Forse una nuova fase nella vita del partito di Giuseppe Galasso

Forse una nuova fase nella vita del partito DIBATTITO SUL PCI: FRATTURA 0 CRISI DI CRESCITA? Forse una nuova fase nella vita del partito Non è dato prevedere se il dibattito emerso con tanta chiarezza nell'ultimo Comitato Centrale del pei avrà modo di proseguire nel prossimo o meno prossimo futuro. Il problema è comunque di vedere se esso è destinato a restare un episodio sporadico (anche se si dovesse ripetere in qualche altra circostanza) o se è destinato ad iniziare una fase nuova nella storia del dibattito interno al partito. Si è letto da più parti, dopo la conclusione dei lavori del Comitato, che Berlinguer aveva richiamato sia Longo sia Amendola alla più stretta osservanza della disciplina di partito. In effetti, di un simile richiamo, in una forma così aperta, a personalità tanto eminenti non si è visto molto nelle parole del segretario del partito che si sono potute leggere perché sono state pubblicate. E' vero, invece, che la linea di principio costantemente tenuta al riguardo dal pei afferma che il dibattito si svolge in esso con un confronto fra le varie tesi, a conclusione del quale la tesi prevalente diviene la tesi di tutto il partito e tutti debbono adottarla e farsi carico di sostenerla in pubblico nei modi e nelle forme decisi dal partito stesso. Questo principio del libero confronto fra tesi diverse, da concludersi con uno schieramento assolutamente unitario, mirerebbe a conciliare tra loro, se lo si vuol dire in termini banali, le esigenze della libertà e quelle della disciplina, e in esso consisterebbe, in ultima analisi, il cosiddetto centralismo democratico. In termini meno banali, esso dovrebbe garantire, anche nello scontro fra linee diverse, la salvaguardia del carattere originario del partito come strumento di lotta, che si riporta alla concezione leninista del partito come organizzazione militare. In pratica, è accaduto poi che le tesi dibattute nel partito sono state per lo più parole d'ordine volta per volta venute dall'alto, ossia dal gruppo dirigente ai vari livelli, e che l'uniformità della condotta esterna si è trasformata nella prassi in una disciplina amministrata anch'essa nello stesso modo. Si è potuto perciò parlare, dall'interno non meno che dall'esterno del partito, di una burocratizzazione piuttosto opprimente sia nella formazione del consenso intorno alle tesi che di volta in volta si sono adottate, sia nel modo di presentare e di svolgere queste tesi, anche quando esse erano di rilevante significato politico. In ogni caso, la prassi così determinatasi ha consolidato il principio che nel partito, concepito come unità politica e ideologica assai stretta, non debbano ammettersi correnti o articolazioni di gruppi in qualche modo stabili. Il confronto volta per volta esercitato fra i vari punti di vista dovrebbe dar luogo a schieramenti anch'essi di volta in volta mutevoli, sicché non vi sarebbe il pericolo di cristallizzazioni contrapposte fra le posizioni di singoli uomini o di singoli gruppi. Ma questo è piuttosto teorico che pratico. Quando i contrasti nascono da punti di vista organici e complessivi, essi si riproducono in ogni grande o piccola occasione e le cristallizzazioni, se non nascessero da contrapposizioni di interessi personali o di gruppo, nascerebbero egualmente dalla logica del dibattito politico, se esso fosse realmente e totalmente aperto. Si capisce perciò che solo una prassi come quella finora adottata in tutti i partiti comunisti abbia potuto evitare una tale ovvia conseguenza. Essa ha reso anche possibile che i gruppi prevalenti si facessero merito di avere assicurato, con la loro stessa prevalenza, l'unità del movimento, laddove è evidente che la qualità dei gruppi dirigenti si è potuta misurare non tanto da ciò quanto dalla capacità loro di interpretare e di qualificare politicamente spinte oggettive della realtà o di grandi masse, di imporre azioni e linee eventualmente contrastanti con tali spinte e di mobilitare realmente, in un'azione consapevole e convintamente accettata, nuclei consistenti di attivisti e di quadri politici e masse imponenti sulle linee di volta in volta prescelte: qualità che, si deve riconoscere, in linea di massima, ai gruppi dirigenti del pei non è mancata e che concorre a spiegarne (come elemento storico « soggettivo », avrebbe detto Gramsci) le recenti e meno recenti fortune. E' in relazione a questo complesso insieme di problemi che anche l'episodio dell'ultimo Comitato Centrale del partito va giudicato. E' chiaro che, se esso dovesse realmente segnare l'avvio di una fase diversa, nuova nel modo di tenere e di manifestare il dibattito interno; se da esso dovesse scaturire la dimostrazione che è possibile un confronto di linee e di posizioni che non dia luogo a fisiologiche, ma anche tendenzialmente rigide, contrapposizioni di gruppi, allora il contraccolpo in tutto il gioco politico italiano sarebbe assai forte. A fronte della eventuale dissidenza di frange integralistiche e totalitarie il partito guadagnerebbe il prestigio e la forza di una scelta che, fra l'altro, ne garantirebbe ulteriormente l'autonomia internazionale. E, inoltre, proprio sul piano internazionale la sua possibilità di costituire un punto di riferimento significativo (al di là del fatto stesso di costituire, o meno, un centro di aggregazioni diverse da quelle attuali) crescerebbe in maniera sensibilissima. Già così come stanno oggi le cose, il pei è indubbiamente il più vivo dei partiti conr misti europei, almeno sul piano del dibattito filosoficopolitico. Gli scontri che da questo punto di vista non sono mancati, ad esempio, nel comunismo francese hanno avuto rilievo e, soprattutto, riplrcussioni minori. Ciò è stato certamente dovuto in parte al fatto che alle origini dell'attuale dirigenza del pei è stato un gruppo di indubbie qualità intellettuali, e che per acquistare il controllo del partito si è dovuto misurare con altri gruppi, anch'essi intellettualmente non sprovveduti. Ma in altra parte (e senza esclusione di altre ragioni) è certamente dovuto al fatto che il pei ha dovuto vivere in costante dialettica con forze liberal-democratiche, radicali, socialiste assai più agguerrite, sul piano della consapevolezza e anche delle ambizioni ideologiche, di quanto non sia accaduto in altri Paesi europei; ha dovuto fare i conti con una dimensione libertaria, che è motivo di forza e di debolezza insieme, ma che comunque caratterizza da sempre la società italiana nel settore della sinistra democratica. Specialmente nell'area dell'Europa latina il cemunismo italiano gioca anche per queste ragioni un ruolo d'importanza singolare; e anche su questo piano si può forse dire che il comunismo spagnolo è quello più vicino ad esso. Ma proprio per questo è da aspettarsi che da Mosca, se l'episodio dell'ultimo Comitato Centrale non dovesse restare sporadico, gli verranno ancora rabbuffi come quello relativo alla dittatura del proletariato. Le circostanze vogliono che il pei funga, da alcuni anni a questa parte, co ne una possibilità alternativa di sviluppo sia rispetto a Mosca che alla sinistra occidentale; e ciò significa che il rapporto con Mosca, essenziale per il comunismo europeo tradizionalistico, non potrà restare a lungo sull'incerto asse attuale: dovrà tornare alla vecchia posizione o portare ad una posizione del tutto nuova. Ma ciò significa anche che le vicende interne del pei sono, oggi come oggi, un punto nevralgico e decisivo di tutta la vita democratica italiana, cosi come di tutto il movimento comunista europeo. Giuseppe Galasso

Persone citate: Amendola, Berlinguer, Gramsci, Longo

Luoghi citati: Europa, Mosca