Stretta finale per Ford e Carter Risolutivo il voto degli incerti di Vittorio Zucconi

Stretta finale per Ford e Carter Risolutivo il voto degli incerti Dopodomani si apriranno i seggi elettorali Stretta finale per Ford e Carter Risolutivo il voto degli incerti Frenetici spostamenti da uno Stato all'altro (Ford ne ha visitati quattro in tre ore) a caccia degli "indecisi" - Secondo le previsioni, soltanto un soffio separerà il vincitore dallo sconfitto (Dal nostro corrispondente) Washington, 30 ottobre. In un ultimo sfoggio di statistiche, di promesse e di strette di mano, la campagna elettorale americana sta drammaticamente esaurendosi per lasciare la parola ai veri protagonisti dell'avventura politica, i votanti. Mancano 48 ore all'apertura dei seggi, che cominceranno le operazioni alle 7 del mattino di martedì, ora di Washington (le 13 italiane) per chiudere dodici ore più tardi. I due candidati maggiori, Ford e Carter, e il plotoncino dei minori — ce ne sono 35 — stanno spendendo gli ultimi soldi e le ultime energie, entrambi ■ ormai agli sgoccioli, per cat- turare quei voti che possono dar loro la più potente magi-1 | stratura del mondo o l'oblio dell'anonima provincia americana. La corsa, dopo aver tan¬ to confuso, si è fatta anche più intensa alla fine e gli ultimi sondaggi danno i candida- i ti divisi ormai da un solo | punto percentuale a favore di Carter. Queste sono le ore, diceva Franklin Roosevelt, «del terrore e della esaltazione». Su entrambi gli uomini pesa il ricordo dei 108.000 voti, sui 70 milioni espressi, che decisero per Kennedy contro Nixon, o dei 500 mila che nel '68 diedero a Nixon la rivincita contro Humphrey. Non è solo una motivazione politica, ma forse soprattutto un incubo privato, quello che ha spinto Carter ieri a ricordare all'elettorato che per pigrizia la nazione lasciò vincere il futuro presidente del Watergate nel '68: ha implorato i democratici di «non fargli fare la fine di Humphrey». In questo momento i due concorrenti sono, ha detto stasera uno dei telegiornali nazionali, «in qualche posto in mezzo all'America»: è quasi impossibile tener traccia dei loro spostamenti e le loro coordinate cambiano di ora in ora. La rotta attraverso ilPaese è frenetica fino all'esaurimento. Ford ha «battuto» dodici Stati e 100 città, cittadine e villaggi negli ultimi giorni di campagna: venerdì era alle 7 del mattino nell'Ohio, alle 8 nell'Illinois, alle 9 in Michigan, alle 10 a Brooklyn. Nuove mani, nuove facce, piazze e discorsi sempre uguali: «Per questo vi chiedo di dire, il 2 novembre: hai fat- ■ to un buon lavoro Gerry, con Unua>) è nnvariabile c^nclu. sione dei comizi fordiani E, 1 possibile che mol& le elezio. | ni americane non producano l'uomo migliore, ma sempre i lasciano emergere la più forte delle tempre. Questi ultimi giorni sono | stati una sofferenza per Car ter e una scalata emozionante ;per Ford. Il democratico ha ivisto sciogliersi un vantaggio che si credeva intoccabile e il repubblicano, in proporzioni diverse, ha visto crescere le sue chances. Oggi, i sondaggi li vedono divisi da un soffio, , un dislivello che può essere cancellato da una giornata di pioggia, una osservazione banale, un gesto sbagliato davanti alle cineprese della televisione. La tensione è tremenda e ci si chiede di che siano fatti questi uomini capaci di tali sforzi fisici e mentali. E in fatto di fibra, Ford ha già vinto. Avvantaggiato dal ruolo di più debole, e quindi convinto di non aver niente da perdere, il presidente ha lottato con aggressività. E' stata, ha detto il Christian Science Monitor «come una partita a poker dove il giocatore con più fiches si fa troppo prudente e cede progressivamente, mentre l'avversario raddoppia e