A Caselle il volo è davvero cieco

A Caselle il volo è davvero cieco Radioassistenze a singhiozzo A Caselle il volo è davvero cieco L'atterraggio, troppo spesso, affidato soltanto alla bravura dei piloti - Strumenti ancora imballati (e non ci sono tecnici) « Ma come fanno a scontrarsi in cielo? ». E' il primo interrogativo che si pone chi cerca di spiegarsi la tragica collisione di due aerei in volo su Zagabria, quattro giorni la. Ora il magistrato, che conduce l'inchiesta, sta fornendo la risposta: da terra, dalla torre di controllo, qualcosa non ha funzionato. Incidenti come questo, si dice, sono rari: undici, dal 1950 ad oggi, fra aerei di linea. Possono sembrare pochi, ma un altro dato, fornito dall'Anacna, l'associazione controllori di voli, ci rassicura molto meno: solo nel 1971 sono state segnalate 56 mancate collisioni. Torniamo alla domanda iniziale: com'è possibile, « con tutto lo spazio che c'è »? In Italia, questo spazio, non è poi molto: aerei di linea, italiani e stranieri, jets militari, italiani e stranieri. Un bel via vai. Per controllare e regolare tutto il traffico esistono gli strumenti. E' impensabile che i piloti, a una tale velocità e in determinate condizioni atmosferiche, volino « a vista ». Resta soltanto il volo strumentale. Quali garanzie di sicurezza offrono i nostri aeroporti? Quali sono le strutture che portano a terra i velivoli e chi le governa? Prendiamo ad esempio lo scalo della nostra città: Caselle. Com'è noto tutti gli aeroporti civili sono affidati, per la parte tecnica, all'Aeronautica militare. L'Arma « azzurra » aveva delegato all'Ati il compito di fornire il servizio « Radiomisure » per stabilire, appunto, le condizioni di questi strumenti indispensabili. Ora vuole fare tutto da sola. Ci riuscirà? Ricordo un volo Roma-Torino, a gennaio di quest'anno, fatto nella cabina di pilotaggio. « Vuole vedere un avvicinamento "cieco" con l'Ils (instrumentai landing system)?» mi chiese il comandante, quando fummo sopra Alessandria. Le manovre che seguirono non fecero onore al volo strumentale: la magnifica giornata di sole e l'ottima vista del pilota ci permisero di scendere tranquillamente sulla pista. Mi tornò in mente quel tragico 1° gennaio del '74, quando un Fokker dell'Itavìa, avvolto nella nebbia, si era schiantato a 600 metri dall'abitato di Caselle. Il radar, anche quella volta, non aveva funzionato... E Adesso, Caselle, in quali condizioni si trova dal punto di vista delle radioassistenze? « Le strutture ci sono, ma funzionano, per cosi dire, a intermittenza ». Piero Aglioti, segretario nazionale della Fulat-Uil, gente dell'aria, non nasconde la sua amarezza. « Non si parla mai di questi strumenti: si aspetta il botto e poi si aprono le inchieste. Il più delle volte si tende a scaricare la responsabilità di tutto su chi, ormai, non può più difen¬ dersi, il pilota. Abbiamo l'esempio tipico nell'incidente di Punta Raisi. Un radiofaro, piazzato sulla montagna, era stato spostato, ma la sua frequenza non era stata variata: l'aereo è entrato dritto nel monte ». « I pericoli riguardano proprio quelle manovre per cui si richiede la radioassistenza — prosegue Aglioti — insufficienza e inefficienza di alcuni impianti terminali, la mancata omologazione e quindi il mancato funzionamento di certi strumenti, come avviene nel nostro aeroporto, che sarebbero già pronti, la congestione delle vie aeree. A tutto ciò sovrintende l'Aeronautica, con tutte le sue lungaggini burocratiche, per cui passano mesi prima che uno strumento venga controllato ». Perché gli Ils, a volte, non funzionano? « La pista di Caselle — risponde Aglioti — subisce numerose interferenze, dovute a tutti quegli elementi in grado di creare fenomeni elettromagnetici, come il traffico automobilistico, ad esempio, che circonda letteralmente l'aeroporto ». Maurizio Colò, sindacalista della Fulat romana, addetto alle Radiomisure, aggiunge qualcosa: « A Poirino, il radiofaro Vor è ormai decrepito. Quello nuovo è già pronto, impacchettato, ma i militari non si decidono a stipulare il contratto con la Face Standard Itt, la società che lo deve piazzare. Discorso analogo per un altro sofisticato apparecchio, il Tcr3, costato 200 milioni e ancora imballato. L'aeronautica non dispone dei controllori che dovrebbero farlo funzionare ». La seconda pista risolverebbe il problema? E' ancora Aglioti a rispondere: « Sarebbe utile, ma non indispensabile. Soprattutto irrilevante ai fini della sicurezza che dipende dagli strumenti e non solo dall'orientamento della pista, anche se qualcuno ha cercato di strumentalizzare l'incidente di due anni fa ». L'unico strenuo oppositore al progetto, che verrà discusso nel convegno del prossimo 20 settembre a Caselle, resta il socialista Succo, sindaco della cittadina. « La situazione del paese è tragica: l'aeroporto non ha portato nessun vantaggio, solo guai. Nessuno dei nostri abitanti ha trovato impiego allo scalo. Ma questo è il male minore. Il rumore, l'inquinamento, le crepe nei muri e le tegole che ci piovono in testa sono solo "particolari". Un altro? Quando piove tutti i cascinali alla periferia del paese vengono allagati dall'acqua che scivola via dalla pista. Nel progetto, anche per la seconda pista, questo inconveniente, pur banale, non è neppure stato preso in considerazione... ». Daniela Daniele La planimetria dell'Aeronautica militare definisce 11 « corridoio » di accesso a Caselle: provenienti dal Sud gli acre! vengono « presi In consegna » dal radiofaro « Vor » di Poi ri no (In basso a destra). All'altezza dell'Eremo, quota 4000 piedi, virano sulla destra e Imboccano la discesa sull'aeroporto. LI controllano 1 radiofari di Caselle e l'« IIs/Ndb » (al centro). La linea tratteggiata In alto è la rotta di fuga in caso d'atterraggio inibito, ultima possibilità di salvezza, causa emergenza

Persone citate: Aglioti, Daniela Daniele, Maurizio Colò, Piero Aglioti, Raisi, Succo

Luoghi citati: Alessandria, Italia, Poirino, Roma, Torino, Zagabria