MAERTENS "MONDIALE,, GRAZIE A MERCKX

MAERTENS "MONDIALE,, GRAZIE A MERCKXSprint a due ad Ostuni: il velocista belga batte il campione d'Italia MAERTENS "MONDIALE,, GRAZIE A MERCKX Quando Moser, a poco più di venti chilometri dall'arrivo, è scattato in compagnia di Zoetemelk, è stato Eddy a salvare il suo giovane erede dalla disfatta - Al terzo posto un altro azzurro, Tino Conti - Felice Gimondi in settima posizione (Dal nostro inviato speciale) Ostuni, 5 settembre. Un pronostico rispettato, in modo purtroppo assai amaro per noi. Freddy Maertens, il ventiquattrenne erede di Merckx, è il nuovo campione del mondo del ciclismo professionistico, dopo un aspro, splendido «testa a testa» col nostro Francesco Moser, l'unico rivale a cui la competenza assegnasse concrete possibilità di contendere la maglia iridata al giovane sprinter belga. Il circuito pugliese di Ostuni, turisticamente suggestivo ma tecnicamente non così impegnativo da offrire la possibilità di una soluzione di forza congeniale al nostro « numero uno », ha detto, nei suoi limiti, una verità giusta, indiscutibile. Maertens ha reagito con la rabbia c l'energia dell'autentico campione all'attacco decisivo di Francesco Moser con Zoetemelk alla ruota e, quando un nuovo, perentorio scatto dell'atleta trentino ha fatto definitivamente il vuoto, è stato ancora il solo a resistergli, a bloccargli ogni speranza, a batterlo inesorabilmente in un entusiasmante sprint a due conclusosi, secondo i pronostici, con la vittoria del più veloce, Maertens appunto. Moser ha tentato di partire lungo, come più gli conveniva, ma il belga si è lanciato nella sua scia e lo ha perentoriamente rimontato, finendo agevolmente, a braccia alzate, incontro alla sua prima maglia iridata. La storia di questo campionato del mondo è praticamente tutta rinchiusa in questi episodi finali, dopo che l'estenuante maratona di 288 chilometri, su un tracciato in cui il vento, più che le difficoltà altimetriche, finiva con l'essere il vero nemico, era vissuta per più di due terzi sulle coraggiose iniziative dei comprimari e sull'aspra sorveglianza reciproca fra gli autentici protagonisti. Il francese Campaner, l'olandese Knetemann ed il nostro Santambrogio nella veste di controllore di un « cliente » pericoloso erano stati i battistrada della corsa nei primi due giri, cedendo poi la scena ad un altro olandese, Fedor Den Hertog, che era rimasto solo al comando per circa cento chilometri approfittando della tolleranza del gruppo nel quale la rivalità italo-belga si esprimeva soprattutto nel corale rifiuto di assumersi la responsabilità del peso della corsa. Quando, sia per il vento sempre più fastidioso, sia per un maggiore impulso dato dagli azzurri all'inseguimento, anche Den Hertog ha ceduto, il campionato del mondo si è trasformato in una continua punzecchiatura reciproca tra i più attesi protagonisti, senza che nessuno di essi riuscisse ad imprimere alla competizione la svolta decisiva. Eddy Merckx, che affidava a questo carosello iridato tutte le sue speranze di riscatto dopo una stagione assai deludente, ha provato più e più volte a scattare per cercare l'avventura personale o almeno per provocare la selezione. Alla fine l'anziano fuoriclasse belga si è arreso, ma non si è tirato indietro dalla lotta, mettendo onestamente al servizio del connazionale Maertens tutta l'esperienza sua e del suo fido scudiero Bruyere. E' stata questa, forse, la svolta decisiva della competizione: senza l'aiuto di Merckx e di Bruyere, Freddy Maertens forse non sarebbe riuscito a togliersi dai pasticci quando Francesco Moser, rimasto fino ad allora al coperto protetto da validissimi compagni di squadra, ha deciso di giocare la sua carta. Si era a circa 22 chilometri dall'arrivo quando Moser, su un