La grande avventura del West

La grande avventura del West Nel bicentenario dell'indipendenza l'America riflette sulla sua storia La grande avventura del West Mentre si conclude l'anno bicentenario dell'indipendenza degli Stati Uniti, esce in traduzione italiana 11 libro « America » di Alistair Cooke. Ne pubblichiamo uno stralcio in anteprima, per gentile concessione della Fratelli Fabbri Editori. Dove cominci l'Ovest è una questione che per secoli si è prospettata agli stranieri, agli immigranti e alla gente dell'Est. A noi la risposta è stata fornita con un simbolo: una cittadina polverosa situata lungo un'unica strada di cui il cinema ha fatto uno stereotipo. Ma ancora durante la seconda guerr mondiale era possibile imbattersi nell'originale ogni cento chilometri, se si attraversavano l'Arizona, il Nevada o le pendici occidentali delle Sierre: una breve fila di facciate false — il negozio di ferramenta, l'insegna dipinta di un saloon, la sede dell'ufficio postale, il fantasma dell'ufficio di un quotidiano — circondata da un grande cielo e disposta lungo una strada che non porta da nessuna parte. Oggi le vere città fantasma sono state trasformate in trappole per turisti, sono state inghiottite dalla periferia di una città o sono scomparse nella sabbia senza lasciar traccia. Ma una vera città fantasma c'è ancora: è Bodie, nella California settentrionale, a duemilacinquecento metri di altitudine, e il governo dello Stato l'ha cintata per proteggerla dallo «sviluppo» e dal disastro. Così protetta, resta come un emozionante monumento all'Ovest di cento anni fa. Le facciate di legno sono diventate color rame scuro, e si inclinano minacciosamente sul largo marciapiede disposto ai lati di una strada sterrata, che qualche volta è dura come cemento e qualche volta, invece, trabocca di fango creato dai violenti acquazzoni montani. Perforatrici rugginose, pale e ruote di carro sono abbandonate fra l'erbaccia attorno alla vecchia miniera e al mulino; all'interno dei negozi, frugando appena un poco, si trovano le mute testimonianze della vita quotidiana di cento anni fa: terraglie, monete, licenze matrimoniali, lanterne, sedie a dondolo, stufe. Bodie — che ebbe il nome da un certo W. S. Body, il quale vi trovò dell'oro nel 1859 — diventò ricca nel 187R. Poi, per quattro anni, la cittadina pullulò di vita, e di morte: un omicidio al giorno, cinquantasei saloon e case da gioco, dodicimila abitanti che scavavano, si derubavano e peccavano, tutti travolti dalla febbre dell'oro. Nel 1883 era già stata abbandonata, nel 1932 un incendio l'annerì ben bene. Oggi è un cimitero sovrastato da grandi cumuli di nubi in perenne movimento, dimenticato e abbandonato quanto la pianura di Troia. Ma corrisponde perfettamente alla immagine che ciascuno di noi ha dell'Ovest. Perché, se l'Ovest è un particolare paesaggio, che inizia sulle pendici orientali delle Montagne Rocciose e si estende sino al Pacifico, è anche uno stato d'animo: l'idea di El Dorado, il desiderio di piantare tutto, di ricominciare una vita piùfelice sotto il ''grande cielo», di partire - come dice la canzone — per la «terra promessa». (...) Daniel Boone All'epoca di Jefferson e di Hamilton, l'Ovest iniziava appena oltre il crinale degli Appalachìani. Per decenni cacciatori ed esploratori avevano percorso questo intrico di montagne e di foreste alla ricerca di una pista transitabile. La trovò nel 1750 un inglese che agiva per conto di una compagnia di speculatori terrieri della Virginia. Il dottor Thomas Walker, così si chiamava, scoprì anche un valico nelle montagne, sul confine degli attuali Stati del Kentucky, del Tennessee e della Virginia. Il valico si trova a circa cinquecento metri di altitudine, e al di là di esso gli