Dalla scuola al quartiere con i bambini in scena

Dalla scuola al quartiere con i bambini in scena LO SPETTACOLO E I RAGAZZI; IL TEATRO Dalla scuola al quartiere con i bambini in scena Teatro per i ragazzi, dei ragazzi, con i ragazzi: non sono formule intercambiabili, e nemmeno le tappe di un'evoluzione della teoria e della pratica, ma ciascuna corrisponde a una precisa (si fa per dire) idea dei rapporti fra il teatro e i ragazzi. Quindi fra il teatro e la scuola: poiché, salvo la non rilevante eccezione dei burattini, del circo e di altri spettacoli consimili ai quali vengono convogliali, più o meno passivamente, i bambini più piccoli, e più abbienti, il teatro per e con i ragazzi passa attraverso la scuola. E ora, e sempre più in avvenire, anche attraverso il quartiere. Con una premessa, personalissima. Sono convinto, ma non credo di essere il solo (ricordo un intervento di Strehler a un convegno svoltosi due anni fa a Milano: il teatro per i bambini, i ragazzi e i giovani è il grande teatro per tutti), che il teatro degli adulti va benissimo anche per i ragazzi i quali, salve le cautele usate da genitori più o meno apprensivi o suggerite da pedagogisti più o meno aperti, potrebbero e dovrebbero assistere alle rappresentazioni dei classici e dei moderni, e certamente anche dell'avanguardia e della sperimentazione, che i « grandi » frequentano o dovrebbero frequentate, lasciando fuori quegli spettacoli di sciocco intrattenimento o di volgare consumo che sono diseducativi per gli uni e per gli altri. Già la formula teatro per i ragazzi racchiude un tremendo equivoco soprattutto quando si richiama e una mentalità preistorica, che tuttavia ostinatamente sopravvive in certi ambienti della scuola, secondo la quale Alfieri e Goldoni offerti alla mattina o nel pomeriggio in sale tradizionali da malcapitati teatranti, magari illustri (ancora rabbrividisco al ricordo di certe recite di Baseggio in un chiasso infernale fra il volo di aeroplanini di carta), costituiscono per le nuove generazioni la migliore introduzione al teatro, mentre quelle rappresentazioni erano e sono il mezzo più spiccio e più sicuro per allontanare definitivamente i giovani dal teatro. Per fortuna il teatro per i ragazzi non è solo questo. Lo Stabile di Genova, come già qualche anno fa quello di Torino (e sono due esempi fra tanti), preferisce ancora battere questa strada ma con spettacoli che hanno tutt'altre e più intelligenti caratteristiche e dove la partecipazione e l'adesione dei piccoli spettatori è sincera, intensa e totale. Però qui non è il teatro che va nella scuola, ma pur sempre la scuola che va in visita al teatro. Donde un'inversione di tendenza per cui le preferenze e le attività di educatori, animatori e teatranti sembrano ormai orientate verso un teatro con i ragazzi o anche dei ragazzi (purché non significhi teatro fatto dai ragazzi come quello, per intenderci, che trascina infelici creature davanti ai microfoni di un qualsiasi « Zecchino d'oro ») dove l'accento cade sulla collaborazione tra i ragazzi, gli insegnanti e gli operatori teatrali per scoprire e inventare forme di espressione e di comunicazione più complete e più articolate di quelle che si rifanno soltanto e soprattutto alla parola. E' quanto sta facendo in questi anni lo Stabile di Torino con Sergio Liberovici, ma naturalmente non è il solo a muoversi su un terreno che è già stato e continua ad essere esplorato e lavorato da altri, come Franco Passatore e Giuliano Scabia. Due nomi soltanto e chiedendo scusa agli esclusi: ma questa non vuole essere una rassegna delle forze in campo nella quale andrebbero anche citati almeno gli sforzi di alcune regioni come la Toscana di riunire in un unico e grande esperimento di animazione e di drammatizzazione del territorio uomini e gruppi anche di diverse tendenze. A proposito dello Scabia, perciò ho parlato di territorio, vanno ricordati alcuni esperimenti, suoi e di altri, che non tanto si propongono di fare del teatro per e con i ragazzi, quanto di usare il teatro per coinvolgere una comunità in un lavoro critico e creativo comune, allargando la sfera d'azione dalla classe e dalla scuola al quartiere o al paese. Ma si tratta pur sempre di sviluppare la creatività e lo spirito d'osservazione dei ragazzi, e anche degli adulti, che soprattutto interessano gli educatori. Ecco perché, riprendendo un vecchio discorso di un convegno del 74 a Torino, il dilemma tra l'animazione come scuola e l'animazione come teatro va risolto restituendo a ciascuno le proprie competenze e non caricando, come ancora avviene, tutto il peso e la responsabilità del teatro per e con i ragazzi sulle spalle soltanto del teatro e non anche della scuola. Alberto Blandi

Persone citate: Alberto Blandi, Alfieri, Baseggio, Franco Passatore, Giuliano Scabia, Goldoni, Scabia, Sergio Liberovici, Strehler

Luoghi citati: Genova, Milano, Torino, Toscana