Un "lavoratore,, in football

Un "lavoratore,, in football Gli incontri diArpino GIOVANNI TRAPATTONI Un "lavoratore,, in football « La gioia è scarsa. Dura un minuto », confida con voce calma. E questa gioia è il risultato d'una partita vinta, sono I « punti » incasellati e che consentono anche un attimo di pausa familiare felice. Ma dopo I novanta minuti di quella partita, dopo il conforto casalingo bisogna affrontare nuovi problemi, umani e tecnici, tattici e psicologici. La vita che continua è un pedaggio incessante per chi « lavora in football ». Afferma queste cose in toni sommessi, Giovannino Trapattoni detto Trap, allenatore juventino. Non drammatizza, non si dispera, non gonfia le gote, mai. L'equilibrio è tuffo. Anche se si abbandona a una confidenza non secondaria e tuttavia serena: « Come si lavora bene qui a Torino », esclama arrossendo un poco. Grazie per il riconoscimento, amico, visto che lei viene, magnifico lombardo, da quella Milano che in fatto di « balón » ha subito terremoti controproducenti. Non è un caso se i migliori lombardi, come In una astratta « crociata pallonara », sono approdati sulla riva del nostro Po. C'è un interlocutore fastidioso, tra noi. Non ha statura fisica, non ha neanche una faccia. E' un fantasma, però corazzato. SI chiama infatti Borussla. La squadra di Udo Lattek, figlia d'una grigia cittadina operaia che si chiama Moenchen-babau, piove In ogni Inizio di discorso, tanghero teutonico importante. Si vede che Trap vuol ritardare i dettagli sul Manchester United, prossimo e possente avversarlo della sua Madama. SI arriverà prima o poi a qualche « vertice » segreto fra Radix e Trapattoni per prendere le misure dei rispettivi nemici? Calma e bocce ferme, ragazzi, questo non vuol certo far rigalleggiare un vituperato termine, noto come - fusione ». Ma uno scambio di idee, quasi inconscio, è inevitabile, tra due uomini che non hanno lingua forcuta e che nei futuri scontri diretti faranno il più magnifico " braccio di ferro » che Torino abbia mal goduto. Il peso della cronaca si schiaccia un poco: quel Bernardini che parla troppo, quel Bearzot che non si sottrae al sacrifìcio, la scalogna che Investe le torinesi (da Pecci « rotto » a Claudio Sala a Furino che non guarisce da un suo ematoma). Lo spettro del Borussla ruggisce • rompendo » ancora: perché Trapattoni lo conosce bene, l'ha combattuto, ne rispetta la forza agonistica. « Ma il Torino può farcela. Qualche uomo di Lattek si è appannato. Non dico che sia In età pensionabile, tutt'altro, ma da Wimmer a Bonhof un certo logorio è venuto fuori. Sono anni che si battono con tipica furia, e il prezzo che si paga è alto. Forse è assai più duro il Manchester. Già ». Ma non per questo Giovannino spreca un sospiro. Sì, la gioia è poca, i giornalisti ti picchiano in testa al minimo errore o forzando le interpretazioni. « Ma ha ragione lei quando parla di autarchia », dice Giovannino bevendo con molta misura il suo bicchiere di * barbera »: « Dobbiamo far fuoco con la legna che abbiamo. Non esiste più in Europa un giocatore che funzioni da ■ aro meraviglioso. Ha visto Oblak, tuttora uno dei più prestigiosi conduttori di gioco? In Spagna - Jugoslavia ha giocato sull' "out" destro, lui mancino, inserendosi In un "collettivo" di linea mediana, mettendosi a servizio della squadra. Ci lamentiamo di mezzali in Italia? E dove sono i grandissimi, in questo ruolo, di là delle Alpi? ». E' piacevole discutere di pallonate e di caviglie, sconosciute o meno, con Trapattoni. Ma lui è anche II « realista », /'uomo che fa giocare Tardelli, talento naturale, a centrocampo, per rinforzare un reparto bianconero in attesa che Benetti cresca. La realtà condiziona, suggerisce, domina, inutile negarlo, inutile volerla nascondere dietro l'utopia. « A! giovedì gioco ancora con i ragazzini, studiandoli », racconta Trap: « Vedo certe inclinazioni, c'è chi non sa operare se non abbarbicato all'uomo, e chi invece già tenta, ma raramente, di sfruttare la famosa "zona". Ma andiamoci piano: per proseguire un determinato discorso tecnico, bisogna anche ottenere risultati, sennò sei un allenatore che fugge sul cavallo della teoria, e tanti saluti. Il