indiani avevano tracciato un vero sistema di piste dirette a Sud e a Nord. Il dottor Walker, che era un ardente lealista, chiamò il valico Passo Cumberland (dal nome del Duca di Cumberland), ma fu un veterano delle guerre francoindiane, Daniel Boone, che ne fece una pista diretta verso quella «terra promessa» che i suoi compagni d'armi avevano intravisto, e dalla quale erano stati banditi. Boone veniva dalla Pennsylvania, e nel corso della sventurata spedizione di Braddock contro Fort Duquesne era stato conducente di carri. Dopo la guerra, aveva cominciato a vagabondare, prima in Florida, poi nell'« Ovest ». Se furono le idee di gente come Jefferson che crearono la nuova nazione, fu la dura stirpe dei Boone che le dette forme e territorio. Boone — cacciatore infaticabile, esploratore, agente di diverse imprese di speculazione terriera — merita il titolo di pri¬ mo uomo dell'Ovest. All'ombra di una grande roccia, sorge, nelle Great Smoky Mountains, una capanna di tronchi, larga due metri e mezzo e alta poco più di un metro e venti. Come cuccia per un mastino sarebbe appena sufficiente, ma è stato appurato che serviva da rifugio a Daniel Boone. Era in posti come questo che Boone riposava prima di iniziare i suoi vagabondaggi giornalieri nelle montagne, trascorrendo un'esistenza sana e autosufficiente: andava a caccia, piazzava le trappole, si accampava, studiava il terreno, uccideva qualche indiano se non poteva farne a meno, tornava a riposarsi. A volte restava lontano da casa un paio d'anni. Altri come lui scomparivano per sempre. Non v'è da stupirsi se l'espressione inglese « andato nell'Ovest » divenne sinonimo di « è morto », e mantenne, almeno in Inghilterra, questo significato sino alla prima guerra mondiale. (Ricordo che da bambino rimasi sconcertato quando mi dissero che uno zio era morto in Francia e che molti dei suoi amici « erano andati nell'Ovest »). Nel mito Boone tentò più volte di usare la sua pista verso l'Ovest per creare una nuova colonia negli spazi aperti e ondulati del Kentucky. Prima di riuscirvi, era stato « adottato » da una tribù indiana ed era fuggito; aveva avuto un fratello ucciso e visto intere famiglie massacrate; in una certa occasione, era quasi morto in una bufera, e in un'altra per poco non era annegato. Alla fine di tutto venne scacciato dai terreni che aveva disboscato e sui quali godeva dì legali diritti di proprietà. Ma nel marzo 1775, radunato un gruppo di trenta boscaioli, partì per il Tennessee orientale allo scopo di aprire una strada transitabile che le famiglie di pionieri potessero usare per dirigersi verso l'Ovest. I boscaioli attraversarono le strettoie del Passo Cumberland, individuarono sentieri naturali, riunirono fra loro i trat- turi battuti dai bisonti, costeggiarono gli accampamenti indiani, fecero ruzzolar via le rocce, tagliarono alberi e cespugli, e picchettarono i passaggi difficili. La cosiddetta strada di Wilderness era lunga quasi cinquecento chilometri e terminava a Louisville sull'Ohio. Boone divenne un eroe nazionale e le sue imprese di scopritore di piste furono celebrate da canzoni popolari e racconti inverosimili. Nel giro di quindici anni la pista di Boone consentì a oltre centomila persone di raggiungere i territori del Tennessee occidentale e del Kentucky. Trentanni dopo, nel 1820, la popolazione degli Stati Uniti era raddoppiata, e il flusso di giovani americani e di emigranti rese la Pista Cumberland la principale via per l'Ovest; sull'antico tracciato corre oggi un'autostrada a sei corsie. Questi primi pionieri erano gente incolta, cacciatori, agricoltori delusi giunti dall'Est e dall'Europa, trappolatori, ex-guide dell'esercito, veterani delle guerre franco-indiane disancorati dalla famiglia e