"E bello stare con papà e mamma, ma la «tata» non era cattiva,,

"E bello stare con papà e mamma, ma la «tata» non era cattiva,,Enrico non ha riportato traumi "E bello stare con papà e mamma, ma la «tata» non era cattiva,, Siamo entrati nell'abitazione di Campidonico, in corso Francia 23. Per i due giorni passati, il signorile alloggio della casa liberty, « palazzo della Vittoria », si era ermeticamente chiuso di fronte ai cronisti. L'angoscia, l'ansia terribile dei genitori, senza notizie del piccolo Enrico, la si era sentita dalle loro parole dette da uno spioncino che guarda dall'interno sul pianerottolo: « Lasciateci in pace. Aspettiamo e basta. Non possiamo ricevervi, cercate di capire ». Avevamo compreso benissimo il dramma e Giorgio Campidonico e la moglie Giuliana non erano più stati disturbati. Poi, sabato alle 11,15, l'irruzione dei carabinieri nelle squallide due stanze di via San Massimo 38 e la liberazione di Enrico. Le sue prime parole dette al brigadiere dei carabinieri sono state: « Portatemi dalla mamma. Voglio vederla. Qui c'è tanto buio. Ho paura, voglio andare a casa». Ieri mattina Enrico si è svegliato fra le braccia della mamma. Ci dice Giorgio Campidonico: « Ha dormito tranquillo. Sembra che non abbia, almeno per adesso, ricevuto alcun trauma dalla vicenda. E' di là che fa colazione, vado a chiamarlo ». Il salone d'entrata dove aspettiamo Enrico ha il pavimento in marmo. Alle pareti gualche stampa, in un angolo un piccolo mobiletto. In fondo al lungo corridoio, si intuisce più che vedere la cucina dove giovedì sera, la seconda cameriera stava cenando mentre la falsa bambinaia si allontanava con Enrico vestito soltanto con il suo pigiama. E il piccolo viene verso di noi proprio in pigiama. E' allegro e ride. Ci tende le mani, si capisce che ormai si è abituato a salutare tanta gente. « No, non è lo stesso pigiammo di quelle notti — dice con soddisfazione — la mamma me l'ha cambiato. E' bello — aggiunge — stare con papà e mamma, ma la tata che mi ha portato via non era cattiva ». Rimane in piedi di fronte a noi, ci guarda quasi attendendo le domande. « Non avete le luci voi? » si riferisce a quelle della televisione che l'altro giorno gli sono state per tanto tempo puntate addosso. Continua a parlare con sicurezza mentre il padre lo guarda serissimo. Giorgio Campidonico ha riacquistato l'abituale compostezza, che l'altro giorno nell'ufficio del comandante Ruggeri dei carabinieri aveva perso per un momento. La grande gioia nel rivedere Enrico lo aveva fatto inginocchiare. Aveva preso la mano del bambino e così, in ginocchio, continuava a baciarla, senza dire una parola. « Sono tranquillo, contento, felice » dice Enrico e allarga le braccia ridendo e saltando tutto intorno in una esplosione di allegria. « Adesso ho con me tutti i miei giochi e dormo nel mio lettino. Era brutto sai dove mi tenevano, anche se la tata non era cattiva » ripete, ma istintivamente allunga un braccio per cercare la mano del padre e la strìnge forte. Giorgio Campidonico trattiene la commozione. « La vita di Enrico deve continuare come prima come se non fosse successo nulla. Deve dimenticare questa storia e la strada migliore penso sia quella di non dargli dei giorni diversi da quelli di sempre. No, non andremo in vacanza in nessun posto. Restiamo a Torino a scordare tutti insieme questa vicenda ». Enrico sorride ancora, guarda con affetto il padre e anche noi: « Sto benissimo. Adesso vado a finire il mio caffelatte ». Nevio Boni

Persone citate: Giorgio Campidonico, Nevio Boni, Ruggeri

Luoghi citati: Torino