Primo "ciak,, sul mito di Alì

Primo "ciak,, sul mito di AlìLe riprese del film pochi giorni dopo l'annuncio di lasciare il ring Primo "ciak,, sul mito di Alì La pellicola, prodotta dalla Columbia, costerà parecchi milioni di dollari - La scena iniziale a Miami - Il pugile ha avuto un anticipo di quasi cinque miliardi - La sceneggiatura riflette una personalità forte, logica e seria (Nostro servizio particolare) Miami Beach, 5 ottobre. La prima scena del film sulla vita di Mohammed Ali l'hanno girata nella vecchia palestra di Angelo Dundee, a Miami Beach. Quasi un romantico ritorno all'antico. Diciassette anni fa, infatti, un ragazzo di Louisville, Kentoky, andò da Angelo Dundee, allora procuratore del campione del mondo Willy Pastrano, a dirgli che voleva diventare il più grande pugile del mondo. Ricorda Angelo: « Venne a trovarmi nell'albergo dove l0| stavo con Pastrano. Da sotto, l'operatrice mi chiamò in camera per dirmi che c'era un ragazzo che voleva assolutamente vedermi. Lo feci salire. Era lungo lungo e secco. SI presentò subito così: "Sono il più grande pugile che sia mai apparso sul ring. E siccome so che lei è il più bravo procuratore che ce in America, io voglio farmi condurre da lei perché voglio diventare re dei pesi massimi". Mi misi a ridere, ma capii che quel ragazzo non mentiva ». Per ironia della sorte, il film, tratto dal libro • Mohammed Ali the greatest », incomincia appena qualche giorno dopo che Ali ha annunciato di abbandonare II pugilato. E' come se il più grande pugile degli Anni 60 avesse deciso di leggere le pagine più belle, più esaltanti o più malinconiche della sua avventura, di ripercorrere le stagioni più belle, o più tristi, della sua vita subito, quasi per non dimenticare. Il film è della Columbia e costa molti milioni di dollari. Solo Ali ha già avuto un anticipo di quasi cinque miliardi. Il film sarà girato in tutto il mondo. Arriveranno fra pochi giorni attori di nome come Ernest Borgnine e Ben Gazzara. » Attori da Oscar... » dice lo stesso Ali. La atmosfera qui a Miami Beach è comunque abbastanza malinconica. Molti ancora non vogliono credere che Ali abbia deciso di lasciare definitivamente il ring. E' come se tramontasse un'epoca. Ma Ali sembra fermo nella sua decisione. E' sempre stato coerente. E proprio rileggendo le pagine della sceneggiatura del film ci si accorge che dietro la faccia del clown, dell'uomo che vendeva il suo prodotto, così come la società americana gli aveva insegnato da bambino, è sempre esistita una personalità forte, logica, seria. Ali non ha difficoltà a dichiarare che a consigliarlo di chiudere col pugilato è stato Wallace Mohammed, il figlio di Elah Mohammed, Il fondatore dei musulmani neri, che è succeduto al padre nella guida del gruppo. L'altra sera, quando allo Yankee Stadium I giudici e gli arbitri, affascinati dal suo nome, gli hanno regalato un verdetto, tutti hanno pensato che era l'ennesima « pastetta » nel mondo del pugilato professionistico per salvare l'Incredibile incasso assicurato dalla rivincita fra Ali e Foreman. Ali e II suo gruppo hanno evidentemente inteso il pericolo che correvano. Per tanti anni aveva cercato credibilità. Accettare un risultato non giusto, sarebbe stato la fine di un mito. Per questo Ali si è ritirato, anche se probabilmente i soldi al gruppo servivano ed egli, data la realtà del pugilato professionistico adesso, avrebbe potuto ancora continuare a combattere. Guardando quest'uomo grande e grosso, che ha sempre aiutato il lavoro del giornalisti, che l'ha sempre reso facile, rivediamo velocemente dodici anni di cronache al suo seguito e ci rendiamo conto quanto il rapporto fra