calcio italiano è sul sentiero, ma questo sentiero non è ancora diventato una strada maestra. Domani, forse. Bisogna lavorare per riuscirci, e per lavorare devi anche strappar risultati. Non bisogna aver paura di dirlo ». Figuriamoci se ha paura lui. Lui « picchia sul morale », giocando le carte del dialogo con l'Intelligenza dei suoi lavoratori In brache corte. Perché Boninsegna non può « sedersi » sul bel gol domenicale, perché Cau¬ sio può sfruttare meglio certe sue doti e non sfinirsi in galoppate furibonde, perché Bettega è un • cervello » che recepisce tutto, perché Marchetti è una speranza che deve assimilare schemi, mentalità. Il « picchiare sul morale » è anche un istinto onestissimo, in Trap. Significa rispondere con chiarezza e fattività quotidiana agli eccessi del pettegolezzo, alle mostruosità del • montaggio » Infrasettimanale. Si sente subito che Trap è uomo di futuro. Giovane, gradevole, educatissimo, non esita a mitragliare le sue impressioni, il suo « credo ». Nel passato gli è servito In abbondanza, ma non lo vuole come emblema. Luì, che fermò Pelè, che si battè su ogni erba, da Madrid a Londra, quando deve citare se stesso, precisa: « Nei miei modesti limiti tecnici... ». Sembra un vezzo, forse lo è, ma senz'altro viene fuori la misura dell'uomo: che tiene la carta diplomatica a disposizione, con molta eleganza, ma non ne fa un uso smodato. Al mo¬ mento, e si può starne certi, Trap si dimostrerà uomo da derby. Mi disegna il Manchester, uomo su uomo, come se fosse la « sua » squadra. L'ha mandata a memoria, valuta le possibilità inglesi con giusta scienza: quel terzini che secondo costume anglosassone sanno lavorare sulle fasce laterali, quel « quadrato » che sa spostarsi dal centrocampo all'area avversarla senza smarrire legami e assetto. Una gatta da mangiar cruda (una settimana fa lo diceva Radix: I due ' lombardi di Torino » si studiano a vicenda, come Impone la vecchia amicizia e il diverso ruolo d'oggi]. Ma una gatta che può lasciar lo zampino, se riesci a « lavorarla » degnamente, sommando le tue virtù ai suoi errori possibili. Trapattoni è molto attento al limiti. Conosce fin dove può arrivare il signor X e il centrocampista Y, fin dove può sollecitare Calo e dove è necessario stimolare o frenare Sempronio. E' un giovanissimo direttore didattico, che non si sottrae al suo compito di pedagogia applicata alla pedata. E' un nuovo esempio di come si può condurre una équipe di calcio. Non con l'aria di distacco e di segrete complicità, di occulte preferenze, in uso fino a ieri. Mi consola talmente parlare con lui che facciamo tardi, pur senza eccedere in brindisi inutili. Non è settimana da bicchiere, questa. Entriamo tutti in una forma astrale di collegio, con Lussemburgo - tirassegno, Manchester e Borussla che arrotano gli artigli. Quel che c'è di vivo nel nostro mondo pallonaro va esaminato senza compiacenza ma anche senza astio sotterraneo. Il « sentiero che deve diventar strada » — come sotiene Trap — è compito lungo. Può diventare un pochino più breve se ci si dà una mano l'un l'altro, evitando gli eccessi o altrettanto deleteri trionfalismi. Mi piace molto l'uso che Trap fa della parola « lavorare ». Dice: « Ho chiamato Boninsegna, perché lavorasse ancora un'ora ». Ripete: « Devo andare a lavorare nel pomeriggio un paio d'ore ancora ». Finisce: « Domani lavoreremo sodo ». Ha scelto questo verbo con la sua innata serietà. Lo adopera anche come antidoto contro la Iella, che sembra colpire un po' troppo le squadre torinesi, i loro uomini, In queste ultime settimane. Anche la Iella può essere contrastata «lavorando». Se quelli che ne sono rimasti immuni sì adoperano in un certo modo. SI può puntare su questo Trap « lavoratore », vincente o piazzato, per oggi e per domani. Siatene certi. Giovanni Arpino La gioia dura poco dice, pensando ai punti già vinti-Un interlocutore fastidioso, quasi un fantasma: il Borussla - Autarchia in tutta Europa "Picchiare sul morale" ■ "Il sentiero che deve diventare strada" - Conosce a memoria il Manchester United come la sua squadra: una gatta che può lasciare lo zampino se "lavorata" bene Il «Trap» in edizione inglese (Disegno di Franco Bruna)