Nella casa dell'uomo che ci donò le mummie di Angelo Dragone

Nella casa dell'uomo che ci donò le mummie Lapide a Bernardino Drovetti Nella casa dell'uomo che ci donò le mummie La cerimonia a Barbania, nel bicentenario della nascita del console di Francia ed archeologo Nel Museo Egizio di Torino, nato oltre 150 anni fa intorno al vasto e prestigioso primo nucleo della collezione drovettiana, esiste una lapide sulla quale raramente il visitatore, subito preso dal fascino degli antichi cimeli, si sofferma. E' quella che vi è murata, come reca scritto, «A memoria ed onore - di Bernardino Rrovetti - da Barbania - che Console Generale di Francia in Egitto - adunò in lunghi anni di sapienti ricerche - queste antichità egiziane - procurando poi che diventassero acquisto dei nostri principi - ed una fra le glorie piemontesi». Un'altra lapide è stata scoperta, ieri, in memoria del Drovetti a Barbania, sulla casa ch'egli s'era costruito nel paese che l'aveva visto nascere il 4 gennaio 1776 e che, a duecento anni di distanza, ha voluto ricordarlo anche con un cippo in bronzo inaugurato in piazza. Della sua complessa attività ha detto, dopo l'intervento del sindaco di Barbania, signor Bertino, il professor Silvio Curto, soprintendente alle Antichità egizie. Ne ha ricordato la laurea in legge, conseguita a soli 18 anni nell'Università di Torino, e la carica di capo di stato maggiore della divisione piemontese ricoperta a 25 anni, oltre ai lunghi soggiorni egiziani dal 1802 al 1814 e dal 1821 al '24. Accanto all'esploratore che nel 1816 si spinge nella Nubia e che nel '18 raggiunge varie oasi sahariane e la Siria mentre studia usi e lingue degli indigeni, vi è da rievocare infine l'archeologo, che con Jean Rifaud scopre e raccoglie oggetti antichi, pronto a regalare cimeli a Lione, a Marsiglia, a Ginevra e a Monaco di Baviera; l'archeologo che, fin dal 1816, offre invano a Torino la sua prima collezione d'antichità egizie, che, due anni dopo, gli verrà rifiutata anche dal Louvre, ma che, alla sua rinnovata offerta, nel 1824, i Savoia finalmente si assicurarono. Ai 300 pezzi egizi ch'erano già a Torino il Drovetti ne aggiunse altri 2700, che comprendevano 50 grandi statue e 350 papiri. Se dunque Torino può vantare l'unico grande museo egizio al mondo, fuori della terra in cui tanto patrimonio s'era prodotto, è lutto merito di Bernardino Drovetti che seppe anche intuire l'autonomia dello spirito dell'arte egizia, nei confronti dei canoni clas¬ sici del mondo greco-romano. E' quindi con giusto orgoglio che Barbania ha inteso celebrare la singolare figura di quest'uomo rievocandone la presenza nella casa e, particolarmente, in quel «casino all'egiziana » che a poca distanza dall'edificio principale sorge sulle rovine dell'antico castello. Angelo Dragone

Persone citate: Bernardino Drovetti, Bernardino Rrovetti, Drovetti, Jean Rifaud, Savoia, Silvio Curto