lo sport e I cronisti sia cambiato anche per merito suo. Lo conoscemmo per la prima volta nel 1964. C'era il match con Liston, a Miami Beach. Per ironia della sorte proprio dove adesso Ali Incomincia il film dei suoi ricordi. Era un match « preparato ». Liston era un delinquente. Il mondo della boxe, che pure tante cose aveva da farsi perdonare, con un malinteso senso puritano rifiutava di avere campione del mondo dei massimi un uomo che aveva più familiarità con la galera che col ring. Cosi, a quanto pare, il consiglio dei dieci uomini d'affari che allora controllavano la carriera di Cassius Clay, decise di accettare la proposta dei padroni della boxe. Ali era il migliore tra I giovani, sarebbe stato lui il nuovo campione del mondo, a qualunque costo. Liston dovette accettare la proposta. Anni dopo, quando Ali, ritornato sul ring, chiuse ogni rapporto con I vecchi amministratori e passò ai fratelli musulmani neri, Liston minacciò rivelazioni, piccato dal fatto che non gli sarebbe stata inviata la ' pensione » che si era guadagnato in quell'occasione. Fu trovato morto in modo misterioso. Una storia che Ali ha sempre rifiutato, con sincerità, perché è una storia che certamente passò sopra la sua testa. Ma il personaggio, comunque, non rifiuta II ricordo di quell'epoca. GII ammi- nistratori bianchi non lo sfruttarono, lo condussero con una certa intelligenza e quando egli scelse la sua strada, le sue idee politiche, non lo osteggiarono. E poi è proprio del '64 la sua definitiva accettazione della fede dei musulmani neri. Ali vinse il campionato del mondo e scoperse la sua verità: c'era Malcolm X, allora, come ideologo del gruppo. Più avanti se ne sarebbe andato, ma allora le sue parole, I suoi discorsi affascinavano i giovani In cerca di un credo come Ali. Il nostro ricordo di cronisti in quella primavera del '64 è legato alle barbette appuntite dei musulmani neri, e a un pullman in metallo con bellissime mannequines e scritte « lo amo Mohammed Ali » che proponeva un nuovo modo di i lanciare un personaggio. Sono im| magini che la sceneggiatura del film prevede. Più avanti avremmo incontrato Ali molte altre volte, ma I nostri ricordi, che non devono per forza andare d'accordo con quello che II film narrerà, corrono adesso ad un inverno del 1969. Ali era stato sospeso perché si era rifiutato di indossare la divisa militare e di andare a combattere nel Vietnam. Era una scelta più religiosa che politica. Ma l'America di allora non voleva comprendere. Incontrammo Ali in una modesta casa di Cricago, immersa nella neve. Si era risposato, aveva già il primo figlio. CI rilasciò una intervista accorata e rabbiosa nello stesso tempo. I Aveva anche paura, ma non ce lo volle dire. Quando gli demmo I quattrocento dollari pattuiti per l'intervista, ebbe una uscita altezzosa, disse: « Questi mi serviranno per pagare l'autista... ». Ma era chiaro che in quell'epoca forse Ali non aveva nemmeno l'automobile. Ma in pochi mesi, Ali assaporò la sua rivìncita civile. L'America, dilaniata da alcune sconfitte, da tanti rimorsi, gli restituì il suo mestiere di pugile. Volle bruciare le tappe. Nella primavera del '71, questo l'altro ricordo vivo che abbiamo dei nostri incontri con lui. Ali sali sul ring del Madison Square Garden | per riprendersi la corona che era sua. Una serata che era una vera e propria festa nera. La nuova borghesia che anche l'azione politica di Ali aveva contribuito a rivelarsi, a non nascondersi più, venne a vedere il suo incontro con Frazier. Una ostentazione di colorì, di fantasie, di oro, di argento, di nuova ricchezza. Era incredibile l'incongruenza fra quello che Ali e il suo gruppo