I ricchi, i poveri, i sacrifici di Nicola Adelfì

I ricchi, i poveri, i sacrifici Voi e noi I ricchi, i poveri, i sacrifici Come uscire dalla crisi economica? Ecco qui una proposta originale da parte di un lettore di Asti, Angelo Bianco. Dipendente di ente locale e collocato a riposo tre anni fa, non ha avuto ancora la pensione e la liquidazione. Come mai? «Da parte del ministero del Tesoro mi si ripete che le pratiche per la pensione sono lunghe e che la Corte dei Conti è molto lenta; agli sportelli dell'Inadel mi dicono che i soldi per le nostre liquidazioni sono andati alle Regioni per tamponare i loro debiti». Chi è questo Angelo Bianco? «Ho lavorato sin da ragazzo, fatto la guerra, combattuto per la liberazione e per la democrazia. Quando ero impiegato, un mese dopo l'altro cercavo di risparmiare quel poco che il magro stipendio permetteva, e diedi così il mio contributo per fare della lira una delle monete-più solide del mondo». E che vuole il signor Bianco? «Come cittadino ossequiente alle leggi, avendo esaurito ogni risparmio, domando al signor Andreotti se mi è permesso pagare le nuove tasse e soprattasse solo quando lo Stato mi avrà corrisposto quel che mi è dovuto. E domando inoltre: con l'inflazione in atto quale potere di acquisto avrà la mia liquidazione rispetto a tre anni fa? E chi mi pagherà gli interessi? E se andiamo avanti di questo passo, i miei eredi dovranno pagare la tassa di successione su detta liquidazione e sugli arretrati della pensione?». Il signor Bianco è stanco di sentire parole di comprensione per i problemi degli anziani, e viene fuori con una sua idea. «L'unica cosa da fare è toglierci di mezzo. Si costruisca un grande ghetto, ci mettano tutti dentro e ci eliminino con i gas asfissianti. In questo modo, i problemi degli anziani poveri e dei pensionati in attesa degli arretrati troverebbero una soluzione rapida e totale. Che ne dice l'on. Andreotti, presidente del Consiglio dei ministri, nonché presidente dell'Associazione nazionale lavoratori anziani (Anla)?». Francamente a me non sembra giusto chiamare in giudizio solo l'on. Andreotti. Dopo decenni di assalti sconsiderati alla diligenza pubblica, è inevitabile che per i più deboli, quali sono per l'appunto i pensionati delle categorie inferiori, ora resti poco o niente. Chi ha tollerato o favorito quegli assalti, e chi vi ha partecipato con l'arroganza dei violenti o con sofismi demagogici, è una indagine che coinvolge molte responsabilità persino tra i partiti e ì sindacati che asseriscono di difendere gli interessi dei ceti meno abbienti. Sempre sullo stesso tema, l'Italia dei privilegiati e quella degU strapazzati, mi scrivono Clelia e Maurizio D. da Aosta. Nessun rancore, niente soluzioni finali, ma un flebile lamento rivolto a me con molta gentilezza. In un recente articolo, e in polemica con certi piagnoni che ritengono insopportabile qualsiasi riduzione di consumi privati, avevo scritto che non sarebbe stata la fine del mondo se noi italiani, ricordandoci degli anni di guerra, ci fossimo difesi dal freddo stando col cappotto anche nelle nostre stanze. Va da sé che il mio non era che un esempio generico. Ascoltiamo ora i due lettori di Aosta. «Siamo marito e moglie, rispettivamente di 75 e di 80 anni. Nel corso della nostra non facile esistenza abbiamo sofferto sacrifici che le generazioni di oggi non si sognano nemmeno. E di sacrifici siamo disposti a fame ancora, nonostante le nostre condizioni modestissime. Tuttavia, quando si è vecchi e in lotta con gli acciacchi, si può arrivare a dare un addio al pezzettino domenicale di carne, ma come si fa a rinunciare a un poco di tepore, non più di 18 o 19 gradi? E' chiedere troppo? «Osserviamo che i dipen¬ denti dell'Enel, anche se giovani, si scaldano a loro piacimento per il fatto che a loro vengono elargite tariffe ridottissime in barba ai disgraziati che pagano bollette salatissime per risanare il deficit di quell'ente. E di solito i pubblici uffici godono di un super-riscaldamento, al punto che devono aprire le finestre per rifornirsi di ossigeno fresco. E che dire delle seconde case in montagna dove molti trascorrono felicemente week-end e vacanze durante l'inverno? Abolendo questi e analoghi privilegi non ne verrebbe fuori un bel risparmio per la nostra economia, senza sacrificare le poche calorie che aiutano la gente povera a sopravvivere?». Lettere come queste parlano da sé. Tuttavia, quando dal piano della più elementare giustizia si scende sul piano delle cose che è possibile fare in concreto, allora insorgono spinose resistenze, subito e da ogni parte. I venditori di illusioni possono incantare l'uditorio proponendo provvedimenti punitivi per i ricchi e vantaggiosi per i poveri; ma dentro l'involucro delle belle parole c'è il vuoto, c'è l'ignoranza o la malafede. Basti dire che lo Stato non ha gli strumenti per misurare il grado di ricchezza o di povertà dei cittadini. Fuori dell'area dei lavoratori dipendenti e dei pensionati, lo Stato annaspa nel buio. Ed è impensabile che efficienti strumenti fiscali possano essere ideati e costruiti alla svelta, in un momento confuso come questo e con un governo equilibrista come l'attuale. Poiché le cose stanno così, queste sono le prospettive più verosimili: sulla pelle dei lavoratori dipendenti e dei pensionati lo Stato continuerà ad affondare le forbici del fisco fino a farla sanguinare; e fuori di quell'area, dove il buio non gli permette di distinguere niente, tirerà bastonate alla cieca. I ricchi hanno buoni rifugi e per lo più riusciranno a scansare i colpi; la povera gente, indifesa com'è, dovrà invece subire il peggio. E' triste, ma è cosi. La scrittrice Elsa Morante direbbe che questo è, tutto sommato, il senso della Storia. Io la penso diversamente, ma vi sono giorni di scoramento, giornate grigie, e allora mi viene il sospetto che la scrittrice abbia una vista più acuta della mia. di Nicola Adelfì.

Persone citate: Andreotti, Angelo Bianco, Elsa Morante, Maurizio D.

Luoghi citati: Aosta, Asti, Italia