Carter non teme l'inflazione e punta tutto sulla ripresa di Mario Deaglio

Carter non teme l'inflazione e punta tutto sulla ripresa Il programma economico del nuovo Presidente Carter non teme l'inflazione e punta tutto sulla ripresa La situazione dell'economia americana non potrebbe essere migliore per il nuovo Presidente. Gerald Ford consegna a Jimmy Carter un'economia con pochissime spinte inflazionistiche, e con un ampio potenziale di crescita. Carter, che ha il dichiarato proposito di favorire l'espansione, potrà così « spingere » l'economia senza rischiare di essere subito bloccato da forti tensioni sui prezzi. I repubblicani avevano calcolato che gli elettori più di ogni altra cosa temessero l'inflazione, e pertanto avevano giudicato troppo pericoloso rilanciare rapidamente l'economia. L'inflazione, infatti, oltre a riportare alla mente dei più anziani il ricordo traumatico del 1929, era stata l'elemento costante che aveva caratterizzato gli anni di insicurezza dell'amministrazione Nixon. Da strisciante ai tempi della guerra nel Vietnam era diventata galoppante proprio durante la crisi del Warergate; era diventata il simbolo di tutto ciò che non va in America. Lottando contro l'inflazione, dunque, Ford — che si basava su consiglieri economici con simpatie monetariste — voleva dare la prova tangibile che un periodo burrascoso nella storia e nella vita americana era stato definitivamente superato, che si era ritornati alla serietà amministrativa. In nome della lotta all'inflazione, il dinamico e duro segretario al Tesoro, William Simon, ha negato a lungo i finanziamenti alla città di New York, portandola sull'orlo del fallimento, ed ha razionato il credito a centinaia di altri grandi enti locali. A causa di questa economia frenata milioni di giovani non sono riusciti a trovare un posto. In questo modo i repubblicani hanno ripetuto il medesimo errore compiuto sedici anni fa, al tempo della prima candidatura di Richard Nixon. L'allora vicepresidente fu battuto di strettissima misura da John Kennedy e molti osservatori concordarono nell'attribuire la sconfitta di Nixon all'eccessiva stretta monetaria attuata dall'amministrazione repubblicana. Questa volta, Ford è stato condannato dal voto delle città cui aveva negato il credito, e che gli hanno fatto perdere la maggioranza in alcuni Stati-chiave, e dai giovani disoccupati che si sono presentati a votare contro di lui in numero molto superiore alle previsioni. Come sfrutterà il nuovo Presidente questa favorevole situazione di partenza? Sulla politica economica che intende seguire, Carter è stato di una discrezione che in qualche caso ha sfiorato addirittura la reticenza. E' però chiaramente percepibile un mutamento, anche se sottile, nella « filosofia » economica dei democratici. L'« intelligentsia » economica dei democratici, che ha i suoi centri principali al Massachusetts Institute of Technology e all'Università di Harvard, non è stata certo messa da parte ma ha dovuto fare posto anche ad altri consiglieri. Il principale economista carteriano è oggi Lawrence Klein, uno dei padri dell'econometria. Si è fatto, però, largo spazio ai giovani, come Jerry jasinowski, capo del « team » che ha ricavato tecnicamente le cifre che sono servite di base a Carter per le sue campagne, e Stuart Eizenstat, che ha provveduto ad intessere intorno ad esse un discorso politico. Jasinowski ama definirsi « keynesiano eclettico », ed il suo eclettismo significa soprattutto flessibilità di pensiero e pragmatismo. Si sta passando da una politica che si limitava prevalentemente a manovrare i grandi aggregati, come fu negli « anni d'oro » di Kennedy, quando si ebbe sviluppo elevato in assenza di inflazione, ad una politica che, senza rinunciare a tale manovra, si pone anche obiettivi specifici di intervento governativo. Non ci si limita più a parlare di tassi di interesse e deficit pubblico, di sviluppo e di disoccupazione; si progettano anche azioni pubbliche specifiche e dettagliate, interventi diretti e indiretti in questo e in quel settore. Per questo il programma di Carter, che sembra stia preparando alcuni grandi « progetti » di azione, è stato avvicinalo, fatte le debile proporzioni, a quello di Roosevelt. Un esempio di questo pragmatismo, che non rinnega Keynes ma cerca di integrarlo, è dato dai progetti di Carter per il settore delle costruzioni. I democratici hanno promesso che rilanceranno l'edilizia, da anni in crisi, stimolando la domanda di abitazione mediante prestiti agevolati, a carico del bilancio federale. Semplificando molto i termini del problema, si tratta di una sorta di «risparmio casa» all'americana, che dovrebbe contribuire al rilancio dell'economia e contemporaneamente a disinnescare una situazione esplosiva quale la scarsità di abitazioni, specie in alcuni centri urbani e per certe fasce di reddito. Un secondo programma specifico riguarda la disoccupazione giovanile. Il progetto sembra avere qualche somiglianza superficiale con quello che si sta decidendo in Italia (anche se la dimensione dell'intervento pubblico sarà immensamente superiore, dal momento che, secondo le cifre della campagna elettorale, Carter intenderebbe impiegare l'equivalente di 2500 miliardi di lire l'anno). Si daranno, cioè, facilitazioni ed incentivi alle imprese che assumeranno lavoratori giovani. 1 programmi di Carter richiederanno senza dubbio un aumento considerevole della spesa pubblica. Ci saranno, dunque, a parità di altre condizioni, più denari in circolazione e maggiori pressioni inflazionistiche. Queste pressioni, però, non preoccupano eccessivamente i democratici, ora che l'inflazione è a livelli di quasi normalità, attorno al 5-6 per cento; si può ben sopportare un qualche aumento ulteriore nel livello dei prezzi se così si creano centinaia di migliaia di posti di lavoro e si costruiscono centinaia di migliaia di nuove case. Non solo: nella «filosofia» dei democratici, la ripresa così messa in moto finirà per correggere da sola gli squilibri monetari. Il maggior reddito prodotto, infatti, si tradurrà in maggiori imposte, e così si spiega l'affermazione di Carter, secondo la quale entro il 1980 si potrà riportare in pareggio il bilancio federale. Nei primi mesi della sua presidenza, Carter sarà condizionato dall'ultimo bilancio di Ford, che ha già stabilito gli impegni di spesa pubblica fino all'autunno del 1977. Il rilancio dell'economia assumerà dunque in questo periodo la forma di una maggior larghezza nel credito; le elezioni, ponendo fine ad una fase di incertezza, dovrebbero anche costituire una non indifferente «scossa» psicologica nel senso di una ripresa. A beneficiarne saranno tutte le economie occidentali, in quanto l'espansione americana si traduce regolarmente in un aumento delle esportazioni dei paesi europei, e quindi in un miglioramento delle loro bilance dei pagamenti. Per un paese come l'Italia, i cui conti con l'estero sono disperatamente «in rosso», si tratta di un fattore positivo non certo indifferente. Mario Deaglio

Luoghi citati: America, Italia, Massachusetts, New York, Vietnam