anda vano predicando e il modo di recepirlo della gente che era riuscita ad affrancarsi dai ghetti. Vestivano come Frazier, ma tifavano per Ali. Però il loro beniamino aveva voluto inseguire troppo in fretta il tempo perduto. Quella sera perse, e sembrò che II suo mito non potesse più rinascere. Invece, tre anni dopo, nel cuore dell'Africa, mamma Africa, come Ali ama definirla, egli avrebbe costruito il capolavoro della sua carriere. Due mesi in riva al fiume Congo, quasi a respirare la musica dei padri. Foreman, nero, ma nell'animo vero figlio dell'America, si era sentito invece nemico. Furono giorni indimenticabili per chi ama lo sport e per chi capisce che lo sport interpreta sempre il respiro della società che sta vivendo, lo stile dei campioni che lo fanno grande. Al) per l'occasione inventò un ennesimo copione sul ring. Tutta la sua vita aveva danzato, quella sera, invece, si chiuse a riccio per alcuni round In una tattica che egli con la sua sarcastica fantasia definì - rope and dope », cioè presa al laccio di un imbecille. Foreman infatti cadde nella rete tesa dalla fantasia di Ali. Scaricò la sua enorme potenza invano per quindici minuti, e poi finì a terra, smarrito e deluso. Sono tutte storie che II copione del film prevede, cosi come gli inizi nel West End, il rione povero di Louisville, la dolce mamma, il papà pittore di inse¬ gne e cantante, l'episodio della medaglia d'oro olimpica buttata In un fiume per un modo di ribellione e di protesta contro il razzismo che ancora prosperava nella sua città. L'ultimo, quello della vittoria su Foreman, è un episodio che ha tentato di riproporre l'altra settimana sul ring dello Yanee Stadium con Ken Norton, nero come lui ma disimpegnato, figlio di Hollywood. Ma non si può recuperare la giovinezza, il passato. Due anni dopo , è stato impossibile ad Ali ripro- \ porre le stesse invenzioni. La memoria lo sosteneva, la fantasia anche, le gambe, le braccia no. Cosi ha perso, anche se I giudici hanno voluto concedere l'ultimo omaggio al suo fascino, alla sua storia. Ma Ali non ha accettato e se ne è andato. Adesso, qui sul set del suo film a Miami Beach, egli dice: « Voi dite che io avevo perso. Ho il dovere di crederci. Anche se sono convinto che Norton aveva fatto troppo poco per meritare II titolo mondiale. Ha fatto tutta la sua carriera su di me. Adesso sarà costretto ad incontrare Foreman, mi dispiace solo che il vecchio Joe Frazier se ne è andato. Sarebbe stato ancora un brutto cliente per Mandingo. Ma, visto cosa è successo l'altra sera allo Yankee Stadium non mi rimaneva che chiudere, sedermi sul bordo del fiume e aspettare a nuova acqua della mia vita... ». Non si ride più come una volta attorno ad Ali. Forse domani egli riuscirà di nuovo. Adesso è un momento di malinconia di nostalPerò le sue ultime parole rafforzano la speranza di chi non si vuole arrendere, di chi è Innamorato dello sport e pensa che certe felici stagioni non debbano finire mai. Dice qualcuno: « Adesso Ali è stanco, stanco dentro. Ma vedrete: se Foreman e Norton si scorneranno senza pietà, non sarebbe impresa Impossibile per lui riconquistare per la terza volta il titolo mondiale contro uno dei suoi più giovani avversari. Ali è un uomo capace di tutto ». Può essere. Noi però crediamo alla coerenza del personaggio. E se invece egli, fra un anno, tosse capace ancora una volta di tornare ad urlare e a vincere sul ring come fa da diciassette anni, allora veramente tutti noi, anche quelli che hanno riso del suol show, dovremmo ammettere che • egli » è stato il più grande di ogni tempo. Gianni Mina Ali adesso fa l'attore: ma è definitivo il suo addio al pugilato?