Quanti schiaffi all'Europa

Quanti schiaffi all'Europa Quanti schiaffi all'Europa Se fossi un glande produttore cinematografico, di quelli che possono concedersi la creazione del Kolossal, penserei ad un film in molti quadri, // declino dell'Europa. E collocherei a Malia la prima e l'ultima scena. La prima la prenderei da una pagina dei ricordi d'infanzia della regina Maria di Romania, figlia del secondogenito della regina Vittoria: lo sbarco alla Valletta della nave che reca il principe inglese e la sua famiglia; tutte le navi hanno inalberato il gran pavese, dovunque bandiere, YUnìon Jack della Gran Bretagna, salve di cannone, risuonano le note del Cod save the Queen; schierate sulle banchine le truppe nelle uniformi rosse. 1886; l'Inghilterra regina dei mari. L'ultima scena la sposterei di qualche anno in avvenire; 1986: l'unione di Malta c la Libia, sui castelli di Malta s'innalza una bandiera con la mezzaluna. Tra le scene intermedie una, le trattative tra industriali francesi, inglesi, tedeschi, italiani, con i rappresentanti di Stati arabi ed africani, per vendere loro navi da guerra, aerei, armi di ogni sorta. Non nutro alcuna amarezza né alcuna nostalgia; sono ancora di quei cristiani che credono nella storia mossa da un volere imperscrutabile di Dio: e non occorre aver studiato molto la storia per sapere che tutte le civiltà hanno la loro parabola ed il loro crollo finale. Ma prima di dichiararmi anticolonialista e di scrivere con lo spirito di un Del Boca sugl'italiani in Africa (neppure Cavallotti si salva, per avere stretto la mano a Baratieri, venuto a prestar giuramento a Montecitorio), ripenso a quell'uomo di grande buon senso (non era l'ultima delle sue insigni virtù) che fu Gaetano Salvemini, che ad una ondata di sdegno levatasi allorché si seppe che, mi pare a S. Severo, si teneva ancora un dato giorno un mercato di pastorelli, di ragazzi ceduti dalle famiglie a pastori perché li adibissero alla custodia dei greggi, molto calmo chiedeva: « Siete certi che a casa sarebbero nutriti meglio che dai pastori? Che prenderebbero meno busse? ». E so con certezza del malessere che avvertirono uomini, tutti di sinistra, in un convegno tenutosi pochi anni fa a Roma quando il compagno eritreo disse: « Paese disgraziato il mio; gli anni migliori sono ancora quelli che ha avuto con i governatori civili italiani » (traduciamo pure « migliori » in « meno peggiori », le cose non cambiano). Non sono colonialista, e la mia speranza è che venga un giorno in cui il mondo sia quello del « Pianeta dei nascituri » di Werfel: tutte le razze si sono fuse, tutti gli uomini hanno la pelle del medesimo colore, tutti parlano la stessa lingua. * ★ Perché ho pensato a Malta? Perché mi pare il punto più tangibile della decadenza dell'Europa; che deve cedere agli Stati produttori del petrolio, che non poteva tenere colonie estese molto più degli Stati dominanti, che non poteva resistere a quella generale tendenza (non legge di natura, la storia lo insegna) a volere lo Stato nazionale, ma che nulla costringeva ad accettare da Malta (è certo che ci sia una omogeneità di popolo, una lingua, una economia, una tradizione culturale maltese che possa dare luogo all'idea di nazione?) gli schiaffi che ha ricevuto. E mi duole che ciò sia cominciato con un ammiraglio italiano, che non ha dato prova di gran senso politico né nazionale, passando al fascismo; ma gli schiaffi sono andati all'Europa, attraverso la Nato. ★ * Ho letto con grande interesse la Calla Placidia della Storoni, ho seguito con pari piacere le puntate della sua storia della fine dell'Impero romano. Se la storia non si ripete mai esattamente, ci sono analogie di personaggi; Clodoveo ed Alboino, Amin e Gheddafi. Sofferenze ed umiliazioni; Galla Placidia riconosce le fanciulle delle gir.ndi casate romane intente a lavare i panni e preparare il cibo del guerriero visigoto che le ha scelte come concubine, per poi andare a dividere il suo giaciglio; e da quelle fusioni nascono nei secoli nuove unità, figure luminose, San Francesco e Dante, il Rinascimento artistico e quello scientifico. E poi si ricade, sopravvengono generazioni per le quali leggere, pensare, è fatica. Ma mi domando se in questo alternarsi — né il bolscevismo, né una eventuale egemonia domani della Cina o dell'Africa Nera segnano l'arrestarsi della storia — non ci sarà anche l'episodio della rivincita della mezzaluna sulla croce. (Sì, la storia non si ripete, e questa volta non sarà la passione religiosa a dominate). L'Islam dominò la Sicilia, la Grecia, gran parte dell'Ungheria, la costa illirica; giunse alle porte di Vienna, molestò le coste mediterranee, ebbe in Spagna regni civilissimi e floridissimi, rari esempi, per breve tempo, di tolleranza religiosa. Il regno di Granata fu distrutto solo nel 1492, perché non potrebbe, non per preoccupazioni religiose, ma militari, per affermazione di un potere arabo contro quello russo che lo ha sorretto (ma la gratitudine non è nella storia) non esserci una nuova dominazione araba in Europa? Magari senza imprese guerresche, attraverso la grande arma del danaro, del mettere propri uomini ai posti di comando, la tattica che usava Roma con i paesi d'Oriente, dove lasciava dei re fantocci? ★ ★ Scriveva Pareto che le élites, e dire élites vuol dire regimi, s'indeboliscono quando accolgono idee umanitarie. Non credo l'affermazione esatta; il cristianesimo non indeboli l'Impero romano, il precetto del «non uccidere» fu presto dimenticato, legionari e generali cristiani non erano inferiori ai pagani. Ma è vero invece che ogni istituzione è minata alle radici allorché perde la fiducia di avere una ragione, e quindi un diritto di esistere, una funzione da compiere, ed è vero altresì eh ; proprio quelli che si dichiarano più precisamente avversi al razzismo, coltivano una idea inseparabile dal concetto di razza, di ereditarietà: che i nipoti debbono scontare le colpe degli avi, per quanto remoti. Se un giorno ci saranno ancora appassionali di storia, e qualcuno dovrà scrivere la vicenda sia del declino delle élites che avevano dominato il secolo XIX, sia del declino dell'Europa, dovrà tener conto di tutta la letteratura che denunciando le atrocità delle oppressioni feudali, della miseria nera delle classi inferiori fino a gran parte dell'Ottocento (ma tacendo su tutto quel che si era iniziato ed in parte realizzato, già prima dell'inizio del Novecento, sulla via di una sana socialdemocrazia, che fu ovunque interrotto dal nefasto 1914), e quelle di certi sfruttaI menti coloniali, impose alle gej nerazioni nate ben più tardi, I press'a poco dopo il 1930, l'aggravio del rimorso, il senso di una giustizia che le costringeva ad espiare. A. C. Jemolo

Persone citate: A. C. Jemolo, Cavallotti, Gaetano Salvemini, Galla Placidia, Gheddafi, Granata, Storoni, Vittoria, Werfel