E Benito scomunicò Rudy di Giancarlo Fusco

E Benito scomunicò Rudy LA LITE TRA MUSSOLINI E RODOLFO VALENTINO E Benito scomunicò Rudy Dopo l'assassinio di Giacomo Matteotti l'attore in Usa aveva dichiarato in un'intervista: "Ora sono convinto che molti pezzi grossi del fascismo siano veri e propri gangsters" - Il "duce" s'infuria, ordina di "fargli abbassare la cresta" Roma 1924 — Crea un mese fa, 16 agosto, i cara binieri hanno scoperto, finalmente, fra i cespugli della Quartarella, sulla Flaminia, il corpo martoriato dell'onorevole Giacomo Matteotti. Il tragico rinvenimento suscita enorme scalpore in Italia e all'estero. Mussolini, barricato nel suo « pensatoio » di Palazzo Chigi, non sa che pesci pigliare. Non sono neppure due anni eh'è al potere, e già gli manca il terreno sotto i piedi. Il re se ne sta, cinicamente, alla finestra. Molti fascisti « benpensan¬ ti » si affrettano a strappare la tessera del partito. In provincia, ì caporioni dello squadrismo, allarmati dall'atteggiamento amletico del « duce » e timorosi di perdere una facile greppia, minacciano di rimarciare su Roma. Quindi, Mussolini ha anche paura. Sì tiene isolato e respinge i visitatori. In pratica, vede due volte al giorno, la mattina alle 10 e il pomeriggio alle 18, soltanto il suo segretario particolare Benetto Fasciolo. Un giornalista che, oltre a fargli da stenografo e da portavoce, gli presenta, giornal- mente, un quadro della stampa nazionale ed estera. Mettendo in evidenza i duri commenti su quello ch'è già il « caso Matteotti ». Alla stampa europea si aggiunge, ben presto, quella americana. Scrupolosamente raccolta dall'ambasciatore a Washington Giacomo De Martino. Per quanto FascioIo, addomesticando un po' le tradizioni, cerchi di attenuarne l'asprezza, le staffilate statunitensi restano violente. E Mussolini scorre quegli articoli accigliatissimo, la mascella tesa, le mani alle tempie. Ma ecco che una mattina, un ritaglio gli va talmente di traverso, da fargli battere addirittura un pugno sulla scrivania. E' un estratto di due pagine della rivista femminile Woman's day. E' accompagnato da un foglietto sul quale il liberale De Martino, per sottolinearne (forse un po' malignamente; l'importanza, ha annotato: « 6 milioni di copie! ». Sì tratta di una intervista a Rodolfo Valentino, il quale parla, soprattutto, del film che ha appena finito di girare, il settecentesco «Monsieur Beaucaire». Ma a chiusura del « pourparler », interrogato su ciò che pensa della madrepatria, l'attore dà una graffiata a Mussolini: « Prima che l'onorevole Matteotti fosse vilmente assassinato, avevo molta fiducia nel fascismo. Pensavo che gli italiani avessero trovato, finalmente, un buon governo. Specialmente i miei compaesani meridionali, che finora hanno sempre dovuto emigrare per togliersi dalla miseria. Ma ora, dopo il delitto Matteotti, sono convinto che molti pezzi grossi del fascismo siano veri e propri gangsters». Mussolini batte il pugno, appallottola il ritaglio, lo getta lontano, fìssa Fasciolo con occhi feroci e grida: « Ora ci si mette anche questo bellimbusto smidollato! Gli è rimasto il dente avvelenato quando l'anno scorso è venuto a Roma e mi sono rifiutato di riceverlo. Ma gli faccio vedere io! Bisogna rivedergli le bucce, scoprirgli gli altarini, mostrarne alla gente le magagne e fargli abbassare la cresta! Provvedi immediatamente! ». / giornali governativi cominciano subito a pubblicare pezzi « di colore » sul breve soggiorno romano di Valentino nell'autunno del '23, in occasione del suo viaggio di nozze con Natacha Rambova. Mettendo in evidenza che il « divo ». in quei pochi giorni, aveva tentato per ben tre volte d'essere ricevuto da Mussolini, « per