Il Friuli è fermo a maggio avvolto dalla speculazione

Il Friuli è fermo a maggio avvolto dalla speculazione Che cosa c'è dietro la contestazione Il Friuli è fermo a maggio avvolto dalla speculazione La ricostruzione procede al rallentatore per gli interessi delle ditte impegnate nei lavori - A Montenars un villaggio turistico (Dal nostro inviato speciale) Gemona del Friuli, 5 sett. Andreotti è venuto e se ne è andato a Venezia, alla Biennale. Poi, da Roma, ha fatto sapere che requisirà « case sfitte di villeggiatura nelle zone terremotate ». Ma le macerie di Gemona sono ancora quelle di allora. Il presidente del Consiglio ha visto ed ha promesso. Uno dei suoi ministri, in maggio, venne, promise. Il terremoto fu la sua campagna elettorale, strepitosa, vincente. Oggi ministro e presidente sono spariti dalla scena: c'è da stupirsi della contestazione? Proteste, cartelli, blocchi stradali e ferroviari. Il Friuli, l'orgoglioso, il dignitoso Friuli, ha perso la pazienza. Sulle doti della sua gente, in questi mesi, s'è imbastita una mistificazione colossale. La neve, fra pochi giorni, la trasformerà in molti drammi e qualche tragedia. La ricostruzione è ferma, le case non sono che ammassi di macerie e l'ultro ieri una scossa ritardataria hi scaraventato in brìciole la banca di Gemona. I comitati di tendopoli sono sorti spontanei, a difendere chi non ha che un po' di tela fra sé e l'inverno che arriva. «La Regione ha fatto quel che ha potuto, adesso è senza una lira. Il presidente Comellì l'ha detto anche ad Andreotti. Senza soldi, che cosa ricostruiamo?». Ma in Friuli erano arrivati miliardi, a decine. Che fine hanno fatto? «I miliardi — mi dice Massimo Vitti, sindacalista, uno degli animatori della ricostruzione friulana — sono arrivati. E non pochi. A centinaia. Ma sono stati spesi per le prime necessità, alimentari, vestiario. Insomma, oggi Comelli può davvero dire di essere a secco. La Regione ha speso più di mille miliardi...». Il problema, oltre che di soldi, è di sistema. Quello scelto per la risurrezione del Friuli è farraginoso, burocratico e, in definitiva, incapace di risolvere il problema principale, quello della rapidità d'intervento. «Qui tutto funziona — mi spiegano — non ci sono speculazioni clamorose come è accaduto da altre parti. Qui la-manovra è subdola e astuta. Accadono cose legalmente ineccepibili: l'acquisto di trecento baracche da una ditta jugoslava è stato mediato, per la Regione, da un certo cavalier Luigi Tacchino di Gorizia. L'importo era di due miliardi. Ha lavorato gratis, il Tacchino? E la Regione, che bisogno aveva della mediazione? Ma il guaio più grosso, al di là di questi episodi, è il CoRiF». Che cosa è? «E' il Consorzio per la ricostruzione del Friuli. Lo compongono un centinaio di ditte, tv tte locali, ma non interessate dal terremoto, quindi in ottime condizioni di salute. Queste appaltano tutti i lavori: un clan nel quale è impossibile entrare. I prezzi del CoRiF, in media, sono un. 10 per cento in più di quelli di Milano. Andreotti ha detto che potrebhero lavorare qui ditte meridionali. Siamo ansiosi di vedere come». Il monopolio, in effetti, è rigoroso: ci vorrebbero 3000 operai e ce ne sono 600; ci vorrebbero architetti, ingegneri, geometri, che ridurrebbero i tempi di progettazione, ma vengono rifiutati; imprese milanesi, torinesi, di altre regioni, ridurrebbero i tempi che, invece di settimane, diventano mesi. Se poi qualche comune perde la pazienza e fa da solo, il CoRiF pretende di essere pagato lo stesso, come da contratto forfettario. Si sfiora l'assurdo. Sono state stabilite forti multe per le ditte che non fornissero in tempo le case prefabbricate: ora le case ci sono, ma il CoRiF non ha ancora provveduto ad allestire le aree dove piazzarle. Forse a metà ottobre Gemona vedrà sorgere le prime baracche. Forse. Intanto a Montenars, pochi chilometri piìi in là, invece di ricostruire si sta progettando un villaggio per turisti, e i vecchi abitanti si arrangino altrove. Adesso per le strade di Gemona vanno i turisti a fotografarsi in posa davanti alle macerie, tragiche pose grottesche, in quel cimitero. Sulla piazza una ruspa ha sulla fiancata una scritta: « Ferma da un mese ». E poi la data, 17 agosto. Ciò che si può aggiungere, a quella lapide scritta da mani sconosciute, è che il Friuli vero, quello che non si nasconde sotto le sigle, non vuol fare la fine del Belice. Andreotti, se invece di prendere strade secondarie, avesse percorso la Pontebbana, se ne sarebbe convinto ancor di più di quanto la contestazione di Osoppo e Gemona l'abbiano convinto. In Friuli si sono fatte, in fretta e bene, autostrade « politiche » e gratuite, si sono create province per moltiplicare clientele. Ma ora le elezioni sono lontane, come ricordo e come prospettiva. Troppo facile dimenticare Gemona e i suoi morti, adesso. Ma questa volta non si tratta più di un'autostrada, magari da battezzare « PiRuBi ». Per il « Friuli bianco » il terremoto sta diventando un momento di crescita politica inaspettato. E' probabile che se ne sia accorto anche il presidente del Consiglio, onorevole Andreotti. Mauro Benedetti

Persone citate: Andreotti, Comelli, Massimo Vitti, Mauro Benedetti