L'assassinio dei marsigliese é al centro di una guerra per il dominio della mala di Claudio Giacchino

L'assassinio dei marsigliese é al centro di una guerra per il dominio della mala Perché e da chi è stato ucciso Albert Franconi, bandito internazionale? L'assassinio dei marsigliese é al centro di una guerra per il dominio della mala La vittima : passato di violenza e di morte - A Milano in una rapina avrebbe ucciso un ferroviere - Aveva lasciato Marsiglia : Torino gli offriva nuove prospettive di attività redditizie - La concorrenza (clan dei calabresi, napoletani, siciliani) l'ha eliminato Senza possibilità di scappare, di reagire; soltanto 11 tempo di rendersi conto che è scattata la trappola fatale, di vedere le canne delle pistole alzarsi, mirare al petto. Cinque detonazioni, cinque fitte lancinanti che incendiano il torace e la testa, la caduta, un breve rantolare mentre l'asfalto si inzuppa di sangue. Per Albert Ferdinand Franconi, marsigliese di 28 anni, bandito di vaglia nel firmamento della mala internazionale, la morte è giunta cosi. Alle spalle un passato di violenze, davanti un futuro ricco di allettanti prospettive: tutto è stato reciso In pochi attimi dalla mira Infallibile di un paio di killer, la vita di Albert non poteva concludersi In maniera diversa. « Gente come lui — dicono il capo della squadra Mobile dott. Fersinl e il suo collega dott. Vinci — è segnato, prima o poi incontra sempre le pallottole del castigo mortale. Stupisce però che Franconi sia stato latto fuori già adesso. Il suo assassinio apre nuovi orizzonti sul panorama della delinquenza torinese, probabilmente ci troviamo di fronte ad un nuovo corso del crimine organizzato ». Perché il marsigliese è stato ucciso? La domanda, almeno per ora, gode scarse possibilità di ottenere risposte, le indagini partono da zero. Non ci sono testimoni, chi sa qualcosa si guarderà bene di informare gli inquirenti. Alla polizia, oltre ad espletare le solite formalità di ogni inchiesta — controllo di pregiudicati, interrogatori di individui legati al giro della vittima — non rimane per il momento che lavorare su congetture. « Albert era un buon talento criminale — osservano gli investigatori — in Italia non aveva certo infangato la terribile fama dei marsigliesi. Ne ha combinate di cotte e di crude, per numerose rapine è stato fatto il suo nome, era stato sospettato di aver preparato e partecipato nel febbraio del '75 al tragico assalto alla cassa della stazione ferroviaria di Milano, presso lo scalo di Redecesio. I malviventi non esitarono ad ammazzare un impiegato e a ferirne un altro per aprirsi la via della fuga ». Testimoni riconobbero nelle foto segnaletiche del marsigliese l'assassino, Albert riuscì a sgattaiolare tra le maglie della giustizia. Arrestato il mese successivo dopo una furiosa sparatoria in via Barbaroux con sei compari, se la cavò con una mite condanna per detenzione d'armi da guerra. La magistratura rinunciò a sostenere contro Franconi l'accusa per l'omicidio di Redecesio. I veri boss in prigione ci restano poco, la regola vale anche per Albert. Dimora alle Nuove fino a settembre, viene messo in libertà con l'obbligo del confino a Nichelino. Il bandito ottempera al decreto, si installa in casa di Salvatore D'Angelo, vecchio compagno di cella. Ma la sua permanenza dura un paio di settimane, Albert diventa uccel di bosco. « Ha trovato riparo in Francia — dicono in questura — ha ripreso i traffici di prima: prostituzione, contrabbando di droga, gualche rapina per avere sempre liquido in tasca. Ci risulta che alla fine dì ottobre abbia rimesso piede a Torino ». Ma che cosa poteva offrire la piazza cittadina di così lucroso da indurre il marsigliese a venire a « lavorare » In un posto dove era ben conosciuto e attivamente ricercato da questura e carabinieri? Secondo gli inquirenti, 1 maneggi della mala torinese, sebbene elevati, non raggiungono 11 fatturato di una metropoli del crimine come Marsiglia o Parigi. « Bische, stupefacenti, prostituzione — affermano — danno buone rendite, ma non tali da attirare il "milieu" marsigliese, già impegnato a controllare attività assai più redditizie ». Prospettano due ipotesi. Albert è tornato, perché ormai a Marsiglia non c'era più posto per lui, oppure perché Torino è diventata improvvisamente, qer qualche misteriosa ragione, un campo d'azione importantissimo per il gangsterismo internazionale. « Da noi — rileva la polizia — operano tre bande: i calabresi, i napoletani, i siciliani. Clan che agiscono in settori ben ripartiti, si sforzano di non pestarsi i piedi reciprocamente per evitare interferenze della giustizia ». Una convivenza forzata che però ha dato buoni frutti: ogni gruppo si è accaparrato ottime fonti di guadagni illeciti, gli scontri si sono sempre rivelati modesti. « C'è stato qualche delitto — as- Sicurano alla squadra Mobile — attribuibile più alla concorrenza interna di ciascun nucleo che ad una vera e propria guerra tra bande ». Ma da alcuni mesi la situazione è cambiata: le statistiche relative ai regolamenti di conti e alle esecuzioni «amerlcan style» in piena via hanno avuto un'impennata straordinaria. I morti per lupara, mitra e pistola non si contano più: soltanto in ottobre, klllers implacabili e imprendibili hanno ucciso quattro pregiudicati. « La mala è scossa da un terremoto — commentano in questura — è in corso un'offensiva durissima, apparentemente ingiustificabile I profitti della piazza torinese, almeno quelli a noi noti, non sono tali da giustificare eccidi simili: ci deve essere sotto qualcosa di molto, molto importante. Forse un maxitrafflco di droga o valuta ». La comparsa di un tipo come Franconi e la sua rapida eliminazione non dovrebbero essere dovute solo a banali questioni di potere in seno ad un clan; inoltre, l'arrivo di Albert potrebbe preludere ad un avvento massiccio del marsigliesi. E questo gruppo non si scomoda in un'impresa difficile come quella di invadere ima città già divisa da tre nuclei se la posta in palio non è più che. elevata. L'assassinio di Albert, che i commissari Fersini e Vinci non esitano a collegare a quello di Giuseppe De Caro compiuto una settimana fa in via S. Ottavio, apre un capitolo nuovo nella storia criminale di Torino, testimonia che purtroppo la città è diventata un pozzo ricchissimo per il delitto organizzato a livello internazionale. Per 1 delinquenti si preparano tempi duri, in questura sono parecchi 1 commissari pronti a scommettere che entro breve tempo altri personaggi andranno a tenere compagnia ad Albert Franconi. Claudio Giacchino Ezio Mascarino Albert Franconi al momento dell'arresto. Giuseppe D'Angelo (in primo piano) interrogato dalla Mobile. Beppe De Caro, ucciso in via Sant'Ottavio