esprimergli personalmente tutta la sua profonda ammirazione ». Ma che il « duce », nonostante le garbate insistenze del barone Fassinì (che ospitava gli sposi) aveva sempre risposto di no. Il che è vero. Ma solo perché Mussolini, proprio in quei giorni, non poteva dedicare neppure una minima parte del suo tempo ai visitatori occasionali. Essendo impegnatissimo, dalla mattina alla sera, a smussare certe grosse rivalità già nate all'interno del partito: Leandro Arpinati contro Achille Starace, Roberto Farinacci contro Augusto Turati, il « capitano » Padovani, « ras » di Napoli, contro lo stesso « duce ». Ora, invece, a distanza di un anno, i giornali fedeli al littorio e imbeccati da Fasciolo, attribuiscono il rifiuto di Mussolini a un motivo morale e patriottico. Scrive Giuseppe Pochettino su «Roma fascista»: « Nessun italiano, per quanto illustre e popolare, può sperare di riuscire gradito al nostro capo, se non ha tutte le carte in regola come cittadino e come soldato! Lo testimonia il caso del signor Rodolfo Guglielmi, in arte Rodolfo Valentino, che l'anno scorso, trovandosi di passaggio nell'Urbe, sollecitò invano un breve colloquio col duce. Gli fu risposto, a chiare note, che Mussolini non voleva aver nulla a che fare con un italiano che nel 1914 era sgattaiolato via dal proprio Paese, per evitare il grigioverde in caso d'entrata in guerra ». E' una menzogna. Perché Rodolfo non era « sgattaiolato via » nel 1914, dopo lo scoppio della guerra, ma era tranquillamente partito per gli Stati Uniti nel 1913, esattamente il 9 dicembre. Imbarcandosi, a Genova, sul piroscafo « Cleveland » dell'Hamburg-America line. Biglietto di prima classe. E, cuciti nella fodera della giac ■ co, i 4000 dollari (circa 25 milioni d'oggi) che i familiari di Castellaneta gli avevano versato a liquidazione di ogni sua futura spettanza su un asse ereditario assai consistente. Ma la panzana della fuga negli States, per non correre il rischio del grigioverde, non si ferma a « Roma fascista ». Secondo le disposizioni del « duce », viene ripresa da tutta la stampa che appoggia il governo. Bisogna screditare agli occhi degli italiani (e soprattutto delle italiane!) l'irresistibile Rudy. Che Arnaldo Fraccaroli, in una corrispondenza da Hollywood, ha definito « il maschio più maschio del mondo ». Dimenticando, ahi lui!. che a Roma, da un paio d'anni, c'è « il maschione più maschione dell'universo ». Nel febbraio del 1926, irritato dal fallimento della campagna denigratoria. Mussolini vieta addirittura alla « Paramount italiana » d'importare i film di Valentino. Motivo: «E' intollerabile che gli italiani ammirino un cattivo italiano che ha rinnegato la propria origine diventando cittadino americano ». A questo proposito, riferiamo quanto ha scritto di recente Mario Quargnolo, sull'« Osservatore politico letterario »: « Erano appena morti Giovanni Amendola e Piero Gobetti (ottobre '25)... morivano le ultime libertà vigilate, rappresentate da qualche giornale più sequestrato che regolarmente distribuito... ma il fascismo aveva trovato il tempo di prendersela anche contro questo attore che era in America dal 1913, cioè da 13 anni, e che in America aveva trovato lavoro e successo. Peraltro, il caso Valentino fu prontamente risolto da una lettera che gli fecero scrivere, in cui si professava italiano, anzi italianissimo, " nunc et semper ". Questa locuzione fece il suo effetto in un contesto che si beava di " romanità ". I suoi film tornarono a circolare e di lì a poco, in agosto, la salma dell'attore fu vegliata dai fascisti di New York con tanto di camicia nera! ». Giancarlo Fusco Rodolfo Valentino con la moglie Natacha era andato a Roma in viaggio di nozze