Troppa fatica o troppo poca?
Troppa fatica o troppo poca? INCIDENTI DI GIOCO ED I LORO PERCHE' 1 IL TATTO IKNiCOf Troppa fatica o troppo poca? Bellugi, Pecei, Rocca, Claudio Sala, Cereser, D'Amico e Re Cecconi: la lista degli infortunati in serie A è più lunga, ma basterebbero già questi nomi dopo tre giornate di campionato. Pochi di questi infortuni — escluso quello toccato a Pecci — sono stati di chiara origine traumatica, uno (Rocca) è avvenuto addirittura durante un « innocuo » palleggio in allenamento, un altro (Sala) al primo affondo in partita. Diverse le cause, ma c'è egualmente la tendenza a fare un fascio, a trovare « soluzioni globali » al perché già tanti giocatori, e di primo piano, sono fuori uso e per lungo tempo dopo le prime gare di campionato. Ma è pur vero che anche distinguendo i singoli casi, non si trovano spiegazioni del tutto soddisfacenti: per l'incidente toccato a Claudio Sala si può lanciare il dubbio di un « riscaldamento muscolare » non sufficiente (va bene che in Svezia faceva freddo, ma se a Malmoe i granata sono andati in campo mezz'ora prima del match per scatti e tiri, perché non fare altrettanto sui nostri campi convincendo il pubblico di questa necessità?) Si parla già di fatica; di muscoli, tendini e legamenti che non reggono a sollecitazioni. Ci sembra francamente presto: Lazio, Roma e Bologna non hanno neppure avuto il « di più » rappresentato dagli impegni di Coppa. Si fa cenno a gare di campionato troppo dure per atleti che non sono ancora preparati ad affrontarle. Sembra difficile sostenere questa tesi, non solo perché è passato molto tempo ormai (tre mesi abbondanti) dall'Inizio della prepara¬ zione, ma anche alla luce dell'aumentato lavoro durante gli allenamenti, specie nei sodalizi guidati da tecnici giovani i quali pensano che il calcio italiano possa dare di più sul piano atletico. E' probabile, semmai, che proprio la preparazione più accurata, insistita, renda i giocatori più sicuri in se stessi, più forti, li induca a tentare azioni e movimenti che altrimenti non cercherebbero di eseguire. E' una tesi che viaggia sul filo del rasoio, che presta anch'essa il fianco ad appunti, ma se è arduo trovare il « perché » esatto è indubbio che la spiegazione sia da cercarsi proprio in questo nuovo rapporto fra lavoro settimanale e partita, un rapporto che è una novità per molti (per molti calciatori i nuovi metodi di preparazione sono nuovi: quelli di Vinicio alla Lazio, per esempio). In ogni caso, non è facendo passi indietro che si arriva a ridurre le possibilità di incidenti. Il calcio moderno necessita di atleti sempre più preparati. Semmai occorre che gli staff medici dei club lavorino a livello professionistico (non tutti lo tanno, il problema non è neppure di facile soluzione, il medico a tempo pieno chiede un « ingaggio » pari o almeno vicino a tutti i guadagni « extra » che perde) e sempre più vicini all'allenatore, che i giocatori si convincano che solo la fatica della settimana rende più lieve quella delia domenica. Di certo i carichi di lavoro per i calciatori italiani non sono arrivati a livelli da provocare « rotture ». Semmai sono ancora da aumentare. b. p.
Persone citate: Bellugi, Cereser, Claudio Sala, D'amico, Pecci, Re Cecconi, Rocca
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