Come la rivoluzione ha cambiato Lisbona

Come la rivoluzione ha cambiato Lisbona La capitale del Portogallo è diventata una delle città più "disinibite Come la rivoluzione ha cambiato Lisbona Lisbona, 10 ottobre. Città fra le più visivamente « represse » j al tempo della dittatura, Lisbona è oggi fra le più vistosamente disinibite delle capitali europee. Basta dare un'occhiata intorno. Allora, anni fa, la proiezione del felliniano La dolce vita, pur con i tagli imposti dalla censura salazarista, era stato un avvenimento, e la produzione italiana accendeva le fantasie come un frutto proibito. Oggi invece tutti i film più discussi, con grovigli sessuali (da noi proibiti), sono ostentati e reclamizzati da pannelli giganti. Al « parco Mayer », un curioso dedalo di ristorantini, cabaret, sale di proiezione costruito agli inizi del secolo come una piccola Parigi, da molto settimane si celebra l'esibizionismo erotico dell'americano Gola profonda; tre cinema presentano contemporaneamente il gelido rituale sado-masochista del francese Histoire d'O, mentre i biglietti per Salò di Pasolini devono essere prenotati con anticipo. Dalla Spagna, mi dicono, si organizzano gite speciali per venire a vedere i film proibiti. Il governo ha voluto imporre un freno di tipo economico, proponendo di raddoppiare, sull'esempio francese, il biglietto per i film ritenuti pornografici. Ma l'apposita commissione istituita per classificarli, si èrifiutata, e ha dichiarato di non voler introdurre « una specie di censura economica » a favore dello « Stato prosseneta ». Il Rossio, la piazza che è centro di Li¬ sbona sin dal Medioevo, dove la gente passeggiava stancamente al tempo di Salazar e Caetano, è diventata una delle « babeli » contemporanee. Quest'anno sono mancati i « turisti della rivoluzione » accorsi da ogni parte d'Europa la scorsa estate, ma non certo l'animazione. La fontana di fronte al teatro (dove sorgeva il tribunale dell'Inquisizione) è il punto di ritrovo dei giovani « retornados », i rifugiati dalle ex colonie, con una perfetta comunanza fra bianchi e africani. I giornali scrivono che certi retornados hanno portato nelle loro valigie i semi della « canapa indiana » e ogni tanto si scoprono campetti e laboratori artigianali per produrre marijuana. Al lato opposto del Rossio, l'altra fontana, rimane il territorio d'incontro dei maoisti. In mezzo, sotto la colonna eretta in onore di Pedro IV, che scelse il Brasile contro il Portogallo, gli ideogrammi coreani della tenda della setta di Moon (una setta religioso-politica accusata in Francia di « plagiare » e sottrarre i ragazzi alle famiglie) e poco più in là i «bambini di Dio», i « f reaks » che parlano portoghese con accento yankee. I marciapiedi del Rossio sono una ininterrotta esposizione di materiali politici che si succedono con impeccabile pluralismo: ai manifesti rivoluzionari, ai distintivi con le stelle e le falci e martello, seguono i banchi delle riviste di estrema destra, ricomparse da qualche mese. Il quotidiano dei comunisti portoghesi, rigorosa¬ mente ortodossi, ironizzando sul manifesto dei socialisti « l'Europa sta con noi », si chiede se il pluralismo consista nella triade di pornografia, droga e sette religiose. « In due anni c'è stata da noi una vera rivoluzione culturale, che ha inciso sul mutamento di mentalità e costumi al pari di un'intera epoca storica ». Sono concordi a dare questo giudizio due femministe socialiste (ma in polemica con il partito): Maria Antonia Palla e Antonia Sousa. Mi fanno notare come prima del 25 aprile 1974 le donne che scrivessero sui giornali si potevano contare sulle dita di una mano, mentre attualmente non c'è redazione senza presenza femminile. Prima, l'uomo aveva il diritto, sancito dalla legge, di aprire la corrispondenza di mogli e figlie, e di chiedere al datore di lavoro, a suo beneplacito, di licenziarle. Queste leggi inique sono state spazzate via dai princìpi costituzionali e dalla riforma dei codici, che si sta facendo. Alcune riviste femminili si sono trasformate in riviste femministe, anche se di un femminismo più attento ai problemi sociali che alla « guerra dei sessi ». « Moda e ricami » ha cambiato il titolo in « Donna » e sta promuovendo una sottoscrizione per quello che è, anche in Portogallo, uno dei cavalli di battaglia del femminismo: la legalizzazione dell'aborto. Davanti al ministero dell'Istruzione una folla di giovani attende il suo turno per consultare delle liste e rivolgere domande ai funzionari dell'informazione. E' il momento di iscriversi a una delle iniziative più originali nate dalla rivoluzione portoghese e i che il governo socialista vuole mantenere, passando dalla improvvisazione a una più precisa definizione: il servizio civico obbligatorio. Chi vuole entrare all'università, deve prima impegnarsi in un lavoro di pubblica utilità in un ospedale, in una scuola per analfabeti, in una comunità di quartiere o di villaggio: « Anno vestibolare » lo chiamano in Portogallo. E' il tentativo per risolvere quel rapporto fra studenti e società di cui tanto si parla, anche qui da noi. Tentativo riuscito? Il fatto dell'obbligo (ch2 forse sarà abolito in futuro) introduce deformazioni, e molti sono riusciti a « imboscarsi » o a ridurlo al minimo. Tuttavia, quest'anno, le richieste dalle comunità periferiche sono aumentate. In campagna, ho trovato uno spirito diverso dalle battute smaliziate raccolte in una delle code davanti al ministero dell'Istruzione. Ho incontrato un gruppo di giovani che erano addirittura ritornati in una cooperativa agricola, terminato il periodo d'obbligo, per un supplemento volontario. L'esperimento era riuscito: i giovani, che appartenevano a tendenze rivoluzionarie, avevano perso molto della loro arroganza e astrattezza ed erano accettati dai contadini, al di là di una mitica e impossibile identificazione. L'anno scorso una massa di 15.000 giovani ha partecipato al servizio civico, quest'anno salirà a 17.000. Valerio Ochetto

Persone citate: Antonia Sousa, Maria Antonia Palla, Pasolini, Pedro Iv, Rossio, Salazar, Valerio Ochetto