Cianuro e vecchi ruscelli di Bruno Ghibaudi

Cianuro e vecchi ruscelli DOPO LE NUBI DI SEVESO E MANFREDONIA, IL VELENO DI ROMA Cianuro e vecchi ruscelli Arrestato l'uomo che ha scaricato il pericoloso tossico nell'acqua - E' l'ultimo episodio di una serie inquietante Roma, 24 ottobre. Quaranta pecore fulminate ieri pomeriggio dal cianuro di potassio subito dopo avere bevuto i primi sorsi d'acqua in un ruscello alla periferia di Roma sono l'ultimo allarme — ma solo in ordine di tempo — della drammatica situazione dell'avvelenamento nel nostro paese. La morte delle pecore, dovuta a una dose enorme di veleno, è stata tanto rapida da consentire al pastore abruzzese che ne era il custode di bloccare in tempo gli altri 250 animali del gregge. Il cianuro era stato scaricato in acqua poche ore prima da un laboratorio galvanico costruito abusivamente nella popolosa contrada Dell'Olmo, sulla Prenestina. Umberto Coltellacci, il proprietario, ha raccontato al magistrato che venti litri di soluzione della micidiale sostanza gli erano caduti in acqua per fatalità. Naturalmente si era guardato bene dal segnalare il perìcolo all'autorità sanitaria affinché intervenisse immediatamente, forse per paura che la sua situazione irregolare venisse scoperta. E naturalmente la copertura dei suoi privilegi deve essergli sembrata assai più importante dell'eventualità che ammali 0 bambini venissero a contatto con il veleno. Venti litri di soluzione di sali di cianuro (pari a circa mezzo chilo di cianuro puro), posto che la quantità dispersa sia soltanto questa, basterebbero a sterminare almeno 5 mila persone. Il Coltellacci è stato immediatamente arrestato Patti come questo non fanno che riconfermarci drammaticamente che l'Italia è ormai diventata una palude di veleni in ebollizione. Seveso e Manfredonia sono stati forse 1 casi più clamorosi ma non certo gli unici, e sono certamente serviti ad attirare l'attenzione dell'opinione pubblica sui rischi che con beneficio di pochi attentano alla salute di tutti. Pochi giorni fa si è infatti scoperto che alla Fatme di Roma un centinaio di dipendenti avevano rivelato gravi sintomi di intossicazio¬ ne e relativi disturbi (dermatiti, mal di testa, dolori addominali, coliche renali, infiammazioni all'apparato genitale) a causa degli insetticidi usati per la disinfestazione oppure di certe colle di nuovo genere. A Monza 25 operai della Singer sono stati intossicati da una misteriosa nube tossica sviluppatasi nello stabilimento. A Bussi (Pescara) alcuni operai sono stati intossicati da vapori di acido cloridrico fuoruscito da un serbatoio: l'acido, alcune tonnellate, è andato a finire in un fiume. Le cronache delle settimane precedenti ci confermano che in ogni regione italiana i focolai d'avvelenamento chimico sono moltissimi ma che i pe¬ ricoli per la salute provengono anche da altre condizioni ambientali, come le radiazioni ionizzanti, che sarebbero responsabili delle leucemie e di altre gravi malattie neoplastiche del sangue. «Nel nostro Paese — ha ammesso il ministro del Lavoro Tina Anselmi — esistono situazioni esplosive e forse più pericolose di una bomba atomica». Fra i timori della gente un interrogativo emerge con sempre maggior insistenza: tutti questi pericoli c'erano anche prima oppure rappresentano una contropartita negativa, ma ineliminabile del progresso più recente? Le grandi chiazze di schiuma velenosa ed ecocida galleggiava¬ no sui canali e corsi d'acqua del Piemonte e della Lombardia già vent'anni fa. Ma quando riceveva queste sostanze deleterie la natura era ancora in grado di neutralizzarne la pericolosità, o quantomeno di attenuarla, attraverso i suoi meccanismi automatici di protezione. Ma oggi, dopo im ventennio di inquinamento parossistico e indiscriminato, questi meccanismi sono diventati parzialmente inefficaci o addirittura sono andati distrutti. Certi insetti e certi organismi inferiori che riuscivano a rompere i legami chimici di alcune molecole e a renderle inoffensive sono stati praticamente eliminati dall'abuso di pesticidi e dallo sconvolgi¬ mento delle catene ecologiche. La proliferazione delle sorgenti di rischio dimostra però non soltanto che le norme per le concessioni industriali sono incapaci di prevedere i pericoli effettivi per i lavoratori e per le popolazioni vicine, e antepongono la produzione alla salvaguardia della vita, ma conferma pure che le strutture di controllo sono insufficienti e forse anche inefficienti. Anche se non lo fossero, nel senso che riescono a far rispettare le norme stabilite dalle leggi in vigore, è ormai chiaro che queste leggi sono inadeguate e devono essere modificate. Bruno Ghibaudi

Persone citate: Bussi, Singer, Tina Anselmi, Umberto Coltellacci