Brasile forte e incerto di Francesco Rosso

Brasile forte e incerto VIAGGIO TRA I GOVERNI MILITARI DEL SUDAMERICA Brasile forte e incerto E' la più solida potenza del Continente - Ma i generali debbono affrontare, con le difficoltà economiche, anche il malcontento dei gruppi conservatori - Il regime è diventato meno duro, la libertà resta lontana (Dal nostro inviato speciale) Rio de Janeiro, ottobre. Nemmeno i generali brasiliani andranno in paradiso, e non solo perché un settore del clero cattolico, piuttosto limitato, gli neghi l'assoluzione, ma per la dilagante ostilità di ceti sociali che nell'aprile del 1964, alla cacciata di Joan Goulart, presidente regolarmente eletto, videro nella giunta militare che aveva fatto il golpe la salvezza della patria e del loro benessere minaccialo da un'inflazione divorante e da non improbabili nazionalizzazioni. I militari brasiliani, si disse, sono golpisti, abituati a intervenire come «elemento moderatore» nella vita politica del Paese, ma sono ar.che preparati a gestire, il governo, escono da quella scuola di guerra, qui definita «la Sorbona», che li educa alle discipline militari, politiche, culturali con identico rigore. Con loro si può esser certi di non subire le sbandate a destra od a sinistra, non hanno clienti da tener buoni, in genere sono onesti, amministrano la cosa pubblica con mani pulite, o quasi. Privano il Paese della libertà, impongono la censura, lasciano mano libera ai «falchi» ed agli «squadroni della morte» per eliminare gli avversari, ma qualche sacrificio bisogna pur sopportarlo, pareva si dicessero molti brasiliani, per rimettere un po' d'ordine in casa nostra. Da allora sono passati dodici anni e molti umori sono mutati nel Brasile. Lo si è veduto ai funerali di Juscelino Kubitschek, centomila brasiliani accorsero da tutto il Paese a Brasilia non tanto per rendere omaggio alla salma dell'ex presidente che aveva creato dal nulla la più nuovi capitale del mondo, ma per dimostrare la propria ostilità ai militari, che avevano sempre osteggiato Juscelino, fino a imprigionarlo per peculato (illeciti arricchimenti nella costruzione di Brasilia). Le masse popolari sono incostanti nei loro convincimenti politici, ed i brasiliani non fanno eccezione, ma per giustificare ur. così profondo e radicale mutamento dev'essere accaduto qualcosa che vale la pena di studiare. Dopo un boom economico esaltante, il Brasile sta attra versando un periodo di crisi tra le più gravi della sua storia, ed anche se l'inflazione è contenuta in limiti tollerabili, i debiti con l'estero continuano a salire vertiginosamente per gli aumentati costi del petrolio. Una delle cause del malcontento deri¬ va proprio da ciò, e la si avverte nelle classi medio-alte, cui è stato imposto un tenore di vita più austero. I prezzi sulle merci importate, specie quelle di lusso, sono gravati da dazi che superano anche il cento per cento; per poter importare, i commercianti devono depositare in banca somme equivalenti al cento per cento delle importazioni, vincolate per sei mesi, senza interesse. Poi, c'è la limitazione delle somme esportabili; niente dollari, pochi cruzeiros. Una delle cause del malumore contro la giunta militare è questa, e non è delle minori; sovente, in un Paese pesano di più i piccoli fastidi di quelli che dovrebbero veramente preoccupare. Altra causa di malumore, il nazionalismo esasperato dei brasiliani. Quando fu scoperto il petrolio nelle vicinanze di Bahia, tutto il Paese insorse al grido «O petroleo é nosso», il petrolio è nostro. Fu creata la Petrobras, una specie di Eni che aveva il dominio assoluto del mercato interno. La Petrobras divenne un gigante burocratico che finì per disinteressarsi totalmente delle prospezioni e delle ricerche, l'importante era che a tali ricerche non partecipassero compagnie straniere. Giunto alla presidenza della repubblica, il gen. Geisei usò la lancia termica, sbaraccò gran parte della burocrazia della Petrobras aprendo alle compagnie straniere il mercato delle prospezioni e delle ricerche. I nazionalisti Tutti, ricchi e poveri, gli gridarono traditore, avrebbero preferito lasciare il petrolio sotto terra piuttosto di vedere compagnie straniere lavorare sul sacro suolo della patria. Ernesto Gmsel tenne duro, sfidò l'impopolarità, cercando però di tenersi un po' lontano dall'abbraccio troppo vincolante ed interessato degli Stati Uniti; infatti, alle ricerche petrolifere, partecipano numerose multinazionali europee e asiatiche. Ma il ritrovamento del petrolio può avvenire o no, quindi bisogna trovare fonti di energia alternative. E qui scoppia la guerra dell'uranio; il Brasile, che pare sia molto ricco del prezioso minerale, si rivolge alla Germania Federale con gran dispetto degli Stati Uniti. Si vuol vedere in questa prefelenza, gli antichi legami del presidente con