Mosca: aperta la strada al "riavvicinamento,, di Livio Zanotti
Mosca: aperta la strada al "riavvicinamento,, Mosca: aperta la strada al "riavvicinamento,, (Dal nostro corrispondente) Mosca, 13 ottobre. La cauta soddisfazione con cui l'Unione Sovietica segue gli ultimi avvenimenti cinesi filtra lentamente attraverso un rigoroso riserbo ufficiale. Per l'informazione pubblica, a Pechino non è successo nulla: i notiziari radiotelevisivi, i giornali della capitale come quelli delle altre repubbliche non ne parlano affatto. Al Ministero degli Esteri e al Comitato centrale del pcus dicono senza scomporsi che sì, hanno saputo, però «sono ancora in attesa di conferme ufficiali». E' diffusa, in questi ambienti, la convinzione che gli arresti siano certamente avvenuti ed abbiano « investito l'ultrasinistra come una grande ondata ». « Ma chissà se davvero tra gli arrestati ci sono le persone di cui tanto si parla! ». Soltanto indirettamente vari episodi permettono di comprendere come non soltanto al Cremlino si dia serio credito al rovesciamento di forze determinato dai «moderati» di Hua Kuo-feng nel partito e nello Stato, ma come tutto ciò non abbia causato sorpresa. A Mosca se ne sapeva abbastanza per ritenere che il «dopo-Mao» non sarebbe stato una lunga tregua tra le diverse tendenze dei successori. E i sovietici non sono stati a guardare. Nove giorni addietro, è stato rinviato a Pechino il generale Oleg Gankovskij, numero uno degli esperti di questioni militari cinesi, studioso di geopolitica, vicepre- sidente e vero deus ex machina per la parte sovietica della commissione bilaterale formata dopo gli incidenti sul fiume Ussuri per il riesame dei confini tra i due paesi, a capo della quale è il vice di Gromiko agli esteri, Ilichov. Erano oltre sei mesi che il generale aveva abbandonato la capitale cinese. Il suo ritorno è stato preparato da una serie di iniziative diplomatiche. Il bollettino della Tass, l'agenzia di stampa ufficiale sovietica, nell'edizione riservata alle ambasciate dei paesi socialisti, qui a Mosca, riprendeva già ieri un articolo del diffuso quotidiano di Bombay Times of India, che tratta con notevole ottimismo il futuro delle relazioni cinosovietiche. Secondo il giornale conservatore indiano, «il gruppo dirigente di Pechino sta costruendo un nuovo equilibrio interno, sulla base del quale avviare verso la normalità \ rapporti con Mosca». La selezione che il bollettino compie dell'informazione internazionale non è mai capricciosa, men che meno in questo caso, quando la Tass la fa precedere dalla notizia che Hua Kuo-feng è il nuovo capo del partito cinese. Oggi, l'agenzia sovietica ha trasmesso sulla rete normale il riassunto delle notizie sulla Cina apparse su alcuni organi di stampa inglesi e francesi. Vi appare ribadita la tesi del complotto che la «mafia» di Shangai stava tramando per impradronirsi di tutto il potere, quindi la necessaria risposta dell'apparato del partito con l'appoggio delle forze armate o almeno della maggioranza dei loro quadri superiori. Ma nuove versioni non ce ne sono, ne è da ritenere che ce ne saranno nelle prossime ore. Semmai, proprio lo scrupoloso rispetto con il quale da Mosca stanno osservando gli sviluppi della risoluta iniziativa di Hua Kuo-feng rafforza il convincimento che se ne attendano qualcosa di nuovo e di buono. Si capisce allora il senso completo dei messaggi inviati dal Cremlino per la morte di Mao e soprattutto quello della «mano tesa» offerta in occasione dell'anniversario della Repubblica popolare cinese, il primo ottobre scorso. Livio Zanotti
Persone citate: Gromiko, Hua Kuo-feng, Mao, Oleg Gankovskij
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