La favola del ciabattino-bidello scarcerato grazie al suo quartiere di Paolo Lingua

La favola del ciabattino-bidello scarcerato grazie al suo quartiere Genova: ferì col trincetto un giovane che lo scherniva La favola del ciabattino-bidello scarcerato grazie al suo quartiere Ha 46 anni, è zoppo dalla nascita - Gruppi di ragazzi ogni giorno si raccoglievano davanti alla sua bottega e lo deridevano - 1500 persone hanno scritto per lui in procura (Dal nostro corrispondente) Genova, 5 novembre. Millecinquecento abitanti del quartiere di San Teodoro, con alla testa le sezioni del pei, del psi e il parroco, don Bruno Venturelli, sono riuscìti, inviando una patetica lettera alla procura della Repubblica di Genova, a far ottenere la libertà provvisoria a un uomo che una settimana fa aveva ferito gravemente con un colpo di trincetto un ragazzo che l'aveva schernito e picchiato. Il protagonista della penosa vicenda si chiama Tomaso Bonavoglia. Ha 46 anni, lucano, da vent'anni abita a Genova, e fa il bidello presso l'Istituto tecnico statale «Vittorio Emanuele II» di Genova: sposato con due figlie, la più grande di 19 anni, la più piccola di 10, gracile e ammalata d'asma, per arrotondare il bilancio familiare, quando è libero dal lavoro, fa il ciabattino. Bonavoglia è un uomo mite, gentile, silenzioso, con un difetto fisico congenito: la sua gamba sinistra è più corta della destra di 5 centimetri; forse soffre per questa menomazione ma non ne accenna mai. Il fattaccio è avvenuto mercoledì 27 scorso: da tempo Tomaso Bonavoglia era oggetto di scherzi, talvolta pesanti, da parte d'un gruppetto di ragazzi tra * 15 e i 18 anni, che si fermavano in gruppo dinanzi alla botteguccia, al pian terreno di via Digione, dove l'uomo lavorava, e co- minciavano a canzonarlo per via del suo modo di camminare, poi gettavano sassolini contro i vetri della finestra. La scena poteva durare anche un'ora. «Se ne approfittavano — dice un inquilino dello stabile — perché non reagiva mai». Mercoledì, dopo circa un mese di «persecuzione» Tomaso Bonavoglia ha perso la pazienza. I ragazzi ai quali s'era accodato un gruppetto di bambini sui 10 anni, questa volta dopo le solite filastrocche e gli insulti, hanno cominciato a gettare sassi dentro il negozietto. Bonavoglia stava ritagliando un pezzo di cuoio intorno alla tomaia d'una scarpa: è uscito in strada con il trincetto stretto in pugno. Ha apostrofato i ragazzi, i quali hanno raddoppiato i loro scherni; il calzolaio allora ha afferrato il più vicino e l'ha minacciato con il trincetto. A questo punto sarebbe intervenuto (ma il particolare non è stato ancora chiarito e le versioni sono discordi), Carlo Aricò, 17 anni, un giovane cameriere, che solo da pochi giorni viveva nel quartiere e che, a quanto risulta, s'èra unito soltanto da quel giorno alla banda. Tra Aricò e Bonavoglia è sorta una colluttazione e il giovane, che frequenta abitualmente palestre di boxe e di lotta giapponese, ha avuto facilmente ragione dell'uomo. L'ha colpito con una testata in pieno petto, poi gli ha sferrato un calcio al basso ventre. Il calzolaio è caduto a terra e con una mano però è rimasto aggrappato alla camicia dell'avversario che è stato trascinato nella caduta. E' stato un attimo: Tomaso Bonavoglia s'è rialzato, pesto e sporco di sangue: Carlo Aricò è rimasto a terra comprimendosi il ventre, trapassato da un colpo di trincetto. Il calzolaio è stato portato alle carceri di Marassi, con l'accusa di tentato omicidio; Aricò, in gravi condizioni, è stato ricoverato all'ospedale di Sampierdarena. L'arresto di Bonavoglia ha fatto scattare l'ondata di solidarietà del quartiere: le firme sono state raccolte in un batter d'occhio. La lettera è stata compilata a più mani e passata da una casa all'altra, da un ufficio all'altro. Le opinioni sono concordi: «Tomaso — dice una sua anziana coinquilina — è un angelo. Non ha mai fatto male a nessuno». «Era troppo buono — aggiunge un pensionato — doveva farla finita prima». Più contenuto il parroco, don Bruno Venturelli, che pure ha dato l'appoggio determinante per la raccolta delle firme: «Sono due miei parrocchiani — dice — e entrambi hanno sofferto. La richiesta di libertà provvisoria è stata l'azione, realizzata di slancio, da un quartiere che è convinto della involontarietà del gesto d'un uomo da tutti ritenuto buono e onesto». La libertà provvisoria è scattata ieri l'altro sera. Bonavoglia è tornato a casa, accolto dai familiari. Non parla, non fa commenti. Dice solo: «Non volevo uccidere, non volevo far del male». Su di lui incombe la sospensione del lavoro — è dipendente dell'amministrazione provinciale — e quindi ha urgenza di sedersi al deschetto della sua bottega. Ma ha paura della gente. Forse teme qualche rappresaglia. Il quartiere, infatti, non è sicuro: da tempo aumentano i piccoli reati, le quotidiane prepotenze di piccole cosche di ragazzi sbandati e a volte disposti solo alla crudeltà gratuita. Del problema del quartiere s'è parlato questa sera, nella sede dell'Anpi. Gli abitanti della zona, i più attivi, $i sono riuniti per prendere in esame la questione dell'ordine pubblico. Non è escluso che nasca un'organizzazione volontaria sul tipo di quella già istituita per la vigilanza delle fabbriche, per controllare sulla sicurezza delle strade e per bloccare il teppismo. «Ara non tutti i ragazzi sono teppisti — insiste don Venturelli — molti sono soltanto sfortunati». E' il caso di Carlo Aricò, che il parroco va a trovare tutti i giorni. Aricò è venuto a vivere nel quartiere di San Teodoro da pochi giorni, presso la nonna, perché non andava d'accordo con la madre, una donna duramente provata dalla vita, che ha già conosciuto più volte il carcere. Aricò s'è confidato nei giorni scorsi con il sacerdote: «Vorrei studiare — ha detto — andare alle scuole serali». Il suo sogno è diventare cuoco, uno chef da grande albergo. «Non ho denaro purtroppo, e con tutta la pubblicità sul mio caso, perderò il posto». — — Paolo Lingua

Luoghi citati: Genova, San Teodoro