dalla terra; molti di essi erano puri e semplici avventurieri, vagabondi, fuorilegge, ma il nucleo fondamentale era costituito da uomini vigorosi ed onesti, che portavano con sé i tre strumenti di conquista consigliati da Daniel Boone: « Un buon fucile, un buon cavallo e una buona moglie ». Avevano anche bisogno di una salute di ferro, di molta fortuna e di una scure. E di un'altra cosa ancora: il sale. Il sale era l'unico conservante per le provviste di un viaggiatore. Prima della rivoluzione, il sale giungeva dalle Indie Occidentali, e costava molto caro. Con grande cura e molta fatica i primi pionieri lo trasportavano a dorso di mulo attraverso le montagne. (Per inciso, Boone potè vagabondare liberamente dalla Florida al Kentucky perché aveva per il sale un istinto quasi animalesco: ne avvertiva la presenza a cinquanta chilometri di distanza, annusando l'aria). Il sale poteva essere ottenuto dai rari torrenti salati o, meglio ancora, dalle acque immobili di un lago salato. Per ì pionieri, da questo punto di vista, il Kentucky era particolarmente attraente: vi si trovava infatti un grande lago salato, proprio nella Contea di Boone. Ma a scoprirlo, non erano stati i pionieri. Un milione di anni prima di loro era già noto a dinosauri, mastodonti e tigri dai denti a sciabola, che lo visitavano spesso. (...) l'ndiani o li ignoravano (vivi 0 morti) — raggiungevano i fiumi aspirando ad un genere di vita meno monotono di quello di un contadino dì montagna. Finirono così per incontrare i pionieri anfibi: 1 francesi, che viaggiavano allegramente su e giù per le piste naturali dell'interno, i primi americani che avevano scoperto ed esultato per il fatto — che ancora oggi stupisce gli europei che lasciano la costa orientale — che l'America settentrionale è un continente dai mille fiumi. Lungo i filimi Anche all'inizio del XIX secolo, sui grandi fiumi, orientati generalmente da Nord a Sud, scorreva infatti un fiorente commercio fra il Canada e il Golfo del Messico. E per un pioniere intraprendente e scapolo, si aprivano lungo i fiumi ampie possibilità di guadagno nel commercio delle pellicce, delle pelli, della trementina, del catrame, del piombo, del grano, del rum e del whisky. Il Missouri, l'Illinois, il Wabash, l'Ohio si riversavano tutti nella vasta corrente del Mississippi che, attraverso la Louisiana, portava sino al porto di New Orleans. Dobbiamo ricordare che nel 1803 la Louisiana non era il piccolo Stato del profondo Sud che conosciamo oggi. Nel 1803 la Louisiana era invece un impero spopolato e indifeso che occupava l'intero bacino del Mississippi e comprendeva i seguenti Stati: Louisiana, Arkansas, Oklahoma, Missouri, South e North Dakota, Iowa, Nebraska, Kansas, Minnesota, Co| lorado, Wyoming e Montana. Un buon terzo dell'intera America settentrionale. Ricordiamo che gli inglesi avevano ottenuto tutti i territori ad Est del Mississippi al termine delle guerre franco-indiane, ma che essi erano stati ereditati dagli americani dopo la rivoluzione. Nessuno invece governava, nemmeno in teoria, gli sterminati territori ad Ovest del grande fiume, sebbene nel 1801 essi appartenessero per trattato alla Spagna. Separate da centinaia di miglia di regioni quasi inesplorate, vi sorgevano solo poche stazioni commerciali e qualche guarnigione militare. La percentuale di coloni che scelse la Louisiana fu inizialmente trascurabile, poiché anche le persone colte che risiedevano nell'Est avevano su di essa idee molto romantiche ed estremamente confuse. Nel 1801, con un trattato segreto, la Spagna cedette la Louisiana a Napoleone, a compenso delle spese sostenute per la sua difesa, Jefferson, divenuto terzo presidente degli Stati Uniti, lo venne a sapere; seppe anche che Napoleone