Assalto alla Dalmine, un bandito ucciso Un operaio lo riconosce: "È mio figlio" di Ugo Guadalaxara

Assalto alla Dalmine, un bandito ucciso Un operaio lo riconosce: "È mio figlio"Bergamo: pagavano gli stipendi, il colpo ha fruttato venti milioni Assalto alla Dalmine, un bandito ucciso Un operaio lo riconosce: "È mio figlio" Il giovane, 26 anni, durante il conflitto a fuoco con i carabinieri è stato raggiunto da due proiettili - Fuggiti i tre complici col bottino - I banditi entrati nello stabilimento con i dipendenti che andavano a incassare la busta paga (Dal nostro corrispondente) i Bergamo, 28 ottobre. Un bandito, che con due ; complici aveva dato l'assalto j alla banca situata nell'interno del complesso degli stabili-1 menti della Dalmine (e che ■ serve esclusivamente alla so- ; cietà e ai dipendenti), è stato j ucciso durante la fuga nel conflitto a fuoco con i carabi-1 nieri e un vigile urbano. E' I stato identificato: Giovanni i Gerotti, 26 anni, celibe, domi- j ciliato nello stesso paese di Dalmine, da tempo noto ai carabinieri che lo avevano più | volte denunciato per rapine, furti e altri reati minori. La rapina doveva essere stata studiata accuratamente. Il padre del giovane ucciso lavora negli stabilimenti della Dalmine da ventiquattro anni e conosce perfettamente l'ambiente e le consuetudini. E' chiaro che in casa ne parlava e il Aglio ha sfruttato, a sua insaputa, quelle informazioni. Quattro i banditi responsabili del colpo. Sono giunti davanti alla Dalmine poco dopo le 11, su una «Alfetta» rubata, sulla quale avevano fissato targhe di cartone. Uno è rimasto al volante, gli altri, che indossavano tute e passamontagna, sono riusciti a introdursi nello stabilimento nascondendo le armi, due pistole e un mitra. Come abbiamo potuto superare i cancelli eludendo il controllo dei guardiani, è ancora al vaglio degli inquirenti. Pare avessero dei lasciapassare falsificati. Entrati nel reparto della direzione e degli uffici, si sono diretti all'agenzia che la Banca Popolare di Bergamo ha aperto appositamente per la società e per i dipendenti. Oggi alla Dalmine era giorno di paga per i circa settemila lavoratori. Gli stipendi, comunque (e questo Giovanni Gerotti lo doveva sapere bene), sarebbero stati pagati soltanto a mezzogiorno, in un altro reparto e, soprattutto, non in denaro contante ma in assegni. Già prima del loro ingresso nell'agenzia, cioè nel percorrere i corridoi, i banditi hanno impugnato le armi minacciando tre operai di passaggio. Quando hanno fatto irruzione nella banca, vi erano due impiegati e tre dipendenti della società. Uno dei banditi ha spaccato la vetrata divisoria con una specie di mazza, un altro ha scavalcato il bancone, ha picchiato uno degli impiegati e si è impadronito dei soldi che si trovavano nella cassaforte e in alcuni cassetti: quasi 20 milioni. I banditi sono qundi fuggiti tenendo sotto la minaccia delle armi quanti incontravano nei corridoi e nel cortile, ma all'uscita non hanno però trovato l'tcAlfetta» con il complice. Infatti nella zona era in servizio un vigile urbano, Franco Girelli, e il bandito con l'auto si è allontanato. I tre banditi, usciti dalla Dalmine, non si sono persi d'animo. Sempre con le armi in pugno, hanno bloccato un'auto in transito. Era una «Simca» guidata da Venanzio Riboli: l'uomo è stato afferrato per il petto, trascinato giù dalla vettura dove poi sono saliti i rapinatori che si sono allontanati. Il vigile, che si trovava poco distante, li ha visti e ha sparato alcuni colpi di pistola. Sono arrivati i carabinieri ed è iniziato l'inseguimento per bloccare i banditi che hanno tentato di nascondersi imboccando la strada che porta dietro gli stabilimenti stessi. I carabinieri e il vigile, che era salito sulla loro camionetta, non li hanno persi di vista. I rapinatori nel timore di essere raggiunti, hanno sparato alcuni colpi e i militari hanno risposto al fuoco. La «Simca» che continuava la sua folle corsa, all'improvviso ha rallentato fino a fermarsi, due dei tre occupanti sono saltati a terra e sono poi balzati sull'«Alfetta» del complice. Sulla «Simca» è rimasto Gerotti, ucciso da due colpi di pistola. Tra le gambe teneva una pistola ormai scarica, dietro ce n'era un'altra, rimasta pure senza munizioni. In un calzino del giovane erano nascoste 120 mila lire, un anello e un orologio. II padre di Giovanni Gerotti è corso, come molti altri dipendenti della «Dalmine» verso l'auto abbandonata dai banditi sulla quale era rimasto colpito a morte imo di essi. Quando ha potuto scorgere da vicino il volto del rapinatore riverso sul sedile anteriore dell'auto, ha urlato: «Questo è mio figlio, non è possibile che faccia il bandito. E' sempre stato un bravo ragazzo». Poi è stato colto da malore e accompagnato nell'infermeria della fabbrica. Ugo Guadalaxara Dalmine. Giovanni Gerotti, ucciso dai carabinieri (Ap)

Persone citate: Franco Girelli, Giovanni Gerotti, Pare, Venanzio Riboli

Luoghi citati: Bergamo