Bettega-Graziani coppia vincente di Giovanni Arpino

Bettega-Graziani coppia vincente Bettega-Graziani coppia vincente Dolce è il sole del settembre romano per gatti randagi e turisti, per Hobby Bettega che non fallisce due impeccabili gol. Meno calore è nelle casse federali. Dovrebbero imparare almeno da Darix Togni, i cassieri azzurri. La Nazionale, se proprio deve avere un pubblico di militari a riempire i vuoti dell'Olimpico, riprenda il « giro », come ogni buon circo degno di questo nome. Guarnigioni di alpini e bersaglieri e fanti riempiono tutte le città d'Italia. Sempre per tacer dei tifosi che avrebbero volentieri versato il loro obolo pur di confortare i nostri reucci in mutande. E' l'ultimo rilievo riguardante l'organizzazione del Club Italia. L'Olimpico non sarà mai Wembley: appena ridipinte le porte di ferro, nella stessa notte ricccole imbrattate da insulti, persino in inglese; e negli scaffali metallici della sala-stampa sono stati rubati tutti i telefoni, grazie all'ignavia estiva. Ogni commento è superfluo. Eccoci dunque ad un riesame della laboriosa trasferta azzurra tra Copenaghen e Roma: migliaia di chilometri in volo, attcrraggi e soste, venti diacci del Mar Baltico e tiepido autunno capitolino. Quattro gol all'attivo. Contano? Non contano? A leggere certi giornali, c'è da strabiliare: forse alcune persone che credevamo al seguito degli Azzurri si sono fatte sostituire da sosia: in verità erano in Uganda o alle Seychelles. Non è possibile, infatti, massacrare la squadra a Copenaghen, salutarla poi con frasi trionfalistiche per la vittoria sugli jugoslavi. Ma evidentemente quei critici giocano sulla scarsa memoria italiana: evviva e abbasso possono essere gridati nell'arco d'uno stesso atto della commedia pallonari, che divina non è e mai potrebbe esserlo. La squadra di Bearzot aveva bisogno di « lavorare ». Ciò che non si fa nei club è ovviamente scontato nell'avvio delle Coppe e della Nazionale: anche questo conferma la miglior prestazione di Roma, con i Bellugi e i Graziani in crescendo, sciolti i poderosi muscoli inceppati dalla pausa estiva. La nota positiva — checché ne dicano i critici superaccigliati — viene dall'impostazione del contropiede manovrato. In questo discorso è chiaro che un « piede saggio » (e quindi non solo « buono ») com'è quello di Bettega, riesce a dir la sua meglio di altri « punteros » che non tengono, non conquistano, non rigiocano palla. Alle spalle, Patrizio ha turato, si è depistato, ha speso dinamismo. Eravamo persino pronti a giustificare errori o sfasature, visto il debutto del Sala « junior » tra compagni non proprio conosciuti a memoria. E invece l'ossuto granatiere è stato esemplare. Forse abbiamo il mediano indispensabile alla nuova Nazionale. Vi sembra poco? E' maturato Scirea, autorevole come nei suoi momenti migliori. Se difenderemo il ritorno di Giacinto Magno contro gli inglesi è perché Facche'.ti, per esperienza, centimetri in altezza, copertura in area potrà costituire ottima garanzia. Ma il « libero » juventino ha superato l'esame, finalmente, più contro se stesso che contro le circostanze. Tardelli e Rocca sono generosi, anche troppo, ma debbono migliorare, « ancorarsi », non sprecare energie e non concedersi leggerezze o sufficienze ai limiti dell'area. Tocchiamo col dito, e con molta precauzione, il centrocampo. Capello è ritenuto intoccabile dal gran « vecio » Bearzot. Però di quale Capello si tratta? Ha ancor più ridotto la sua autonomia, il passo. Debbo giocar la carta: vengo infatti a sapere che « piedone » Pecci rilutta, intimamente, come se non si sentisse pronto alla responsabilità di regia. Ma allora, « buon sangue romagnolo », dov'è andata a finire la magnifica bullaggine di ieri l'altro? Spariamola pure, un'idea di Nazionale. Eccola: Causio, Sala Graziani, Pecci, Bettega, in avanti. Perché contraddico Bearzot, che sicuramente, leggendo stamattina, inarcherà la fronte? Perché, visto quell'Antognoni che non cresce, mettendo Claudio al suo posto non otterremo mai di meno. Forse, anzi senz'altro di più. Sono stanco di aggettivi approssimativi come « atipico ». Ormai atipici lo siamo lutti, pedoni in brache corte o commendatori al volante. Toccasse a me, farei giocare quella prima linea — con Patrizio alle spalle — in Lussemburgo. Dopotutto i nostri avversari, l'ultima volta che li incontrammo, schierarono su Mazzola un mediano con gli occhiali tenuti da un elastico, il cinto erniario, e una ginocchiera. E se Claudio « pelotero poeta » ha un solo « numero », un solo tiro, un solo cross in quantità inferiore a quelli di Antognoni (già sugli scudi dopo la vittoria contro gli slavi: ma fatemi il piacere) pago da bere a chicchessia per tre giorni. La trasferta in Danimarca, la partitella di fiorelto a Roma non sono state inutili, tutt'altro. Ma anche le diagnosi vanno condotte con un minimo di coraggio, sia critico sia operativo. Lo so: non vedrò mai all'opera la prima linea azzurra che ho annotato più avanti. Però è difficile che, disputando in sede teorica, mi si possa confutare, dati alla mano. Qualche « pazzerello » scrive: non siamo gli ultimi della classe. Bella forza. Non pretendiamo di essere i primi, ma la graduatoria europea è diffìcile da mettere in carta. Se saremo primi nel nostro esile « girone » selettivo per i « mondiali » avremo già compiuto un'ottima impresa. Come? Lo vedremo a partire dal 16 ottobre in Lussemburgo. Nel calcio che indubbiamente declina — basta dare un'occhiata ai vivai, allo stesso interesse minore dei ragazzini che pigliano a pedate una palla — cerchiamo, con un po' di logica, di tramontare dignitosamente. E di farci dire « bravo », però in inglese. Giovanni Arpino

Luoghi citati: Copenaghen, Danimarca, Italia, Lussemburgo, Roma