La lira (senza ombrello) è scesa, ma non crollata di Natale Gilio

La lira (senza ombrello) è scesa, ma non crollata Da ieri abolita l'imposta del 10% sugli acquisti di valuta La lira (senza ombrello) è scesa, ma non crollata 11 dollaro ha quotato 871 lire, contro le 844 di venerdì - La Banca d'Italia ha speso 550 milioni di dollari? Roma, 18 ottobre. Il momento della verità ha mostrato tutte le « intrinseche debolezze » dell'economia italiana e della moneta che ne è il riflesso. Poteva andare peggio, ma certo non è andata bene. La lira, presentatasi all'appuntamento del mercato priva della protezione dell'imposta del 10 per cento sugli acquisti di valuta (imposta che di fatto aveva isolato il mercato per 15 giorni), ha subito ceduto perdendo 26 punti rispetto al dollaro e posizioni, in alcuni casi altrettanto rimarchevoli, nei confronti delle altre monete. Al fixing la moneta americana è stata quotata 871 lire contro le 844 di venerdì scorso; il franco svizzero 354,37 contro 343,96; il marco 356,77 contro 345,25; la sterlina 1440, contro 1395; il franco francese 173,80 contro 168,87. I coefficienti ponderati di deprezzamento registrano, rispetto al dollaro, il 33,22 % (venerdì, 31,17%); rispetto alle valute della Cee, del 39,43 per cento (31,52%) e sulle valute di cambio ordinario del 35,75 % (33,72 %). Per avere una dimensione esatta della situazione odierna occorre tener conto che solo una parte della domanda accumulatasi nei giorni del « congelamento » si è presentata sul mercato. Nonostante ciò, la nostra moneta è scesa velocemente riportandosi sulle quotazioni del primo ottobre, quando si ritenne di isolare il mercato introducendo l'imposta sugli acquisti di valuta. Il confronto delle quotazioni non va fatto con quelle della scorsa settimana, ma, appunto, con quelle registrate all'inizio del mese. A quella data il dollaro quotava 872,90 e il governo per evitare una ulteriore caduta del cambio, introdusse d'urgenza drastiche misure di contenimento. L'ombrello di protezione della lira fu successivamente rinforzato con l'aumento del tasso di sconto e degli interessi sulle anticipazioni; con il prelievo della liquidità in possesso del pubblico attraverso gli aumenti della benzina (da sola, drena oltre 1100 miliardi) e altri interventi restrittivi, come il blocco progressivo della scala mobile per gli stipendi medio-elevati. Buon ultimo, è arrivato il provvedimento di limitazione del credito bancario, che ha ridotto di molto gli impieghi per i settori produttivi del Paese. Nonostante tale imponente rafforzamento degli argini, la nostra moneta si è ugualmente collocata sulle stesse posizioni del primo ottobre. Sul mercato, si è scaricata, come abbiamo detto, parte della domanda accumulatasi nei giorni scorsi e la cui quantità era stata stimata tra i 500 e gli 800 milioni di dollari. La Banca d'Italia, grazie all'offerta massiccia dell'ultima settimana che gli aveva consentito di rimpinguare le proprie riserve, è intervenuta soddisfacendo, però, gran parte delle richieste fuori listino (al « fixing » sono stati trattati soltanto 4,95 milioni di dollari). Evidentemente, il sollecito dell'Istituto di emissione alle principali aziende di credito per ritardare, per quanto possibile, la domanda di valuta ha sortito parzialmente gli effetti desiderati. Solo una quota della domanda petrolifera si sarebbe rinviata ai prossimi giorni, ma per il resto si è dovuta coprire la maggiore richiesta e la Banca d'Italia è stata costretta a « bruciare » una cifra, si dice, non lontana dai 350 milioni di dollari. La banca centrale ha cercato, in pratica, di seguire la stessa strada dello scorso inverno quando, soddisfacendo la domanda fuori del mercato, voleva evitare, almeno nelle intenzioni, che si potesse calcolare l'ammontare esatto degli interventi. Il fatto che il «polverone» determinato dai ritardati acquisti di valuta.si sia decantato solo parzialmente, consentendo una collocazione a quota 871, pone seri interrogativi per i prossimi giorni. Una risposta definitiva, quindi, la si potrà dare soltanto tra domani e dopodomani, quando il resto della domanda arretrata si farà avanti sul mercato per essere soddisfatta. Si vedrà allora se il richiamo al senso di re¬ sponsabilità potrà frenare uno scivolamento della moneta a livelli ancora più drammatici di quelli odierni. Occorre tener conto, infatti, che le riserve valutarie convertibili in possesso della Banca d'Italia non potrebbero certamente sostenere per molto tempo un'emorragia della quantità (se il dato è esatto) registrata nelle contrattazioni odierne. Lo stesso presidente del consiglio Andreotti, smentendo il pellegrinaggio «cappello in mano» nelle capitali europee, ha confermato questa sera che il governo mantiene stretti contatti con i partners della Cee, non escludendo quindi l'eventualità del ricorso a nuovi necessari prestiti. Le uniche note positive della giornata vengono dalla riunione del comitato esecutivo dell'Associazione Bancaria Italiana. Le banche, pur in presenza delle drastiche misure adottate dal governo e dalle autorità monetarie, hanno ritenuto per il momento di non modificare il «prime rate» (il tasso di interesse richiesto sui prestiti erogati ai principali clienti) mantenendolo fermo al 19,50 per cento. Natale Gilio

Persone citate: Andreotti

Luoghi citati: Roma