Da stamane a Parigi colloqui Usa-Hanoi

Da stamane a Parigi colloqui Usa-Hanoi Da stamane a Parigi colloqui Usa-Hanoi Perché il governo americano non può ignorare il Vietnam (Nostro servizio particolare) Parigi, 11 novembre. Domani un rappresentante degli Stati Uniti e uno del Vietnam si troveranno di fronte per la prima presa di contatto ufficiale tra i due Paesi dopo gli accordi Kissinger-Le Duc-tho del '73 e dopo la fine della guerra. Protagonisti dell'incontro, in un luogo tenuto segreto di Parigi, saranno l'americano Samuel Gommon e il vietnamita Tran Haon, ambedue appartenenti alle rispettive ambasciate nella capitale francese. Si ignora ancora se i colloqui proseguiranno anche sabato o se si concluderanno domani sera. Fonti americane hanno chiaramente indicato, come scrive oggi l'« Herald Tribune », che gli Usa si attèndono soltanto « piccoli progressi » da questo primo contatto stabilito per «ricercare le condizioni obiettive» in vista di una normalizzazione « dei rapporti fra i due Paesi, tuttora inceppati dalle conseguenze della guerra ». E ieri una fonte ufficiale Usa aveva detto ancor più pessimisticamente che quello di Parigi « non sarà un incontro amichevole ». p. pat. La ripresa -iella capitale francese delle conversazioni tra Stati Uniti e Vietnam — le prime dopo la conclusione degli accordi di Parigi il 27 gennaio del 73 — coincide con l'apertura della discussione sulla ammissione del Paese Asiatico alle Nazioni Unite. L'atteggiamento di Washington verso la nuova realtà vietnamita (dopo l'abbandono totale del Vietnam del Sud, il 29 aprile dell'anno scorso) è stato finora molto cauto. Secondo la collaudata prassi kissingeriana, gli Stati Uniti hanno lasciato la porta aperta a contatti e normalizzazione dei rapporti, rinviandone l'attuazione a quando fosse passata nell'opinione pubblica Usa la scottatura della sconfitta. Sconfitta non tanto sul terreno militare (le ultime truppe americane, in esecuzione degli accordi di Parigi, avevano lasciato il Vietnam del Sud il 29 aprile del *33) guanto su quello politico e diplomatico: in due anni, tanti ne passarono dagli accordi di Parigi alla caduta di Saigon, Washinton non riuscì a « sganciarsi » dal regime di Thieu, fidò vanamente nella « vietnamizzazione » del conflitto, che continuava malgrado gli accordi parigini. Conclusa la « più lunga guerra del secolo » (con i francesi cominciò nel '46 e si concluse nel 54 con la caduta di Dien Bien Phu e i successivi accordi di Ginevra; con gli americani cominciò « ufjicialmente » nel '62 con l'istituzione d'un comando militare americano a Saigon) gli Stati Uniti cercarono per un certo tempo di ignorare ufjicialmente l'esistenza dei due Vietnam, retti da regimi comunisti, poi l'esistenza del Vietnam unificato, la cui proclamazione in contrasto con gli accordi di Parigi (ma quante altre volte erano stati violati) suscitò soltanto generiche e indirette proteste. Ma la realpolitik di Henry Kissinger non poteva ignorare che prima o poi occorreva pur affrontare il problema del Vietnam in base ai dati di fatto e che era necessario farlo prima che l'ingresso del Vietnam unificato all'Onu venisse proposto o appoggiato dal blocco dei Paesi del Terzo Mondo. Un « veto » americano, inevitabile da parte di qualsiasi amministrazione per ragioni di politica interna fin che non sia risolto il « contensioso» Usa-Hanoi comporterebbe oggi serie difficoltà nei rapporti dì Washington non soltanto con il Terzo Mondo asiatico, ma anche con tutto il resto dei Paesi in via di sviluppo; e ciò proprio nel momento in cui la politica estera americana punta su maggiori e migliori rapporti con il < Sud » del mondo, cioè con le aree arretrate ma spesso ricche di risorse naturali, e strategicamente interessanti. Le conversazioni di Parigi, tenute per ora a livello « modesto » (da parte americana sarà il « numero 2 » dell'ambasciata Usa a Parigi a capeggiare la delegazione del suo Paese) vanno dunque considerate in un contesto generale assai più importante di quanto lascino supporre le scarne notizie ufficiali. Occorre poi aggiungere che nel « contenzioso » tra Stati Uniti e Vietnam — e l'argomento verrà subito sul tappeto, condizionando fin dall'inizio i colloqui — c'è la spinosa questione delle liste dei militari americani « dispersi » durante la guerra del Vietnam, che Washington chiede da tempo, sia pure indirettamente, ad Hanoi. Gli Stati Uniti difficilmente potranno non esercitare ancora il diritto di veto alle Nazioni Unite contro il Vietnam (pur valutando le conseguenze negative per la loro politica mondiale) se non avranno soddisfazione su questo punto. La guerra d'Indocina è stata troppo traumatizzante per l'opinione pubblica americana per consentire al governo degli Stati Uniti flessibilità o negligenza sul doloroso problema dei « dispersi ». Così, un colloquio sempre difficile, cominciato il 13 maggio del '68, quando americani e nord-vietnamiti si incontrarono per la prima volt i ufficialmente a Parigi, ripreso l'anno dopo e trascinalo faticosamente, mentre continuavano i bombardamenti dei B 32, concluso infine nel '73 con un accordo sulla carta si riapre oggi a Parigi, un po' in sordina. Forse è l'ultimo atto importante della « regìa Kissinger », e già, comunque procedano i colloqui, costituisce una pesante eredità per l'amministrazione Carter. Gianfranco Romanelli)

Persone citate: Gianfranco Romanelli, Henry Kissinger, Kissinger, Samuel Gommon, Thieu