la patria d'origine. Suo padre, pastore protestante, è emigrato in Brasile all'inizio del secolo, in tempo perché il figlio Ernesto nascesse qui ed avesse poi il diritto di diventare presidente; come puntualmente avvenne. Ernesto Geisei non accettò la polemica, egli è brasiliano, e basta. Scelse la Germania Federale perché il suo metodo di arricchire l'uranio pare meno costoso di quello francese, o americano. Così anche il Brasile avrà le sve otto centrali atomiche, forse qualcuna di più. Due sono già costruite, altre due sono a mezza strada, le rimanenti quattro non tarderanno. Trovi o no il petrolio, dicono qui, il Brasile si è garantito fonti di energia alternative, prima con le grandi centrali idroelettriche sui fiumi Paraguay e San Francisco, poi con le eentrali termonucleari, quindi col metano che'otterrà dalla Bolivia; iì metanodotto, di marca italiana, è già in costruzione. Tutto ciò non è bastato a dare un po' di quiete all'interno, si reclama maggiore libertà, il ritorno alla democrazia, libere elezioni. La giunta ha accettato in parte le proposte dei due partiti, la Arena (Alleanza per il rinnovamento nazionale) governativo, e l'Mdb (Movimento democratico brasiliano) d'opposizione, ed ha indetto elezioni amministrative per il prossimo novembre. Ci saranno? Alcuni ne du¬ bitano; attentati alla bomba nelle grandi città, suggeriti (si dice) dalle autorità, potrebbero essere il pretesto ! per inviare la elezione dei ! sindaci e delle giunte in città e paesi, elezioni che po- \ trebberò diventare l'anticamera di quelle politiche, che i generali non intendono consentire. Fino a qualche tempo addietro il presidente Ernesto Geisel, nei suoi discorsi, affrontava volentieri il problema delle elezioni politiche, e lasciava capire che egli non ne era contrario; ma c'è stato poi un brusco arresto nelle sue aperture democratiche, coinciso stranamente con un attenuarsi della violenza politica, delle torture, di un rallentamento nell'attività degli «squadroni della morte». Chi scompariva E' stata una specie di ricatto, mi dicono amici brasiliani; i generali che comandano davvero hanno detto a Geisel: tu la smetti di parlare di democrazia e noi lasciamo perdere arresti e torture. Così pare sia avvenuto, anzi, il presidente Geisel ha ottenuto la defenestrazione del generale Eduardo Almeide de Melo, considerato il più feroce persecutore di guerriglieri oppositori, ed è stato un suo successo perso¬ nale, ma con quali risultati? I giornali non sono più sottoposti a censura, è vero, e possono esprimersi con una certa libertà, specie sugli avvenimenti esteri. Battono dove possono, ma con cautela, per non farsi chiudere la testata. Contro la polizia, ad esempio, sono feroci, non le risparmiano i colpi. A leggere i giornali brasiliani, i cittadini onesti hanno più da temere dalla polizia che dai ladri. I macabri «squadroni della, morte» erano composti quasi esclusivamente da poliziotti, che uccidevano con la certezza dell'impunità dando un colore politico ai loro delitti mentre in realtà era, quasi sempre, un regolamento di conti fra malfattcrri, poliziotti compresi. In Brasile lo habeas corpus non esiste, la polizia non ha il dovere di denunciare chi ha arrestato e per quale motivo. La gente scompariva per riapparire il giorno dopo allungata in un fosso, o su un marciapiede, con un po' di proiettili in corpo. Ci furono casi di gruppi di persone arrestate caricate su natanti, portate al largo, e buttate nell'Oceano Atlantico. Oggi, casi del genere sono molto meno frequenti, e di quei pochi la stampa dà notizia. Dal disordine interno, la situazione proietta i suoi risvolti all'esterno, su un continente devastato dalla violenza e dai nazionalismi. Il Brasile, oltre che il più popoloso, è anche il Paese militarmente più forte del Sud America. Si dice che quando i tupamaros erano sul punto di realizzare davvero la loro rivoluzione in Uruguay, le truppe brasiliane fossero ammassate alla frontiera pronte ad intervenire per «ristabilire l'ordine». E' chiaro che il Brasile non vuole regimi di sinistra nel continente australe, ed è disposto a intervenire direttamente per «rimettere ordine». Quanto ha influito la sua politica nel golpe cileno di Pinochet? Ecco un interrogativo che pochi si sono posti. Il Brasile è una grossa potenza militare che ha dinanzi a sé un vuoto quasi totale; con una spallata potrebbe rovesciare governi sgraditi e appoggiare giunte militari gradite. Per questo i Paesi confinanti hanno paura; il giorno in cui avesse l'atomica, e ci arriverà, visto che c'è arrivata l'India, dovranno tremare anche i Paesi un po' più defilati, come il democratico Venezuela, ad esempio. Francesco Rosso Rio de Janeiro. Una sfilata della polizia (Credit Photo)

Persone citate: Ernesto Geisei, Ernesto Geisel, Ernesto Gmsel, Geisel, Joan Goulart, Melo, Pinochet