intendeva invadere l'Inghilterra; ma quando fu informato che un contingente militare francese era sbarcato a San Domingo per domare una rivolta indigena, gli parve di intuire un rapporto sinistro fra questa iniziativa e i piani napoleonici sull'America settentrionale. Per tutta la vita, Jefferson fu infatti un'affascinante mistura fra un vero naif e un avvocato abilissimo e un po' paranoico. Quando trascorreva il tempo giocherellando con i suoi aggeggi, occupandosi del giardino o contemplando il superbo spettacolo delle montagne che circondavano Monacello, sognava il più nobile dei destini per la razza umana. Ma di fronte a un nemico, a un informatore, agli insoliti movimenti di una flotta straniera, era capace di balzare come un avvocato a fianco dei suo cliente. Seguendo sulla caria la battaglia per San Domingo, si convinse (senza turbarsene troppo) che il fiore della fanteria francese stava rapidamente appassendo per la malaria e il caldo, o era sul punto di essere reciso da Toussaint L'Ouverture, un generale negro che era un capo guerrigliero nato. Nel gennaio del 1803 Jefferson chiese dunque a Robert Livingston, allora ambasciatore americano in Francia, di trattare con Napoleone. Poi spedì in suo aiuto, come inviato straordinario (tipo Hen¬ ry Kissinger), un futuro pre- I sidente degli Stati Uniti, James Monroe. I due dovevano ' offrire a Napoleone dieci milioni di dollari per New Orleans e la Florida, o sette milioni e cinquecentomila dollari per la sola New Orleans. Se Napoleone rifiutava, bisognava almeno strappargli un diritto perpetuo di navigazione sul Mississippi. Se non fosse stato possibile ottenere neppure questo, allora Livingston avrebbe dovuto « consultarsi confidenzialmente con il governo inglese », una minaccia che Jefferson rese nota a beneficio dell'ambasciatore francese a Washington. In aprile, Livingston, che varie volte aveva tentato di avere una risposta dal ministro degli Esteri francese, decise di recarsi al ministero per l'ennesima richiesta. Incontrò per caso il vecchio Talleyrand che gli andò incontro zoppicando e gli chiese: « Cosa sareste disposti a pagare per tutta la Louisiana? ». Livingston, sorpreso, propose quattro milioni di dollari. Era troppo poco, e si ritirò in attesa dell'arrivo di Monroe. Jefferson aveva sospettato che la campagna per San Domingo non fosse che la prova generale di un'iniziativa più ambiziosa: l'occupazione effettiva del territorio della Louisiana, e in seguito degli Stati Uniti. « Il giorno in cui i francesi prenderanno possesso di New Orleans » scrisse a Livingston « saremo costretti a sposare la flotta e la nazione inglese ». Per fortuna, non ce ne fu bisogno: Napoleone aveva spedito a San Domingo trentacinquemila soldati scelti per domare una rivolta di indigeni disorganizzati, e ne aveva perduti ventiquattromila. Che speranze aveva, dunque, di conquistare un intero continente popolato di selvaggi, e di americani che combattevano allo stesso modo? San Domingo fu il Vietnam di Napoleone. Prima che Monroe mettesse piede a terra, l'imperatore aveva già venduto la Louisiana a Livingston per una cifra ridicola: sedici milioni di dollari! Un affarone Nel Cabildo di New Orleans, dove venne firmato l'atto di vendita, vi è un busto che raffigura Jefferson con un'espressione molto soddisfatta. L'iscrizione dovrebbe essere: « Qui Thomas Jefferson ridacchiò ». Infatti, sebbene il presidente degli Stati Uniti non possa concludere trattati con potenze straniere senza « il consiglio e il consenso del Senato », Jefferson aveva fatto tutto da solo. Al Congresso parlò dell'acquisto della Louisiana quando ormai l'affare era concluso. La giustificazione che fornì è un esempio di faccia tosta e di coraggio degno di un altro grande