Invidiavo quelli dell'Ignis

Invidiavo quelli dell'Ignis Basket, uno sport che piace a tutti: un articolo di Roberto Bettega Invidiavo quelli dell'Ignis "Quando giocavo nel Varese, mi allenavo spesso con i giganti del cesto" - "Fu un preparatore di pallacanestro a migliorare le mie doti atletiche" - "Adesso faccio il tifo per la Girgi: vincerà il titolo" // Basket place: lo conferma Roberto Bettega, che segue da tifoso le vicende del campionato Italiano e che apprezza da competente lo spettacolo offerto da questo sport. E' stata una ragazza a farmi scoprire il basket. Abitava vicino a casa mia, parecchi anni fa, e giocava in una squadra di Torino, il Michelin. La accompagnai una domenica in palestra, vidi i primi canestri della mia vita: non fu un grande spettacolo, il basket femminile è molto lontano da quello dei giganti, e nel campionati minori poi bisogna accontentarsi davvero di poco, lo mi accontentai di guardare le ragazze, piuttosto carine. Solo qualche anno dopo conobbi la pallacanestro « vera », quella grande: fu a Varese, nel 1969, quando la Juventus mi mandò a «farmi le ossa», come dicono i giornalisti, in serie B. Si sa che a Varese è impossibile vivere, allora come oggi, senza un contatto diretto con il basket e pure io venni » contagiato ». Noi calciatori del Varese facevamo la preparazione pre-campionato a Comerio. C'era un campo all'aperto, con I tabelloni, e lì si allenavano le squadre minori del- l'Ignis e qualche volta pure I titolari della prima squadra. Conobbi Meneghin e Jones, due giganti, uno bianco e uno nero, uno italiano e l'altro americano, due montagne di muscoli oltre quota due metri: mi sentii davvero piccolo e gracile vicino a loro, mi ricordai sorridendo che quando andavo a scuola, all'istituto per geometri di via Bligny a Torino avevo provato a buttare il pallone dentro un canestro e, ritenendomi abbastanza alto, sognavo di diventare un • pivot ». Tutto sbagliato, evidentemente. Vedevo quelli dell'lgnis e II invidiavo. Ricordo un particolare: incontrandoli all'edicola, in piazza, restavo interdetto vedendo come sfilavano I giornali esposti lassù, dove l'edicolante si arrampicava sulla scaletta. Eppure in campo, quando giocavano, mi sembravano « normali », o poco più. Al loro confronto, sfiguravo. Mi trovai bene solo quando conobbi Rusconi, che misura 1 metro e 80: ci incontrammo all'ospedale, lui aveva un dito incrinato, io facevo le lastre al naso. Cominciavo a diventare un » simpatizzante » del basket. E dell'lgnis. Adesso sono un appassionato della pallacanestro e un vero, accanito tifoso della squadra di Va¬ rese che non si chiama più Ignis ma Mobilgirgi. La scintilla forte scattò una sera di aprile del 1970: stavo in ritiro, in albergo, con la squadra del Varese e loro, I cestisti, giocavano a Sarajevo la finalissima di Coppa dei Campioni. Seguimmo tutto l'incontro alla televisione, fu uno spettacolo, una vittoria favolosa, malgrado l'espulsione di Jones. Da quella sera cominciai veramente ad amare il basket. Andavo spesso a vedere le partite, la domenica pomeriggio, subito dopo aver finito la nostra partita, quella di calcio: ci trasferivamo in tuta al Palazzetto, che è a pochi metri dallo stadio. In quei tempi ci allenava Nico Messina, un esperto di preparazione fisica che si divideva tra basket e calcio. Fu lui a migliorare le mie doti atletiche, a potenziare i muscoli delle mie gambe con un lavoro di pesi: qualcuno non ci crederà ma prima di allora non avevo mai segnato un gol di testa, saltavo poco e male. Messina fu prezioso e ci insegnò ad apprezzare il basket. Prendeva in giro noi del calcio, diceva che valevamo zero rispetto ai cestisti sul piano atletico: noi rispondevamo che loro faticavano meno, 40 minuti contro 90, e senza contrasti duri, senza un fondo scivoloso, a volte fangoso. Un giorno andammo anche noi ad allenarci al Palazzetto. E scoprii che al chiuso si suda molto di più, pensai che col fumo e l'umidità provocate dal pubblico le condizioni ambientali si fanno ostiche anche per i cestisti. Non voglio fare paragoni, calcio e basket sono sport troppo diversi per stabilire chi « fatica » di più. Però bisogna dire che loro, nel basket, sono arrivati molto prima di noi a programmi di allenamento moderni, scientifici. Nel calcio siamo rimasti fermi a lungo, in ritardo di 40 anni: ora le cose stanno cambiando, con gli allenatori giovani e le preparazioni più curate come quella che facciamo noi alla Juventus con una stretta collaborazione fra il tecnico, il medico e una « équipe » di specialisti, di uomini di scienza. Il basket mi piace, mi piace molto. Perché è veloce, è maschio, offre rapidi cambiamenti di fronte. Come l'hochey su ghiaccio, un altro sport che mi affascina. Non mi piace invece il baseball, lento e monotono, mi è sembrato cosi anche a livello americano quando l'ho visto alla tv in Usa, durante l'ultima trasferta della Nazionale. Anche a Torino vado qualche volta a vedere il basket, la Chinamartini. Soprattutto quando arriva la Girgi, la mìa squadra. Ormai sono un tifoso, per di più sono amico di lellini che l'anno scorso ho conosciuto in ferie, a Champoluc. lo dico che la Girgi vincerà lo scudetto quest'anno, è una squadra fortissima e il mio pronostico per il campionato che comincia domenica va tutto a lei. Dopo potranno classificarsi Sinudyne e Forst. E' un pronostico da tifoso, l'ho detto, e posso ripeterlo perché io non sono un giornalista « vero ». E poi la Girgi ha i colori bianconeri, come la Juventus. Roberto Bettega

Persone citate: Basket, Forst, Jones, Meneghin, Nico Messina, Roberto Bettega

Luoghi citati: Comerio, Messina, Sarajevo, Torino, Usa, Varese