Ritorna il "caso Serantini,, storia d'un tiglio di nessuno di Filiberto Dani

Ritorna il "caso Serantini,, storia d'un tiglio di nessuno Morì in carcere circa quattro anni or sono Ritorna il "caso Serantini,, storia d'un tiglio di nessuno Fu manganellato dalla polizia, durante una manifestazione - I responsabili sconosciuti: per due imputati (di falsa testimonianza) il p.m. ha chiesto l'assoluzione (Dal nostro inviato speciale) Pisa, 1 novembre. Tribunale penale di Pisa, sono le quattro e mezzo di un pomeriggio d'autunno, si discute un processo d'appello. L'aula è semideserta. Non c'è pubblico, mancano persino gli abituali frequentatori dei corridoi giudiziari, il tono dell'udienza è estremamente dimesso. A prima vista lo si direbbe un processo da ladri di polli, invece riguarda un caso che a suo tempo fece molto Franco Serantini C'è qualcuno che si ricorda ancora dell'anarchico di 20 anni morto nelle carceri di Pisa dopo essere stato ridotto in fin di vita da una carica di polizia? Il 9 maggio 1972, quando si svolsero i suoi funerali, i cronisti contarono più di tremila persone; c'erano anche il sindaco con la giunta al completo, parlamentari, decine di corone di fiori, centinaia di vessilli rossi. Nacquero comitati di solidarietà che raccolsero firme per una denuncia di omicidio volontario. Uno scrittore raccontò in un libro la storia esemplare di questo ragazzo sardo, figlio di ignoti, passato senza colpa dal brefotrofio al riformatorio. Da allora sono passati poco più di quattro anni, ma è come se ne fossero passati 40. Il dramma del giovane anarchico è ormai passato nell'archi| vio della memoria; la sua ultima appendice giudiziaria si sta consumando in un clima di disinteresse. Franco Serantini era e resta un figlio di nessuno. Il fatto. Serantini muore nel carcere pisano il 7 maggio 1972. Due giorni prima, du rante i disordini scoppiati nel centro cittadino a causa di un comizio missino, era stato circondato da una mezza dozzina di poliziotti («Era fermo, non usava violenza, non opponeva resistenza», scriverà il giudice istruttore) e picchiato a colpi di sfollagente. L'istruttoria. L'autopsia accerta che Serantini è morto in conseguenza di due fratture alla base cranica. Si apre un procedimento penale per omicidio preterintenzionale nei confronti di non identificati agenti di polizìa e di omicidio colposo contro il medico del carcere dove il giovane era stato trasferito dopo l'arresto. Succede che l'indagine del giudice istruttore si chiuda con un duplice proscioglimento: quanto oll'omicidio preterintenzionale per essere rimasti ignoti gli autori del delitto; quanto all'omicidio colposo, per non essere stata provata l'esistenza di un nesso di causalità fra le pur accertate negligenze del medico carcerario e l'evento mortale. Restano in piedi due imputazioni per false testimonianze. Il primo processo. E' di un anno fa. Si svolge davanti al pretore di Pisa, gli imputati sono due uomini della polizia, il capitano Amerigo Albini, 32 anni, da San Vitaliano (Napoli) e l'agente Mario Colantoni, 30 anni, da Villetta Barrea (L'Aquila), il primo comandante di un reparto celere, il secondo suo autista. «Deponendo come testi davanti al scalpore, uHSò"àl i' n o r giudice istruttore — si legge | nel capo d'imputazione — af- ' fermavano il falso e tacevano ciò che era a loro conoscenza, al punto di negare, tra l'altro, dì avere notato il commissario Giuseppe Pironomonte e Franco Serantini a bordo della loro jeep». Al capitano viene attribuita anche un'altra menzogna, quella di avere negato che un certo numero di agenti dell'autocolonna da lui comandata «fossero scesi a terra nell'occasione in cui i *"ffe0 Serantini venne arre'stato e, già prima, verosimilmente colpito». Al dibattimento, i due imputati non spostano di una virgola le loro versioni. Le smentite arrivano dal testimone numero uno, Giuseppe Pironomonte, il commissario di polizia che, per «un caso di coscienza» dette le dimissioni dopo la morte dell'anarchico. «Salii sulla jeep del capitano — racconta — quando l'autocolonna andò a rimuovere una barricata. Cinquanta metri dopo oi fermammo, scesi e fu allora che vidi Franco Serantini: attorno a lui c'erano cinque, sei o sette poliziotti: stava prendendo delle manganellate. Lo afferrai per un braccio, lo portai sulla jeep, che tornò poi con l'autocolonna in piazza Garibaldi, da dove era partita. Qui consegnai il fermato ad altri agenti». Il pretore infligge a ciascuno dei due imputati sei mesi e 10 giorni di carcere e concede la sospensione condizionale della pena. Il processo d'appello. Interrogato, il capitano Amerigo Albini rettifica le sue precedenti dichiarazioni: «In realtà — dice — non posso né negare né affermare che Franco Serantini salì sulla mia jeep. In quel momento c'era tanta confusione». Il p.m. Carlo Maria Scipio conclude: «E' una vicenda amara, che lascia la bocca amara. Ritengo tuttavia che i due imputati non abbiano alcun interesse dì mentire. Chiedo la loro assoluzione perché il fatto non sussiste». La scialba udienza dura meno di un'ora. Manca un avvocato della difesa e il processo viene aggiornato al 19 gennaio. Filiberto Dani | ' Pisa. Franco Serantini

Luoghi citati: L'aquila, Napoli, Pisa, San Vitaliano, Villetta Barrea