presidente, altrettanto poco rispettoso della Costituzione, Franklin Delano Roosevelt: « Questo trattato deve naturalmente essere proposto all'approvazione delle Camere... Presumo che esse faranno il loro dovere verso il Paese ratificandolo e pagando la somma pattuita... l'Esecutivo, afferrando un'opportunità efemera, ma tanto giovevole al proprio Paese, ha compiuto un atto che va oltre i poteri concessigli dalla Costituzione... E' il caso di un tutore che investe il denaro del suo protetto nell'acquisto di una bella e confinante tenuta, e che alla maggiore età può dirgli: "L'ho fatto per il tuo bene" ». Era ovviamente un atto incostituzionale. La giustificazione era quasi offensiva. Ma anche i nemici di Jefferson inghiottirono il rospo in nome di un principio tipicamente americano: era indubbiamente un buon affare. Jefferson aveva più che raddoppiato il territorio degli Stati Uniti (per l'esattezza fu un aumento del 140 per cento), con una spesa di quattro centesimi all'acro! Jefferson non perse tempo, e organizzò immediatamente una spedizione militare per misurare ed esplorare i territori ottenuti con l'acquisto. Il comando della spedizione venne affida¬ to al segretario di Jefferson, un veterano delle guerre indiane, Meriwheter Lewis, assistito da un commilitone e amico, William Clark, fratello minore di quel generale George R. Clark che era stato soprannominato il « Washington dell'Ovest ». I « due capitani » ebbero la fortuna di avere come guida Sacajawea, una ragazza indiana Shoshone di sedici anni; suo marito, un franco-canadese, avrebbe fatto da interprete, da guida e da intermediario. Nell'unico incontro con gli indiani che poteva finir male, Sacajawea si gettò Ietteraimente fra Lewis e un giovane guerriero minaccioso, che alla fine, con grande sorpresa di tutti, risultò essere suo fratello. La spedizione partì da St. Louis nella primavera del 1804 su un lungo. zatterone, ma quando giunse nel North Dakota già impiegava sei canoe e due barche a palo per spingersi in un territorio completamente ignoto ai bianchi, salvo forse a qualche sconosciuto cacciatore franco-canadese. Come sempre, gli ordini di Jefferson erano precisi e insieme molto ampi. La spedizione doveva individuare una via fluviale idonea allo sviluppo di un commercio continentale delle pellicce; studiare le tribù indiane, le loro lingue e abitudini, e comportarsi amichevolmente con esse, pur facendogli capire che erano ormai soggette al Grande padre bianco di Washington. In altre parole, a Lewis e Clark si richiedeva di fare per un intero continente inesplorato ciò che Jefferson aveva fatto nella familiare Vir¬ ginia: elencare e descrivere tutti gli uccelli, alberi, piante, fiori, pesci, condizioni climatiche e caratteristiche geologiche che avessero incontrato; tracciare mappe di tutti i fiumi dell'interno; oltrepassare la catena delle Montagne Rocciose (Jefferson credeva ancora che la catena fosse unica); raggiungere le sorgenti del Columbia; proclamare la sovranità degli Stati Uniti sull'intero continente; e infine discendere trionfalmente sino al Pacifico. Nel novembre del 1805, dopo diciotto terrìbili mesi di viaggio, i « due capitani » provavano, non v'è dubbio, emozioni e sentimenti non troppo diversi da quelli che saranno sperimentati dagli astronauti scesi per la prima volta sulla Luna. Lewis morì appena quattro anni dopo, e Clark nel 1838. Nessuno dei due sospettò mai quali ricchezze avessero donato ai loro compatrioti. Ma Sacajawea visse sino a novant'anni, diventando una vecchia signora molto amareggiata, poiché la grande spedizione aveva indubbiamente distrutto la speranza che il suo popolo sarebbe rimasto libero e indipendente sui tenitori di caccia degli antenati. Alistair Cooke