Richiesti due ergastoli per i fatti di Argelato di Vincenzo Tessandori

Richiesti due ergastoli per i fatti di Argelato Emozionato il p. m. nella requisitoria Richiesti due ergastoli per i fatti di Argelato (Dal nostro inviato speciale) Bologna, 25 ottobre. Dice il rappresentante dell'accusa pubblica con la voce rotta dall'emozione: «Il conto che presenteremo alla giustizia è un conto amaro e serio, perché questo che voi dovete giudicare è il fatto più grave degli ultimi anni accaduto dalle nostre parti». Sono le 13,50 e da quasi quattro ore il pubblico ministero Luigi Persico ha iniziato l'arringa nell'aula dell'assise bolognese per il processo sui «fatti di Argelato». Ha elencato reati, li ha illustrati, non ha negato la politicità del fatto; mai comunque il tono della sua voce è apparso freddo, impersona¬ le. Nella sua mente è rimasto vivo, ed è ancora capace di procurare emozione, il ricordo di quel tragico mattino del dicembre di due anni fa, quando accorse fra i primi sul luogo della sparatoria nella quale cadde ucciso il brigadiere dei carabinieri Lombardini. Fa le sue richieste, dopo aver suggerito alla corte la concessione delle attenuanti generiche per alcuni imputati. Un conto pesante, dunque: ergastolo per Ernesto Rinaldi, «esecutore e mitragliatore» e per Franco Franciosi «il capo»; trent'anni per Stefano Cavina e Claudio Bartolini, e identica pena per la latitante Marzia Lelli; ventiquattro anni e mezzo per Claudio Vicinelli; vent'anni per Stefano Bonora. Sono tutti ritenuti responsabili di concorso nell'omicidio del sottufficiale, nell'associazione per delinquere, nella tentata rapina allo zuccherificio di Argelato. Le dichiarazioni rese da Vicinelli e Bonora, venate di un misto di rimorso e dolore, ha sostenuto il p.m., non potevano non essere prese in considerazione. «Quando, ascoltato in questura, Vicinelli fu informato che nella stanza vicina c'erano i genitori disse: "Chiamatemi il giudice, devo dirgli che non ho sparato io". E Bonora: "Ai miei devo raccontarlo io, sennò ne moriranno" ». Inoltre, secondo il pubblico ministero, l'autista del gruppo «prima del giudizio si è anche adoperato spontaneamente ed efficacemente per attenuare le conseguenze dannose o pericolose del reato ». Non esistono motivi per una richiesta di particolare clemenza per Cavina, Bartolini e Lelli, che pure erano su un'altra auto, lontani dal furgone bloccato dalla pattuglia dei carabinieri, e «non può essere che una, l'ergastolo, la richiesla per Franciosi e Rinaldi ». Il profilo del gruppo dei giovani «autonomi» ha occupato la prima metà della requisitoria. Una confraternita assai discutibile, ha ricordato Persico, tanto che Bruno Valli, arrivato da Varese per partecipare all'«esproprio», prima di uccidersi nel carcere di Modena commentò amaramente: «Se avessi saputo che gli altri erano così non sarei venuto ». Persico non ha insistito troppo sull'aspetto politico della questione come invece aveva fatto il rappresentante di parte civile, avvocato Accreman, ex deputato del pei, rappresentante dei fratelli di Lombardini. Il pubblico accusatore ha sottolineato come per questo dibattimento vi sia stato «il quasi totale disinteresse della città di Bologna. Questo popolo è convinto che certi discorsi siano stati chiusi e non viene in aula, ma sta lontano a lavorare». L'azione del gruppo ha ignorato anche il monito di Che Guevara: «Nessuna guerriglia può vincere senza l'appoggio del popolo». Ancora: «Troppo facile dire che costoro volevano soltanto giocare. Non vorrei che ciò che hanno fatto vi venisse presentato, giudici, in termini di giovanilismi studenteschi». Gli imputati, per il p.m., sono giovani «indubbiamente frustrati», non inseriti, che sentono prepotentemente il contrasto con la realtà che li circonda. Tutto, secondo il rappresentante dell'accusa pubblica, in quel nebbioso mattino di dicembre, era stato preparato per il colpo, per Inazione militare». Per questo fra le armi si trovava il micidiale Sten. «Si doveva rispondere al primo comandamento della guerriglia urbana: non far prigionieri, non scoprire l'organizzazione, non perdere le armi del gruppo. Se si fossero incontrate le forze dell'ordine si doveva far fuoco ». Ma come si svolse la tragi- j} ca sparatoria? «Occorre restare alla ricostruzione iniziale — ha ammonito il dottor Persico —; dal confronto critico} di tutte le risultanze dibattimentali non solo la corte può ricavare la tranquillante certezza morale che Andrea Lombardini sia stato ucciso da una raffica del mitra impugnato da Rinaldi, ma che mai vi sia stato ingiustificato uso delle armi da parte dei militari». Vincenzo Tessandori noSgladdmmnttssdcdrisvamtpsssptgms li brigadiere Lombardini

Luoghi citati: Argelato, Bologna, Modena, Varese