Se duplicassimo le belle donne?

Se duplicassimo le belle donne? CON IL GENE ARTIFICIALE Se duplicassimo le belle donne? La notizia, riportata dai giornali, della sensazionale scoperta del dottor Har Gobind Khorana dell'Università del Massachusetts (creazione e trapianto di un gene artificiale) non ha destato affatto sensazione, almeno da noi. Molto più clamore avrebbe suscitato la scoperta di un elisir di lunga vita o della pietra filosofale destinata a mutare in oro ì metalli vili. Con i problemi che abbiamo di sovrappopolamento, di controllo delle nascite, di crescita zero, chi mai può esaltarsi per la possibilità di fabbricare l'uomo artificiale? E poi si sa che in epoche, come la nostra, di recessione produttiva e di crisi economica, le scienze occulte guadagnano subito terreno sulle scienze esatte. Anche perché la gente, già terrificata dagli apocalittici (che hanno ormai apposite rubriche nei giornali) ha un suo istinto di conservazione che la fa stare alla larga dai futurologi. Così si fida di più di Nostradamus che del dottor Khorana, anche se ha un nome esotico essendo indiano d'origine, l'ho vista bene, sull'autobus, la faccia del passeggero mentre leggeva il titolo « Si potranno correggere gli errori della natura? » che questo giornale ha stampato la mattina del 29 agosto. Era una faccia insieme attonita e allarmata, compunta ma anche sdegnata, insomma di chi, ammirando il trapezista, spera inconsciamente che precipiti. Ma nella scienza, diversamente che nei giochi di prestigio, non c'è trucco non c'è inganno. E così adesso sappiamo che un giorno, forse non lontano, avremo l'uomo « programmato », visto che quello in provetta è già stato fatto. Come potrà essere quest'uomo artificiale? L'idea di un essere vivente dotato di capacità straordinarie è un sogno ricorrente della science-fiction. Io non sono lettore abituale di fantascienza, non amo Frankenstein e neanche Superman, ma lo vedo benissimo il laboratorio dove il dottor Khorana (stavo per dire: il gabinetto del dottor Caligaris) e la sua équipe conducono questi incredibili espe rimenti. Vedo i microscopi, le storte, gli alambicchi, i monitor per il controllo, il rubinetto di un lavandino che perde, come in ogni laboratorio che si rispetti. Scienziati silenziosi si aggirano con gesti misurati, pronunciano sottovoce cifre, formule chimiche, si radunano intorno a un vetrino, il silenzio rotto soltanto dal bip-bip di una vita che pulsa nei congegni elettronici. Il dottor Khorana, premio Nobel per le sue ricerche di genetica, lo immagino severo e un po' crudele come certi medici di film pornonazisti, mentre sentenzia con un battito di ciglia ai suoi aiutanti: « Più gambe ». Oppure: « Meno gambe ». O anche: « Troppe gambe! ». Ingegneri genetici sorvegliano al microscopio le fasi di sviluppo del gene dentro una culla non più grande di una capocchia di spillo. Raccapriccio e ammirazione si mescolano in questa visione: l'Escherichia coli, microbo dell'intestino umano, saprofita abitatore del colon, è lì che cresce a vista d'occhio, regolato dai computers che gli somministrano in dosi giuste vitamine e amminoacidi. Solo che è un Escherichia falso, cioè fabbricato. Che un bastoncino infinitesimale diventi adulto è affar suo, ma che qualcuno lo abbia costruito artificialmente, allo stesso modo in cui si costruisce una motocicletta, mi lascia senza fiato perché non so dove arriveranno, questi signori dell'Institute of Technology, se qualcuno non li ferma. Capisco che gli usi, di questi futuri esseri, potranno diventare infiniti, come dattilografe a quattro mani fabbricate su richiesta della azienda, autisti con doppi occhi posteriori, neonati taglia 48 destinati alle Olimpiadi, oppure super-genii dal cervello smisurato allevati, ovviamente, per usi militari. Da che mondo è mondo ogni scoperta, insieme al bene, ha seminato il male, e questo sembra essere il destino dell'umanità, a cui non riusciranno a sottrarsi nemmeno quei bravi ragazzi del Mit, sigla dell'Istituto americano, a cui da bravi studiosi non interessa l'uso che si farà delle loro scoperte. La storia, e l'esperienza, mi fanno temere invece che, appena pronto, quest'uomo artificiale, qualcuno cercherà di fargli lavare i piatti. Tanto, diranno, è figlio di nessuno! Certo, l'avvento del gene artificiale apre nuovi orizzonti. Anzitutto figli perfetti, immuni da malattie e tare ereditarie (quali il complesso di Edipo o la villa al mare della nonna) perché non ci saranno più genitori bensì famiglie costituite per sorteggio, così come i figli saranno abbinati alla lotteria di Capodanno. Impensabile mi sembra, d'altra parte, l'ipotesi di una « banca del neonato », sia pure sotto controllo statale dove le coppie (sterilizzate per legge) si rivolgerebbero nel desiderio di figli. « Vorremmo una bruna, non tanto alta, con molto orecchio per la musica ». « Mi spiace, è esaurita. Abbiamo una pianista, ma è spilungona...». « Fa niente, mi dia quella». E' così che la mia fantasia malata reagisce ai dati della cronaca, così spoglia di particolari parascientifici. Insomma, basta con la schiavitù dei cromosomi, che da una coppia di alcolizzati (in gergo, etilisti) producono uno scemo (in gergo, stenofrenico) e invece un bel biondino da una coppia di vichinghi. A morte Mendel e l'ereditarietà! sarà lo slogan dei nuovi ricercatori. Del resto anche l'anagrafe non avrà più senso. Ognuno porterà | tatuato sotto l'ascella il mar-1 chio di fabbrica. « Tu di dove sei? ». « Università del Massachu- ! setts » risponderanno, sollevando il braccio. Carlo Castel lane ta

Persone citate: Caligaris, Carlo Castel, Khorana, Mendel

Luoghi citati: Massachusetts