falsopiano cui seguiva una breve rampa, ha piazzato un perentorio scatto cui soltanto l'olandese Zoetemelk è riuscito a resistere. I due hanno strappato al gruppo una manciata di secondi, mentre gli azzurri, guidati da Gimondi e dai bravissimi Riccomi, Paolini e Santambrogio, e gli olandesi con alla testa il campione del mondo uscente Kuiper si davano da fare in testa alla fila per rompere i cambi ed ostacolare l'inseguimento da parte dei belgi. In questo momento è stato Merckx a salvare Maertens dalla disfatta. E' stato Eddy, con Bruyere a ruota, a portare l'ex rivale fuori dalla mischia, a lanciarlo nell'inseguimento a Moser in fuga. Per Maertens, alla cui ruota si era incollato il nostro Conti, non è stato troppo difficile, una volta uscito dalle inside del gruppo, colmare il non grande distacco dalla coppia Moser-Zoetemelk. Il secondo episodio decisivo si è svolto poco dopo, quando il ritmo insostenibile a cui Moser e Maertens reciprocamente si costringevano ha spezzato il quar- tetto d'avanguardia che si era appena formato, lasciando inesorabilmente staccati Zoetemelk e Conti. Moser ha rallentato, voltandosi più volte indietro, invitando con la mano il compagno di squadra a farsi sotto: con una « spalla » come Conti a disposizione, Francesco avrebbe potuto impostare in modo diverso il finale della corsa, cercar di stancare il rivale con scatti a turno ed a ripetizione, cercar di evitare insomma il « testa a testa » sul rettilineo d'arrivo di cui lui stesso conosceva in anticipo l'esito anche se tenacemente si rifiutava di arrendersi. Purtroppo Tino Conti aveva dato il massimo fino a quel momento, giustificando ampiamente la fiducia riposta in lui dal c. t. Martini, ed era chiaramente in riserva. Francesco Moser è rimasto solo a lottare, si è battuto fino all'ultimo con la sua conosciuta tenacia di testardo montanaro, ha cercato invano di staccare un Maertens che, a dispetto di ogni speranza della vigilia, reggeva alla distanza bene quanto lui, ha giocato la sua disperata carta anche nella volata a due, ma ha visto sfumare proprio negli ultimi metri i! sogno della maglia iridata. Francesco Moser, che aveva parzialmente deluso nelle due precedenti avventure mondiali, stavolta invece esce a testa alta dal carosello iridato, anche se il secondo posto è una magra consolazione per chi puntava giustificatamente al massimo traguardo. E con lui esce più che dignitosamente dalla battaglia l'intera squadra azzurra che, intorno al vecchio nocchiero Gimondi ed al « numero uno » Moser, si è battuta splendidamente dal primo all'ultimo chilometro Chi nutriva dubbi sulla possibilità di Baronchelli, di Paolini, di Conti, di trasformarsi in validi gregari è stato smentito dall'impeccabile comportamento di questi atleti; chi aveva discusso la scelta di Santambrogio a danno del giovane Bortolotto (pupillo di Moser) ha avuto — non noi — la sorpresa di vedere il rude brianzolo sempre presente nelle fasi più delicate della corsa. E gli stessi Bertoglio e Fabbri, oltre ai collaudati, bravissimi Poggiali e Riccomi, hanno dato, al limite dei propri mezzi, quello che da essi il commissario tecnico si attendeva. Il titolo mondiale lo ha vinto Maertens, ed è giusto così, ma l'Italia, salendo sul podio con Moser al secondo posto ed il generoso Conti al terzo posto e mentendo sempre le sue maglie azzurre ben in vista in tutte le fasi critiche del carosello iridato, avrebbe meritato il titolo di squadra campione del mondo, se tale titolo esistesse. Purtroppo non è così e ci resta solo la soddisfazione di aver fatto il massimo e l'amarezza di un'occasione mancata. Gianni Pignata Ostuni. è stato Eddy Merckx tira alla disperata. Il fuoriclasse belga il miglior « gregario » per il compagno Maertens

Luoghi citati: Italia, Ostuni