Navazio, uno degli evasi di Lecce è stato catturato sui tetti a Torino di Renato Rizzo

Navazio, uno degli evasi di Lecce è stato catturato sui tetti a Torino Era fuggito il 20 agosto con otto detenuti, fra cui Mesina Navazio, uno degli evasi di Lecce è stato catturato sui tetti a Torino Bloccato sopra un appartamento, al quinto piano, preso in affitto dal padre - Aveva cominciato la "carriera" uccidendo la cognata - Restano in libertà Mesina, Caiati e Zicchitella E' finita con un rocambolesco arresto, l'altra notte a Torino, la lunga fuga di Gerardo Navazio, uno dei presunti capi dei Nap evaso il 20 agosto con otto compagni dal carcere di Lecce: è stato bloccato dalla polizia mentre tenta "a di raggiungere i tetti da un balcone al quinto piano di via Tunisi ÙR. Inquadrato dalle fotoelettriche, zuppo di pioggia, le mani artigliate al cornicione, il nappista ha gridato agli agenti che già avevano esploso qualche colpo di pistola a scopo intimidatorio: «Non sparate, mi arrendo, sono disarmato». Con questa cattura i carcerati ancora latitanti dopo la fuga dalla prigione pugliese sono scesi a tre: Graziano Mesina, Tommaso Caiati e Martino Zicchitella. Tre nomi, tre storie di violenza e di sangue. Quella di Gerardo Navazio comincia nel novembre del '65 ad Asti. Il giovane — aveva 23 anni — è ospite del fratello e della cognata, dopo l'infanzia trascorsa a Melfi in provincia di Potenza. Le cronache di allora lo descrivono brutale, focoso, sempre pronto alla minaccia e alla violenza: «Lavora poco e male, non sa tenersi un posto», dicono di lui i conoscenti. La sua violenza esplode, tremenda, la sera del 14 novembre. Gerardo entra con la pistola in pugno nella camera della cognata approfittando dell'assenza del fratello, la donna tenta di allontanarlo ma lui è come in preda ad una crisi di follia, si chiude la porta alle spalle, urla che vuole uccidere tutti. E, poco dopo, vuota il caricatore nella schiena della giovane che tenta di fuggire, e ferisce ad un occhio la nipote. Si dà alla macchia, verrà catturato la stessa notte alla stazione di Alessandria, in tasca gli troveranno l'arma del delitto, venticinque proiettili ed un coltello a serramanico. Dopo la condanna a 23 anni per omicidio «gira» parecchie prigioni. A Lecce conosce Mesina e Zicchitella, qualcuno dice che fosse l'aiutante in prima di «Grazianeddu». Insieme al bandito sardo, ai suoi «fedeli» e ad elementi che si dichiarano «detenuti politici appartenenti ai Nuclei armati proletari», organizza l'evasione. Riesce a far perdere le proprie tracce, ma la polizia controlla parenti ed amici. In seguito a questi pedinamenti e alle indagini dirette dal capo della Criminalpol, Montesano, dal capo dell'ufficio politico, Fiorello, e da quello del servizio di sicurezza, Criscuolo, in collaborazione con la questura di Asti, si scopre che il mese scorso il padre di Navazio, Gerardo, 72 anni, ha affittato un miniappartamento in via Tunisi. Stanze vuote, non un mobile, nessun inquilino. Di sospetto, un particolare: l'uomo ed una figlia, Maria di 30 anni, vi si recano spesso, apparentemente senza nessuna ragione. Rimangono nell'alloggio pochi minuti, poi tornano a casa. Agli agenti che osservano, nascosti nelle case vicine o travestiti, non sfugge che la donna porta al braccio ogni volta una cesta in vimini colma di piatti e scatolette. «Un quantitativo esagerato per una sola persona — dicono oggi gli inquirenti — al punto che pensavamo ci fosse con Navazio anche qualche altro complice». L'altra sera, l'irruzione. Sono da poco passate le 22: il vicequestore Montesano con i suoi uomini e gli altri funzionari suonano il campanello. Nessuna risposta. Gli agenti abbattono la porta, sciamano, pistola in pugno, all'interno: tutte le camere sono deserte. Montesano va sul balcone, le fotoelettriche frugano nel buio sciabolando finestre e tetti. D'improvviso, ecco Navazio: è aggrappato al cornicione, tenta di issarsi. Il capo della Criminalpol lo raggiunge sotto la pioggia, mentre altiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiniiiii cuni poliziotti esplodono in aria colpi di pistola. «Mi arrendo, non ho armi» grida l'evaso e si lascia ammanettare. In un angolo dell'alloggio, c'è una valigia pronta. Dirà più tardi Nava¬ zio: «Ho saputo dalla televisione dell'arresto di Bellicini a Roma. Volevo fuggire prima che potessero risalire, tramite lui, al mio nascondiglio». Renato Rizzo Gerardo Navazio, arrestato (Foto Alessandro Bosio)

Luoghi citati: Alessandria, Asti, Lecce, Potenza, Roma, Torino