fratello Giuseppe, considerato estraneo al ratto Torielli, 13 anni; per Giacomo Taormina, indicato come « il capo » nell'« affare Montelera » 19 anni; per Luciano Leggio, il « padrino », quindi l'organizzatore, 18 anni; cinque anni in meno al suo braccio destro, Giuseppe Pullara, proprietario della « Vinicola Borroni », che avrebbe scelto Montelera quale vittima. E condanna per don Agostino Coppola: 14 anni. Pene minori per gli altri. In totale il tribunale ha ero gato 127 anni di carcere, circa un terzo in meno delle ri chieste presentate dall'accusa pubblica la quale, al termine di una lunga arringa aveva proposto oltre 364 anni di carcere. Estraneo « perché il fatto non costituisce reato » oppure perché « il fatto non sussiste », le donne, tutte: le mogli che vivevano con i carcerieri ma ignoravano l'esistenza dei reclusi nei sotterranei della loro casa o le sciagurate attività dei mariti. « Le donne, da noi in Sicilia, non sanno niente » aveva dichiarato il difensore di una di esse. E' stato creduto. Dalle maglie del tribunale sono usciti i fratelli Michele, Calogero e Francesco Guzzardi, sulla cui autorità di «padrino » nessuno discute, neppure a San Vittore dov'è detenuto e dove lo hanno raggiunto due mandati di cattura per aver diretto, sostiene l'accusa, aggressioni e accoltellamenti. E se l'è cavata Nello Pernice, estraneo ai ratti e all'associazione per delinquere: il giorno dell'arresto fu trovato con banconote per cinque milioni del riscatto di Angelo Malabarba, soprattutto abitante in una casa di Leggio e in possesso di una carta d'identità falsificata sulla quale come residenza era indicato Viale Umbria 50 di Milano: la « Vinicola Borroni », l'azienda di Giuseppe Pullara. Per costoro e per altri imputati minori, l'assoluzione è accompagnata dall'ambigua formula dell'« insufficienza di prove ». Assolto, infine, anche Pietro Torielli perché quando aveva mentito al giudice, vi era « stato costretto dalla necessità di salvare se medesimo o un prossimo congiunto da una grave e inevitabile nocumento nella libertà o nell'onore ». Il verdetto ha stabilito le responsabilità nella vicenda dell'industriale torinese, ha assegnato a ciascun protagonista il suo ruolo, indicato i « cacciatori di uomini » che avevano catturato Rossi di Montelera in quella mattina nebbiosa di due anni fa, ì carcerieri, i mandanti; nel sequestro Torielli, invece, permangono anche troppi interrogativi: solo i carcerieri vengono additati, ma gli altri, i « padrini » che hanno ideato il sequestro, rimangono nell'ombra, forse risparmiati dalla sentenza, certo aiutati dall'atteggiamento della vittima, alla quale del resto il tribunale ha riconosciuto il diritto di avere paura. Attento e impassibile, il rappresentante della pubblica I aadlsccl accusa, Gianni Caizzi, ha ascoltato il verdetto. Più tardi ha commentato: « Rispetto l'opinione di magistrati che stimo, ma è chiaro fin da ora che per alcune posizioni ricorrerò ». Soddisfazione legittima dell'avvocato Vittorio Chiusano, rappresentante di parte civile di Luigi Rossi di Montelera. « Abbiamo visto accolte tutte le nostre richieste, considerato che per Francesco Guzzardi noi stessi non avevamo concluso ». Come sempre pacato, refrattario all'entusiasmo come all'odio, l'on. Luigi Rossi di Montelera, nel pomeriggio mi ha detto: « Non è che ci si possa rallegrare delle sventure, dei guai altrui, però è certametne molto positivo che la giustizia segni dei punti chiari su quale debba essere la punizione di chi commette delle gravissime colpe civili». Vincenzo Tessandori Milano. Michele Guzzardi in tribunale piange dopo l'assoluzione (Telcfoto Ap)

Luoghi citati: Milano, Moncalieri, Sicilia, Taormina