Cee sempre senza piano energetico di Renato Proni

Cee sempre senza piano energetico Cee sempre senza piano energetico Sforzi politici e diplomatici dei Paesi europei perché l'Opec contenga al massimo il rialzo (Dal nostro corrispondente) Bruxelles, 12 novembre. Sono cominciate le consultazioni tra la Cee e gli Stati Uniti in vista che i Paesi produttori decidano un nuovo, sensibile aumento del prezzo del petrolio. Il mondo occidentale sta coordinando con urgenza i suoi sforzi politici e diplomatici per costringere l'Opec a contenere al massimo (si spera al 10 per cento) il rialzo del prezzo del greggio. L'argomento sarà anche discusso al vertice europeo dell'Aia, a fine mese. Il fallimento nel redigere una politica energetica, a tre anni dalla crisi petrolifera seguita alla guerra del Kippur, è il più spettacolare dell'Europa comunitaria, poiché le conseguenze potrebbero essere gravissime. C'è infatti il rischio di vedere compromessa la ripresa economica in atto, con una nuova ondata inflazionistica e il conseguente aumento della disoccupazione. Di fronte a questa prospetti- va, la posizione dei principali Stati della Cee sulla politica comune energetica si può così riassumere: l'Inghilterra vuole il prezzo minimo garantito del petrolio, la Francia non ci sta, l'Italia direbbe di sì ma chiede il finanziamento comunitario delle sue progettate centrali nucleari, la Germania non vuole pagare. Inoltre, l'Inghilterra vuole tenersi il gas e il petrolio del Mare del Nord (è già obbligatorio portare tutto il greggio sul suolo britannico) contrariamente ai principi comunitari. Henry Simonet, vicepresidente per gli Affari energetici della Commissione europea, ha tracciato un quadro assai deprimente della situazione energetica in Europa. Non si riuscirà — per cominciare — a ridurre dal 60 al 40 per cento l'energia importata entro il 1985, ma si arriverà, sì e no, al 50 per cento. Il petrolio importato, inoltre, non rappresenterà soltanto il 37 per cento dell'energia necessaria, ma almeno il 45 per cento. Entro la stessa data, si crede ora che la costruzione di centrali nucleari sarà inferiore di un terzo del previsto. Attualmente la Cee ha bisogno d'importare 10 milioni di barili di petrolio al giorno, ma dato che alcuni Paesi produttori, come l'Arabia Saudita, vogliono limitare la produzione, si teme che si torni alla penuria del greggio che si verificò nel 1973. La politica energetica comune non esiste anche perché la Cee non ha saputo sviluppare un'azione comune in politica estera diretta verso le nazioni arabe. Quando il terrore la prese alla gola, nel novembre 1973, la Comunità europea sostenne i Paesi arabi contro Israele, con la famosa dichiarazione; ma non si trattava di piegarsi soltanto momentaneamente al «ricatto», bensì di promuovere nei mesi e negli anni successivi iniziative a livello politico ed economico che facessero divenire più convergenti gl'interessi generali dell'Europa e del mondo arabo. Tra l'incertezza delle incoraggianti parole degli europei e la certezza di un mucchio di petrodollari da guadagnare con costanti aumenti del prezzo del greggio, inevitabilmente l'Opec sceglierà la seconda opzione. Non era pensabile che l'Europa desse un contributo originale e determinante al com ponimento del conflitto mediorientale, ma era possibile portare avanti più celermente, per esempio, il dialogo euroarabo e la conferenza NordSud. Invece, tre anni dopo la guerra del Kippur, l'Europa è esattamente nella stessa condizione di vulnerabilità. Per gettare lo scompiglio tra i Nove, non occorre neppure l'embargo petrolifero, ma basta un aumento sensibile, per esempio del 25 per cento, del prezzo del greggio. Dice Simonet: «La Cee può aspettarsi che l'Opec continuerà a premere con inaccettabili richieste come l'indicizzazione del prezzo del petrolio e ad accrescere ancora i prezzi alla fine dell'anno». Renato Proni

Persone citate: Henry Simonet, Simonet