Il complesso di correre svaniva nelle discese di Maurizio Caravella

Il complesso di correre svaniva nelle discese Zilioli, l'addio di un campione Il complesso di correre svaniva nelle discese « Mi svegliavo in piena notte, lanciavo un urlo e cadevo dal letto. Una volta mi sono fatto un taglio alla fronte contro un mobile. E poi ematomi alle gambe, contusioni un po' dappertutto. Nessuno dei miei compagni di squadra voleva dormire con me. Prendevo sonniferi, ma poi arrivavano gli incubi, sembrava II cuore dovesse uscirmi dal petto, e urlavo. Merckx, nel letto accanto, non si svegliava neppure del tutto, mi diceva semplicemente "stai bravo. Italo ", e si girava dall'altra parte, beato lui ». Non c'è da ridere. Se non è dramma, sicuramente non è neppure farsa. Pensate a un corridore che, alla viglila di una gara importante, passa una notte popolata dì fantasmi cattivi, sogna disgrazie, e la mattina si ritrova con gli occhi pesti e, magari, con un taglio alla fronte o un ginocchio malconcio. » Merckx — spiega Zlliolì — mi faceva quasi rabbia. Eravamo al Tour, aveva la maglia gllalla, il giorno dopo c'era magari una "cronometro", ero convinto che la sua mente fosse piena di pensieri. Macché: si addormentava subito, un lungo sonno senza interruzioni, ammesso che io quella notte non urlassi. Lui dormiva come un bambino e io, che pure non avevo grosse responsabilità, tiravo calci nel letto. Quasi quindici anni così ». Notti piene di fantasmi, giorni pieni di lunghi silenzi. « Mi portavo dietro I miei problemi come un carretto attaccato alla bicicletta. Mi dicevano: sei un introverso, sei troppo sensibile. Era vero. Ma i miei silenzi erano unj difesa: meno mi aprivo, e meno mi sentivo condizionanato, ferito, da fattori esterni. Mi facevano uno sgarbo? lo tacevo, cercavo di mandare giù il rospo. E sbagliavo, perché poi il rospo mi restava in gola, il mio era un autocontrollo che pagavo caro ». Italo Zìlioli: molti non l'hanno capito, forse neppure lui è riuscito a capirsi del tutto (ma chi ci riesce?). Nel '63 vinse quattro corse di seguito, era agli Inizi, i tifosi cercavano un altro Coppi come un assetato cerca da bere, si Illusero di averlo trovato. Non sapeva, la gente, dei suoi nervi fragili, dei suoi incubi, delle sue paure. I risultati c'erano, viva ZiItoli, 1 tifosi credono di conoscere un corridore e invece no, vedono solo quello che c'è in vetrina, Il retrobottega a loro non interessa, non vogliono complicazioni. E Italo dice: «Erede di Coppi, leggevo; erede di Coppi, mi chiamavano. Sai che non è vero, ma non puoi gridarlo a tutti, non puoi fare comizi. Ecco, quelle quattro vit¬ torie mi hanno sballato. Avevo la testa piena di confusione. Un senso di paura, di smarrimento. Chissà se riesco a farmi capire ». Certo, che ci riesce. Una responsabilità più grande di luì, un fardello che pesa. Una specie di assurda condanna, dopo quattro trionfi. « Sono andato anche dallo psicanalista, sa. Ma poi ho lasciato perdere. Magari riuscivo a chiudere un buco e se ne apriva un altro. In corsa, specie a cronometro, non riuscivo a concentrarmi. Pedalavo, e mi venivano in mente un sacco di cose, mai positive, e addio concentrazione. Quelli che mi incitavano non riuscivano ad esaltarmi; quelli che mi insultavano mi mandavano il morale sotto I tacchi, assimilavo soltanto le cose negative ». La vita può essere rosa o nera, In fondo dipende soltanto da noi: se ci lasciamo ferire, o se riusciamo a metterci addosso una corazza. Slamo a casa dì Zìi Ioli, l'alloggio è arredato con gusto, senza eccentricità. Solo due fotografie, in vista: una sua, con Giacotto, e una di Merckx, che in salita stacca tutti. Nel suo studio. Italo ha un organo: lo suona bene, anche se è un autodidatta; quell'organo è il suo unico hobby. Adesso che Zlliolì non corre più, I suoi Incubi stanno passando, i fantasmi non lo visitano più tanto spesso. Non si macera, non si tormenta. E' libero, adesso, anche se è una libertà che gli è costata cara, perché In tutti questi anni la bicicletta non è mai stata, per lui, solo un freddo arnese di lavoro. « Per me — dice — andare in bicicletta era un modo di vivere: più vai forte e più senti l'aria che ti batte sulla faccia, e vorresti andare ancora più forte, perché è una sensazione bellissima, ti sembra di fuggire e sei solo con te stesso. Se vincevo, meglio, ma non era quella la cosa più importante, per me ». £ ricorda, in un rapido flash-back, momenti belli e momenti brutti, e magari ferite ancora aperte: « Sono stato escluso dal mondiali. Mi dicevo: pazienza, Italo, non puoi farci niente. Però, qualcosa dentro di me si era bloccato, mi sono sentito vuoto, senza più incentivi. Proprio come se un ladro mi fosse entrato in casa e mi avesse portato via i miei trofei. Eppure ho incontrato Martini, in un ristorante e quando mi ha chiesto di sedermi con lui ho accettato, non provavo rancore. Mia moglie, che è un'Istintiva, gli ha risposto che non se la sentiva, che preferiva dire le cose in faccia, anziché fare telefonate anonime, come tanti, lo mi sono seduto al suo tavolo, lei no ». Momenti belli e brutti: « In Francia, avevo la maglia gialla, la gente mi chiava "Zi-Zi", ero diventato uno di loro, come "Pou-Pou", Poulidor. Ma sapevo che quella maglia era In prestito, che il mio destino era quello di restituirla a Merckx. Ero nervoso, non sapevo quando sarebbe successo. Ho forato, sono rimasto solo, Driessens non mi ha lasciato accanto neppure un gregario. Ecco, neanche Eddy voleva la maglia in quel modo ». E poi: « Un rimpianto: tre volte secondo al Giro d'Italia, mai una volta la maglia rosa sulle mie spalle, neppure per un giorno. Una specie di sortilegio ». Introverso, forse anche tìmido. Eppure, Zilioli, in discesa si scatenava, c'era da aver paura davvero ma tutte le sue paure sparivano di colpo, chissà perché. ■ Perché io amo il rischio. C'è chi si sporge dal primo piano e ha già le vertigini, c'è chi cammina su un filo e ride. In discesa volevo dimostrare a me stesso che la mia insicurezza non dipendeva dalla mia volontà, dal mio coraggio. Volavo, in discesa, e dimenticavo tutti ! complessi, tutte le angosce. Ero davvero solo con me stesso, mi sentivo un leone. Perché, vede: Zilioli non era felice perché vinceva, vinceva quando si sentiva felice ». Adesso farà il direttore sportivo, la Vibor gli ha offerto un contrattto e lui ha accettato subito, in questo modo II distacco gli sembrerà meno duro, meno netto. Sabato, è andato alla punzonatura del Giro dì Lombardia vestito da corridore, Zilioli ha cambiato idea, dicevano tutti. Ma lui racconta che aveva lasciato il tesserino in albergo, perché sapeva che la tentazione sarebbe stata grande, chissà se avrebbe resistito. Suona l'organo e, all'improvviso, si ferma a pensare. Maurizio Caravella

Luoghi citati: Francia, Italia, Lombardia