La storia dell'uomo nel "Coro,, di Berio di Massimo Mila

La storia dell'uomo nel "Coro,, di Berio A Venezia per la Biennale-musica La storia dell'uomo nel "Coro,, di Berio (Dal nostro inviato speciale) Venezia, 28 ottobre. L'antica passione di Luciano Berio per il canto popolare finalmente ha fatto centro. Non ci era riuscita coi pur fortunatissimi Folk Songs, che restano sul piano della trascrizione, e meno che mai con Questo vuol dire che, per nulla fortunato. Ma perché il compositore riuscisse a portare a buon fine questo amore travagliato e musicalmen. te non corrisposto, c'è voluta una ben singolare condizione: che il secondo termine della relazione — il canto popolare — si tirasse da parte e letteralmente sparisse. Coro — la composizione per voci e orchestra che l'orchestra e il coro del WestDeutscher Rundfunk di Colonia, bravissimi, hanno portato a Venezia, sotto la direzione dell'autore, subito dopo il successo riportato dalla «prima» assoluta al festival di Donaueschingen — è un lavoro nel quale non si sentono melodie popolari, salvo un paio di casi. (Tanto assicura l'autore; per conto nostro non siamo riusciti a individuarne che uno). Coro — dice l'autore — è «una antologia di modi diversi di "mettere in musica"»; ed effettivamente accade che nei ventinove episodi di cui è composto lo stesso testo ricorra talvolta con musiche diverse. Ma la definizione esatta di Coro è questa: un'antologia dei modi di cantare nel mondo e nel corso della storia, un'antologia di canti solistici e corali, semplici e ornati, lineari e polifonici. Antologia di tutti i modi di cantare mai usati dall'uomo, salvo quello melodrammatico, dal Lied al coro, dal gregoriano al trobadorico, dalla polifonia rinascimentale all'eterofonia africana di voci quasi liberamente disputanti in una specie di rissoso Sprechgesong collettivo. In questo caso, come nei due citati dall'autore, si può parlare di canto popolare, certo, ma sempre ricreato nel fuoco dell'invenzione personale. In un lavoro di questo tipo, della durata ininterrotta di quasi un'ora, il segno ammirevole della riuscita sta nella continuità e omogeneità d'un discorso dove fluiscono elementi così disparati, la bravura straordinaria delle congiunzioni, della concatenazione tra l'uno e l'altro pezzo. I testi sono ben disposti secondo un elaborato ordine intellettuale, dove i versi delle canzoni (questi sì, popolari e autentici, di varia provenienza: Perù, Polinesia, indiani Sioux, Venezia, Como, Piemonte, Gabon, Persia, Jugoslavia) si alternano periodicamente coi versi di una poesia di Neruda (Resistendo en la tierra), e secondo l'autore questo deve stabilire «due livelli diversi ma complementari: quello dei documenti popolari, su temi d'amore e di lavoro, e quello di Pablo Neruda che pone quell'amore e quel lavoro in prospettiva». Ma sappiamo benissimo come questi propositi strutturali possano restare il più delle volte sul piano di buone intenzioni formulate nel programma, e prive di qualsiasi attuazione nella realtà musicale dell'opera. Invece la riuscita di Coro consiste nella fusione straordinaria, sul piano dell'ascolto musicale, di settori apparentemente eterogenei. L'elemento coordinante, il comune denominatore è l'idea stessa di canto: il canto inteso come mezzo secolare di espressione dell'uomo, strumento e segno di civiltà, in tutte le epoche della sua storia e sotto tutte le latitudini. Coro è la riflessione antropo¬ logica di un musicista sulla storia dell'uomo. Ma l'importante è che invece di essere restata allo stiito intellettualistico di progetto strutturale, questa riflessione si è tradotta in termini di piena riuscita musicale. Coro è uno dei bei lavori del nostro tempo: il suo ascolto e un piacere, cosa che non guasta, ed è una continua sollecitazione intellettuale; nonostante la lunghezza non offre mai il destro a un cedimento dell'attenzione. Ci sarà certamente chi lo giudicherà conformistico, regressivo; ci sarà chi si divertirà a trovarvi tracce dell'amato Strawinsky (la vocalità tenorile del n. 13, su un canto peruviano, fa pensare a quella dell'Oedipus Rex, perché l'arcaismo è il luogo d'incontro dell'una e dell'altra formulazione). Non è la prima volta che l'arte di Berio mostra di essere finalmente uscita dagli affanni dello sperimentalismo. Le doglie del parto non sono eterne, per fortuna: a un certo punto finiscono, e deve pur nascere il bambino. Il lavoro e l'autore-direttore, e gii ottimi elementi coloniensi — mescolati a coppie di voce e strumento in una topografia inedita dell'orchestra — sono stati1 applauditi a lungo dal pubblico assai numeroso che la nuova Biennale riesce innegabilmente ad attrarre alla musica moderna, forse con la sua nuova impostazione ideologica, ma soprattutto con l'accorta politica dei bassi prezzi. Massimo Mila

Persone citate: Berio, Luciano Berio, Neruda, Pablo Neruda, Strawinsky