Le fanciulle dell'Acropoli

Le fanciulle dell'Acropoli Le fanciulle dell'Acropoli Per lo smog, le statue dell'Eretteo sono sostituite da calchi in gesso Si sale all'Acropoli di Atene incolonnati, a senso unico, fra turisti d'ogni colore: dieci milioni l'anno circa (chi, tra gli sciami che da cinque continenti si abbattono sul favo dorato della Grecia, saprà estrarne una goccia di miele da convertire in saggezza, in poesia?). Le palizzate nascondono l'Eretteo, sacrario delle più venerande testimonianze di culto: qui si conservava l'idolo di legno che rappresentava la dea Atena. Ogni quattro anni le fanciulle, per la festa delle Panatenaiche, le offrivano una veste nuova, tessuta dalle loro mani; qui un sepolcro arcaico era creduto la tomba di Cecrope ed era visibile il colpo di lancia con il qua,le Poseidone aveva fatto scaturire acqua salata dalla roccia (e si udiva, forse per un artifìcio dei sacerdoti, il tonfo delle onde nella cripta). Subito fuori, l'ulivo, albero sacro ad Atena: in questo tempietto dunque erano venerati nella loro versione primigenia i numi tutelari della città, simboli delle sue ricchezze: la ragione e l'ardimento, l'olio e il mare. Poco lontano, la rocca scende a picco sulla città. Levando gli occhi all'Acropoli, avamposto dell'individualismo occidentale contro la tirannide asiatica, i cittadini dall'Agorà vedevano ogni giorno, e li vedono ancora, i residui dei santuari distrutti dai persiani durante l'invasione del 480: rocchi di colonne, triglifi dei fregi, inseriti nelle mura ricostruite in fretta da Temistocle; forse, accortamente esposti affinché servissero sempre da « memento » più che utilizzati come materiale. Ora, le fanciulle dalla tunica finemente pieghettata che da più di duemila anni sostengono l'architrave della loggia — una gamba mollemente flessa conferisce elasticità alla loro posizione eretta, — saranno sottratte alle intemperie e sostituite con calchi: una lo era già, perché l'originale si trova, insieme ai marmi di Fidia, al British Museum. L'umanità cerca di salvare briciole di bellezza e di poesia dall'inquinamento atmosferico, dalla speculazione edilizia, dalle scritte profanatrici, dal logorio prodotto da occhi, mani, macchine fotografiche, riproduzioni divulgative a milioni, milioni, milioni. Occorrono provvedimenti come questo, doloroso ma salutare, e vorremmo si facesse altrettanto con la Colonna Traiana e quella Antonina, esposte in Roma a ben altre esalazioni che quelle d'Atene. Non ci si deve rammaricare se, contro il cielo turchino dell'Attica, vedremo solo le copie: le fanciulle con la loro canestra-capitello sul capo, d'un'eleganza forse troppo raffinata, che riflette gli anni in cui la baldanza di Atene già declinava, potranno esser viste ancora da generazioni nelle sale del museo dell'Acropoli. Anche al chiuso, chi ha l'animo per farlo, decifrerà il loro messaggio. Le sculture del Partenone che Lord Elgin acquistò dal governo turco, quando furono esposte nella luce grigia del British Museum, ispirarono a un giovane poeta malato, J. Keats, la nostalgia dell'eterno: Mortality weighs heavìly on me, lìke unwilling sleep («l'esser mortale pesa su me, mi opprime, come, quando non si vorrebbe, il dormire... »). Lidia Storoni

Persone citate: J. Keats, Lidia Storoni

Luoghi citati: Atena, Atene, Grecia, Roma