"Divorzio,, Ganzarolli-Regio ma Falstaff si farà lo stesso di Mirella Appiotti

"Divorzio,, Ganzarolli-Regio ma Falstaff si farà lo stesso Contrasti con il direttore d'orchestra "Divorzio,, Ganzarolli-Regio ma Falstaff si farà lo stesso Confermata la "prima" dell'opera verdiana per giovedì prossimo - Il baritono sarà Giuseppe Taddei - I motivi del dissidio Il Falstaff in crisi. A cinque giorni dal debutto l'opera inaugurale della stagione lirica del Regio è rimasta senza protagonista: Wladimiro Ganzarolli ha dato forfait; « per ragioni di assoluta incompatibilità artistica con il direttore d'orchestra Molinai! Pradelli. Sono moralmente distrutto, pieno di amarezze, quindici giorni di lavoro sprecati, tutto in aria e può essere che con questo io metta la parola fine alla mia carriera ». L'altro pomeriggio al termine di una prova, dopo giorni di forte tensione, il baritono si è avvicinato al golfo mistico e ai professori d'orchestra e ha annunciato, scusandosi con loro, la propria decisione di ritirarsi. Da quel momento, una serie di convulsi incontri, mediatore tra le parti, interessato quanto volonteroso, il sovrintendente Erba. Alla fine nulla di fatto. « I motivi del dissenso — ha spiegato il cantante — sono troppo profondi per poterli superare con la buona volontà ». Per tutta la notte e tutto ieri, Erba è rimasto attaccato al telefono a cercarsi un nuovo Falstaff e « di livello non inferiore a quello perduto ». Impresa alquanto difficile perché a questo punto della stagione i giochi sono tutti fatti (nei Paesi culturalmente civili gli impegni nel mondo lirico si prendono con uno o due anni di anticipo). Si è sperato ad un certo momento di catturare il fuoriclasse Evans, autorevole quasi quanto Fisher Diskau nel ruolo del ventruto Sir John verdiano. La scelta è poi caduta su Giuseppe Taddei che sarà oggi a Torino sicché il sovrintendente annuncia di poter mantener fede agli impegni presi con il pubblico: il Regio aprirà giovedì prossimo. Come si sia arrivati ad una rottura così pericolosa lo raccontano i due antagonisti, senza lesinare nelle spiegazioni l'infuocato cantante, misurando anche le virgole, teso e guardingo l'anziano maestro. Ganzarolli, uno dei migliori Falstaff italiani e di li¬ vello europeo, centodieci recite dell'opera verdiana, dice: « Tra me e Molinari Pradelli c'è una concezione diametralmente diversa sul modo di impostare questo prodigio di Verdi ottantenne. Il suo modo di condurre l'orchestra è incompatibile con l'interpretazione che io dò di Falstaff ». Colto a volo in un riposo delle prove d'orchestra Pradelli è risentito: «Ganzarolli mi ha offeso rifiutandosi di cantare come invece facevano i suoi compagni. Così ho lasciato la bacchetta e sono sceso dal podio. Ho diretto una sola volta il Falstaff nella mia carriera: una decina d'anni fa a S. Francisco con Evans. Ma certo non ignoro che questa partitura ha una precisa esigenza ritmica. Ganzarolli per sue necessità vocali e di respirazione non ha ritenuto di doversi attenere alle indicazioni scritte sullo spartito ». Si sa che l'ultima opera verdiana è rivoluzionaria non soltanto dal punto di vista musicale: anche scenicamente Falstaff è tutto teatro e del più alto e chiede ai cantanti, soprattutto al protagonista, una presenza drammaturgicamente autorevole, precisa e sfaccettata. Un punto sul quale interprete e direttore sono entrambi d'accordo ma evidentemente solo sul piano teorico. « Io non voglio — sottolinea Pradelli — fare un metronomo di questa partitura. So benissimo che essa ha molti punti liberi. Ve ne sono però altri in cui l'andamento ritmico non consente né abbandoni né pause ». Ma Ganzarolli ribatte: « Altro che pause. Il ritmo costante del direttore anche nei recitativi faceva sì che, abituato non so se giustamente o ingiustamente, a certe libertà, io dovessi tenere gli occhi costantemente fissi alla bacchetta, il che mi deconcentrava completamente, mi faceva perdere il personaggio. Potevo solo cantare, non interpretare ». Questo « abbandono » pur di non cedere costerà al cantante parecchi milioni, il cachet di 14 recite. Né è la prima volta ch'egli rinuncia ad uno spettacolo a causa di divergenze artistiche di varia natura. Può esserci, in questo atteggiamento, una componente eccessiva di sensibilità senza voler parlare di divismo? « Ogni volta che ho fatto un'opera, l'ho fatta solo perché ne ero convinto. Se qualcuno ha cercato di metterci dentro qualcosa che non andava, io ho " lasciato "». Ganzarolli ha una carriera dura alle spalle. E' un palesano, figlio di osti, faceva il maestro elementare. Nel mondo della musica è entrato quasi di soppiatto partecipando a tutti i concorsi possibili e immaginabili, Campanile sera e Campanile d'oro. Primo applauso ecc. « Arrivavo sperduto e timido. Vincevo e avanti con altri. Sino a che ho potuto studiare con Iris Adami Corradetti cui devo moltissimo. Poi gli inizi e sempre fatica, testardaggine. In ogni parola che io dico non c'è solo il mezzo tecnico, la voce, ma la ricerca costante di una assoluta sincerità ». Falstaff se lo è studiato per anni, è un po' la sua creatura. « Mi piaceva l'impostazione che il regista Crivelli aveva dato, adesso al Regio, al mio personaggio. Questo pancione, gonfio d'alcool, mezzo decomposto è un ingenuo, un candido che non riesce a vivere, un uomo solo che si distrugge ma, anche nell'abiezione, mantiene una propria signorilità, una grande classe ». Magari sfumature, ma alle quali dopo averci accanitamente lavorato, non si può rinunciare. « Sono anni che lo dico e questa di oggi ne è una riprova: noi cantanti siamo alla mercé degli altri, siamo soltanto della povera gente ». Mirella Appiotti Il baritono Ganzarolli

Persone citate: Fisher, Giuseppe Taddei, Iris Adami Corradetti, Molinari Pradelli, Wladimiro Ganzarolli

Luoghi citati: Erba, S. Francisco, Torino