Stockhausen astrologo con "Sirius,, a Venezia di Massimo Mila

Stockhausen astrologo con "Sirius,, a Venezia L'ultima opera del musicista Stockhausen astrologo con "Sirius,, a Venezia (Dal nostro inviato speciale) Venezia, 6 ottobre. Il Festival di musica contemporanea della Biennale quest'anno non è raccolto in breve arco di tempo, ma si estende per buona parte dell'autunno, in parte affidato all'Orchestra da Camera Anton Webern, diretta da Marcello Panni, in parte ospitando manifestazioni varie, anche di teatro, e attuando scambi con manifestazioni analoghe, come il Festival estivo di Avignone e l'Autunno Musicale di Parigi. Appunto a questo circuito si deve la « prima » italiana dell'ultimo lavoro di Stockhausen, Sirius, condotto a termine al principio di quest'anno e perciò non ancora considerato nell'ultima, fra le non poche monografie che al compositore si vengono dedicando, quella aggiornata e diffusa del Maconie. Sirius dà voce a certe convinzioni astronomiche, per non dire astrologiche, che da alcuni anni occupano la mente di Stockhausen, e che per nostra parte non riusciamo a condividere. Ma non commetteremo l'errore di quelli che rifiutano la musica di Nono perché non sono d'accordo con l'ideologia politica da cui prende le mosse. Così, anche se non crediamo che nella stella Sirio ci siano degli abitanti fra i quali « la musica è sviluppata al massimo », non abbiamo difficoltà a riconoscere che in questa specie di cantata animistica per soprano, basso, tromba, clarinetto basso e musica elettronica, Stockhausen porta a un grado raffinato di perfezione due delle direttive che sempre più vengono prevalendo nelle sue ricerche artistiche: la dislocazione dei suoni nello spazio e la mescolanza dei suoni naturali di voci e strumenti con la produzione di suoni elettronici (per altro contenuti quasi sempre in un livello subordinato). La composizione dura poco più di un'ora, ma non è completa, perché delle quattro stagioni che ne compongono il ciclo naturale, oltre a una Presentazione e un Annuncio, si hanno per ora soltanto l'Estate e l'Autunno. Se ha fatto parlare a qualcuno di monotonia, ciò si deve in gran parte al fatto che si tratta d'una composizione eminentemente vocale, che prende la sua norma formale essenzialmente dalle parole del testo inglese, ora cantato, ora detto in una forma di recitazione ritmica che non può fare a meno di ricordare l'Ode a Napoleone o il Mose di Schonberg. La percezione del testo, già di per sé non facile, viene talvolta ulteriormente ostacolata dalla disposizione stereofonica delle foi.ti sonore nei quattro punti cardinali della sala della Fenice (palcoscenico per Boris Carmeli, il basso, bravo tanto a recitare quanto a cantare), palco d'onore (l'agilissimo soprano leggero Annette Neriweather), e due piattaforme ai lati della sala per la tromba Markus Stockhausen, verosimilmente il figlio, non ancora ventenne, del compositore, e il clarinetto basso Suzanne Stephens (tutti quattro in costumi vagamente rituali). Conseguenza di ciò è che esiste solamente un punto ottimale di ascolto, al centro della sala (e meglio ancora, all'altezza del lampadario centrale): man mano che ci si allontana di lì, qualcuna delle fonti riesce privilegiata con danno particolare del clarinetto e della percezione del testo. Per altro la musica è forse un tantino decorativa, illustrativa del testo; raramente giunge all'autonomia estetica di Mantra. E' prevalentemente tonale; la parte di tromba (debbo parlare di questa perché ce l'avevo vicinissima) ricorda spesso la simpatia, mai smentita, di Stockhausen per il jazz, e talvolta dà fuori in fanfare rigide e geometriche che anche un Hindemith avrebbe potuto firmare. Per chi, come il sottoscritto, più di quindici anni fa pronosticava un avvenire tonale all'evoluzione della musica di Stockhausen, j è una bella soddisfazione. E quasi quasi lo invoglia ad un altro pronostico: con questa esplorazione nelle più diverse forme del canto solistico, Stockhausen potrebbe essere maturo per l'avventura di un'opera in piena regola, con tanto di soprano, tenore, baritono e basso. Lo aspettiamo alla Scala! Massimo Mila

Luoghi citati: Avignone, Parigi, Venezia