Sua Maestà il Barolo trema per la pioggia di Carlo Moriondo

Sua Maestà il Barolo trema per la pioggia Vendemmia dei Nebbioli in pericolo Sua Maestà il Barolo trema per la pioggia Il regno del grande vino, nella Langa, è immerso nella nebbia, flagellato dall'acqua - Che dicono agricoltori e tecnici (Dal nostro inviato speciale) Alba, 12 settembre. Dal piazzale di La Morra il regno del Barolo appare immerso nella nebbia, flagellato dalla pioggia. «A smija 7 dì di] mori..» commenta amaramente un contadino, scuotendo la testa. Quei pochi filari che si intravedono hanno già le foglie di un ricco color ruggine, i grappoli hanno acini gonfi e promettenti: manca quasi un mese alla vendemmia, quali danni farà il maltempo? Si sa che il raccolto del dolcetto, iniziato in questi giorni è in pericolo, perlomeno come qualità: nulla di più deleterio per la gradazione e per il gusto, che vendemmiare grappoli fradici d'acqua. Anche il Barolo, Sua Maestà il Barolo, ha cominciato a soffrire? Era un raccolto strepitoso, mi dice un viticultore di La Morra; forse saremmo arrivati ad un prodotto pari a quello del '71, che fu eccezionale, e forse si sarebbe avvicinato a quello del '27, che fu addirittura favoloso. Alcune zone sono state sinistrate dalla grandine (Fontanafredda, Serralunga, Santa Maria), e ridotte a «na stri», un disastro. Il cuore del regno del Barolo fu però salvo da quel flagello; la siccità di quest'estate lo nutrì di calore, ne distillò la forza, immagazzinò in ogni acino un chicco di sole... Ora Giuseppe Veglio, che vive per i suoi vigneti, mi addita i filari fangosi, tristissimi sotto la pioggia: «I grappoli dovrebbero fissare il dolce, guadagnare quei due o tre gradi di zucchero. Se continua così i gradi invece di aumentare diminuiscono, l'uva ne perde uno al giorno...». Stranamente, il nemico mortale è la pioggia, non il freddo. Spiega Pinat Cottino, altro viticultore di Cherasco: «Due mattinate di brina fanno bene, al Barolo. La brina "tira fora l'èva", spreme l'acqua, dà corpo all'acino». Ma allora i falò, i famosi falò raccontati da Pavese? «Quelli si fanno solo in primavera, quando le brinate possono mangiarsi il germoglio, e allora addio grappolo». L'atmosfera da « giorno dei morti» è la stessa anche a Castiglione Falletto, a Serralunga, a Dogliani. Cosi anche a Cannubi, dove — dicono gli enologi — si fa il Barolo eccelso, il migliore di tutti, il Barolo dei Baroli, davanti al quale il Bordeaux non può che ritirarsi sconfitto. C'è gente ferma sulle piazze, lungo le strade, ma i crocchi sotto gli ombrelli non hanno altra conversazione: quando cambierà questo tempo della malora? Il lavoro di un anno è in pericolo, altre quarantott'ore di pioggia significano per l'Albese miliardi di danni. Andiamo a Fontanafredda, a parlare con Livio Testa, direttore tecnico dell'azienda di proprietà del Monte dei Paschi di Siena (rende di più il Barolo o il Chianti?). «I presupposti erano formidabili — dice Testa — adesso comincio ad essere perplesso, faccio tutte le mie riserve. Fino a questo momento non direi che la pioggia danneggi molto, ma guai se dovesse continuare. E' questo il periodo in cui l'acino più che calore (quello l'ha già assorbito a luglio ed agosto) vuole sole. II sole fa scattare un processo chimico delicatissimo: Ogni acino diventa una meravigliosa fabbrica di zucchero, chiusa nel suo lieve guscio blu-viola...». Testa trova termini poetici, per il suo mestiere che è anche arte, poi si rabbuia, guardando fuori dalla finestra: «Tempaccio, ancora tempaccio; le previsioni meteorologiche sono nere. Un raccolto così, messo in pericolo...». Anche in tempi di democrazia, un re quale il Barolo non gradisce la compagnia di Sorella Acqua. La produzione media è sugli otto milioni di bottiglie. Per fortuna non tutto è perduto. C'è ancora tempo perché ogni bottiglia diventi un piccolo tesoro. Carlo Moriondo

Persone citate: Cottino, Giuseppe Veglio, Livio Testa, Pavese, Sorella Acqua, Testa

Luoghi citati: Alba, Castiglione Falletto, Cherasco, Dogliani, Fontanafredda, La Morra, Serralunga