Inchiesta sulle morti misteriose nel tragico manicomio d'Aversa di Liliana Madeo
Inchiesta sulle morti misteriose nel tragico manicomio d'Aversa I documenti nelle mani dei parlamentari Inchiesta sulle morti misteriose nel tragico manicomio d'Aversa Ruma, 5 novembre. La documentazione relativa al manicomio criminale di Aversa, ai reclusi morti in oscure circostanze, alla lunga sequela di violenze denunciate dagli ex internati e su cui la magistratura sta indagando dal 1974, tutti i fascicoli concernenti questo drammatico capitolo di vita italiana arrivano nelle mani dei parlamentari membri della commissione inquirente per i procedimenti d'accusa. La richiesta degli atti è stata inoltrata nei giorni scorsi alla procura generale di Napoli e alla procura di Santa Maria Capua Vetere. L'iniziativa è conseguenza dell'esposto che nel marzo '75, i legali degli ex internati presentarono, chiamando in causa i ministri di Grazia e Giustizia, dell'Interno, della Sanità, in carica negli anni in cui si verificarono i fatti accertati, dal '70 al '74. Questa la tesi dei legali. Se nei manicomi giudiziari la vita è tale da condurre i ricoverati a una disperazione senza fine e talora alla morte, la colpa non è soltanto dei direttori d'istituto, dei loro colla¬ boratori, dei singoli che si rendono responsabili di sevizie e prevaricazioni. Ci sono altre responsabilità che l'autorità giudiziaria deve valutare: la carenza delle strutture e del personale, «la mancanza di volontà di modificare le cose, l'indifferenza nei confronti di un gruppo sociale completamente emarginato e improduttivo, la negligenza di chi doveva attuare i necessari provvedimenti per motivi di igiene e sanità pubblica, la disapplicazione della legge che prevede ispezioni e controlli e rimedi immediati alle eventuali carenze riscontrate». Il «caso» del manicomio giudiziario di Aversa ha già una lunga storia. L'inchiesta s'iniziò a Santa Maria Capua Vetere, fu poi avocata dalla procura generale di Napoli e condotta dal dottor Sant'Elia. Questi, a! termine della sua requisitoria, chiese che il direttore dell'istituto, il dottor Ragozzino, fosse sospeso dal servizio e che contro di lui si aprisse un procedimento per omicidio colposo. Il processo ritornò alla sua sede naturale e incominciò a stagnare. An- che tale prolungata situazione di stallo è stata denunciata, ravvisando in essa eventuali gravi collusioni fra i magistrati di questo tribunale e il direttore del manicomio. Mentre si susseguivano gli attacchi e i contrattacchi delle due parti — il dottor Ragozzino, e gli ex internati affiancati dai loro legali — nel marzo del '76 ci fu nel manicomio una rivolta, capeggiata da sostenitori del direttore. Il dottor Turino è arrivato adesso alla conclusione dell'indagine. Sono trapelate indiscrezioni secondo cui il magistrato ha inviato gli atti a Santa Maria Capua Vetere, chiedendo che si proceda contro Ragozzino per i reati di interesse privato, peculato, omissione aggravata di atti d'ufficio. Sarebbe risultato, fra l'altro, che il direttore del manicomio concedeva a ricoverati appartenenti a cosche mafiose o comunque legati a grossi giri di criminalità organizzata, colloqui con estrema facilità. Autorizzava anche banchetti, per alcuni internati e i loro familiari. Usava la macchina del manicomio per andare ad acquistare filmetti pornografici, da proiettare alla presenza di alcuni reclusi. Da tutte queste circostanze, rilevate dalla magistratura napoletana, verrebbe fuori un quadro di privilegi, di intimidazioni, di sfruttamento dei reclusi più poveri e deboli. Che simili dati vengano esaminati dai parlamentari della commissione inquirente, è considerato positivo dagli ex internati e dai loro legali. A partire da questo momento, si spera, la magistratura di Santa Maria Capua Vetere non potrebbe più muoversi con tanta lentezza. E il ministro Bonifacio — il quale in passato non ha risposto né alle interrogazioni parlamentari presentate da rappresentanti del pei, né ai legali che chiedevano la sospensione del dottor Ragozzino dal suo incarico — potrebbe essere finalmente indotto a rompere il suo silenzio e a prendere gualche decisione in merito. Liliana Madeo
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