L'autore che preferisco sono io

L'autore che preferisco sono io INTERVISTA A LIALA, REGINA DEL FEUILLETON L'autore che preferisco sono io La scrittrice è sulla cresta dell'onda da quasi mezzo secolo - Il sesso? personaggi in camera da letto e poi chiudo la porta" - "Insegno buona "Accompagno i miei educazione e pulizia" Settantaquattro romanzi, due raccolte di novelle e tre di racconti, parecchi milioni di libri venduti. Con un solo romanzo « Signorsì » ha superato il milione di copie. L'ultimo, « Good-bye sirena », pubblicato nel 1975, ha già superato le duecentomila. Regina del feuilleton da quasi mezzo secolo Liala ha scritto solo storie d'amore. Amori travolgenti, quasi sempre infelici ma che alla fine, nella felicità riconquistata o nella rassegnazione, si placano in un lieto fine casalingo e rassicurante. Liala è un successo sicuro, un singolare Simenon nostrano che, ignorato dalle classifiche delle vendite librarie e dalla critica che non ha mai preso in considerazione un suo libro, non conosce le mode e il mutamento dei costumi. E' un prodotto che non invecchia e travolge intere generazioni di lettrici che da trent'anni si commuovono sui suoi romanzi, anche se da molti è considerata l'esempio vivente della cattiva letteratura. Alla consegna di ogni manoscritto l'editore le anticipa somme che i nostri più rispettabili letterati non oserebbero sperare neppure dal cinema. Non si può essere scrittrice di successo così a lungo senza una ragione. Quale? L'abbiamo chiesto a Liala. La scrittrice, una settantina d'anni, il cui vero nome è Lyana Cambiasi Negretti, vive sui colli di Varese in una bella villa arredata con gusto: mobili semplici, ritratti di antenati illustri come papi, musicisti, militari. Nel suo studio, sopra la libreria che contiene i suoi romanzi c'è il modellino in legno di un idrovolante, « l'aereo con cui cadde il mio pilota ». Alle pareti un telegramma di Mondadori e le foto di Lucio d'Ambra, Angelo Rizzoli e Gabriele d'Annunzio. Il telegramma di Mondadori è del 1931 e annuncia che « dopo soli venti giorni il romanzo Signorsì è esaurito ». Lucio d'Ambra è ritratto in divisa di accademico d'Italia con feluca sotto il braccio: la dedica è scolorita. Angelo Rizzoli scrive: « A Liala la grande scrittrice ». D'Annunzio, in divisa di aviatore appoggiato all'elica del solito aereo, dedica: «A Liala compagna d'ali e di insolenze ». « E' stato il comandante — dice la signora — che ha inventato il mio pseudonimo. Mi ha detto: "Un'ala sta bene nel nome di una scrittrice di aviazione". Ho sempre scritto di aerei dopo che l'uomo che amavo, un aviatore, cadde durante le prove della coppa Schneider. Un mondo meraviglioso Quello dei piloti e degli aerei che non ho mai abbandonato. Andavo spesso a trovare d'Annunzio a Gardone, insieme a Mondadori. Una cara persona, un amico indimenticabile. Gli italiani lo hanno giudicato male. E' un peccato, dovrebbero riscoprirlo. E' uno dei pochi autori che ho amato. Oggi leggo solamente Liala. Il mio autore preferito sono io ». Non scrive più come una volta, quando riusciva a mandare avanti sette storie contemporaneamente, ma consegnerà presto un nuovo romanzo alla Sonzogno. « Mi sollecitano; le mie lettrici vogliono sempre cose nuove ». Le sue lettrici. Chi sono, in che fascia culturale si possono collocare? « Il mio pubblico — risponde — è vastissimo, non è possibile definirlo. Le mie lettrici sono donne di casa, operaie, domestiche. Ma anche borghesi, insegnanti, donne colte che forse nascondono i miei libri sotto il cuscino ». I romanzi di Liala non contengono situazioni torbide e morbose: Liala preferisce fra i colori il bianco, ama le storie pulite. Ma anche i suoi personaggi fanno all'amore, escono «sfiniti e pallidi» da lunghe notti di passione. «Naturale — dice — il sesso non è una scoperta degli Anni Settanta. Il protagonista del mio primo romanzo era un grande amatore. E così tanti altri miei personaggi, ma io sono molto discreta. Li accompagno sulla soglia della camera da letto e poi chiudo la porta. Non sta bene guardare. Cosa avviene al di là lo sappiamo tutti ». A Liala non interessa cosa succede nel mondo. Ne riceve un'eco sfumata e improbabile, filtrata da un ottimismo che riduce i contrasti. Come si possono inventare tante storie vivendo fuori dal mondo? «Ma io vivo nel mondo — afferma —. La gente che abita intorno a me, in queste ville, professionisti e industriali tutta gente per bene con la quale ho ottimi rapporti, è gente vera e amica. I loro figli sono giovani educati che lasciano ancora il passo alle signore...». Signora, forse fra questi giovani per bene ci sono quelli che prendono la droga. Si ribella: «Mio Dio, ci possono essere anche quelli, ma sono eccezioni. Le persone che frequento sono buone e oneste e diventano i personaggi dei miei lavori. Questo è uno dei motivi del successo dei miei romanzi, le lettrici sentono che i miei personaggi sono reali». Reali quei protagonisti, tutti belli, ricchi, forti e amati? «Questa è la realtà che vivo — risponde —. Le mie lettrici vogliono sognare e chiedono queste cose ». Certo è spiegabile che, per la gioia di chi vive in due stanze e cucina, il protagonista debba apparire, all'amata, sul patio «fra candidi narcisi» e non in portineria. Liala non ha dubbi sull'esistenza delle splendide ragazze che descrive, di uomini belli e ricchi che lasciano dietro di sé scie profumate e passioni struggenti: Alice vive veramente nel paese delle meraviglie e Cenerentola fugge ancora, al tocco, su un motore «rombante». I motori e le eliche sono una costante nei romanzi di Liala; nell'ultimo si affaccia una «motocicletta che fa paura, cavalcata da un gigante biondo». Se una ragazza «sbaglia» c'è quasi sempre un matrimonio riparatore. Ma non si può vivere solo di romanzi d'evasione. La letteratura non dovrebbe avere una funzione educativa? Per carità, Liala è d'accordo, ma dice: «I miei libri sono educativi. Insegno la buona educazione e la pulizia. I miei personaggi usano tonnellate di sapone e di sali da bagno. Ho insegnato alle donne italiane a lavarsi». Si è parlato di «oppio per casalinghe frustrate» e di «cattiva letteratura d'evasione, scoria di una società ignorante e arretrata». Se le domandate come la critica la consideri, dice francamente: «Mi hanno sempre trattata male. Mi citano come cattivo esempio». Si ritiene l'interprete della buona società: «Io sono realista». La buona fede di Liala, cocciutamente fedele a un mondo inventato, nasconde forse le ragioni del suo successo. Per lei Lucio d'Ambra era una «bella mente», D'Annunzio «l'unico scrittore da leggere». Non sospetta neppure che i suoi aviatori, «centauri meravigliosi di una nuovissima era di velocità» siano, come è stato detto, «fascisti per vocazione oltre che per opportunismo». Bada soprattutto al giudizio delle due figlie, alle quali fa leggere tutto quello che scrive. Devota al suo mondo ha scelto per loro due nomi che non si prestano a equivoci: Primavera e Serenella. Piero Femore Liala: 74 romanzi

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