rilancia con la felice incoscienza dei falliti». Le fiches sono oggi quasi uguali, trenta milioni circa per l'uno e per l'altro, con due o tre milioni che determineranno il vincitore, se l'affluenza ai seggi sarà intorno a quei 70 milioni, cinquanta per cento degli aventi diritto, previsti. Il resto sarà diviso dai candidati senza domani. Il più notevole fra i sicuri non piazzati è il vecchio senatore McCarthy, il democratico sconfìtto dalla Convention del '68 a Chicago ed oggi indipendente. I sondaggi gli danno il 5 per cento dei suffragi e se li otterrà sarà un successo di ripicca che servirà soltanto a far perdere Carter, sottraendogli quei voti di sinistra che altrimenti non ; avrebbero avuto ajelta. A Mc i Carthy, su cui pesa il rancore i , n o i . a a a n i i i , à o , a a ) del '68, poca importa, anzi piace, di poter far perdere i vecchi compagni di schieramento; ma parlare di «disciplina di partito» negli Stati Uniti è come immaginare majorettes e bande ad un congresso del pcus. Ci sono poi tra i concorrenti senza chances il comunista, Gus Hall, il candidato stabile di questo partito che nel '72 ottenne 25 mila voti. Ci sono poi i tre socialisti, tra cui il più interessante è Camejo, trotzkysta (possibili 60 mila voti). Ci sono McBride, del partito libertario che vuol distruggere il governo, ma per restaurare le libertà dei padri fondatori, Maddox, il georgiano che fu sconfitto da Carter nella corsa per il governatorato ed è famoso per il suo razzismo, il concorrente del partito proibizionista che non si rassegna alla storia e alle bottiglie di liquore, Forse, vi sono personaggi più occupati di Carter e Ford in queste ultime ore: sono i «pollsters», gli scandagliatori di opinione indipendenti, al servizio dei candidati. I «pollsters» devono decidere dove usare il poco tempo e i pochissimi soldi rimasti dei 25 milioni di dollari — oltre venti miliardi di lire — che costituivano la dote iniziale identica per Ford e Carter, secondo la legge. Il presidente ha amministrato da formica i suoi soldi e ancora dispone di qualche centinaio di milioni da giocare sugli Stati indecisi. Carter, la cicala nei primi giorni di campagna, è quasi a secco e deve contare sugli strumenti tradizionali di mobilitazione, primi fra tutti i sindacati. Gli specialisti, cioè coloro che quest'anno hanno sbagliato quasi tutte le previsioni, ignorando Carter, poi sottovai lutando Reagan, infine dando ' Ford per spacciato, individuano, forse correttamente questa volta, alcuni Stati come determinanti. Se Carter si assicurerà il Sud e Ford il «suo» Mid-West, la partita si giocherà nel Nord e Nord-Est industriale (New York, Pennsylvania, Connecticut, New Jersey, Illinois), nella Florida, che è geograficamente a Sud ma è popolata di pensionati nordisti, nel Texas e nel West. E' possibile addirittura che i due candidati arrivùio testa a testa all'ultimo spoglio, che è la California, tre ore «indietro» rispetto all'Est, ed appare favorevole a Ford. Per questo si dice che Carter vincerà subito o non vincerà più perché gli ultimi voti ad essere contati, quelli, del lontano West, sembrano già destinati a Ford. Si ricordi comunque che non è il voto popolare quello che elegge il presidente, ma i cosiddetti voti «elettorali»: ogni Stato ha a disposizione un numero fisso di questi voti elettorali, stabiliti in base alla popolazione, dal massimo di 45 per la California al minimo di 3 per l'Alaska, e assegnati a chi ottiene la maggioranza dei suffragi in quello Stato. E' teoricamente possibile, accadde già nel 1888, che un presidente sia eletto con meno voti popolari dello sconfitto. Vittorio Zucconi

Persone citate: Carter Risolutivo, Carthy, Franklin Roosevelt, Kennedy, Maddox, Nixon