Sospeso perché in attesa di processo da una settimana rifiuta di mangiare

Sospeso perché in attesa di processo da una settimana rifiuta di mangiare La protesta (in piazza) di un fattorino di Pinerolo Sospeso perché in attesa di processo da una settimana rifiuta di mangiare Ventottenne, padre di famiglia, lavora all'Upim - Disteso su una branda, davanti al supermercato, dice: "Devono riprendermi a lavorare, altrimenti mi porteranno via morto" (Dal nostro inviato speciale) Pinerolo, 2 ottobre. A Pinerolo c'è un uomo, pa- dre di famiglia, che si sta con- sumando per la fame. Non mangia da sette giorni, l'azienda lo ha sospeso dal lavoro perché deve subire un processo. «Sciopera» perché ritiene di essere già stato condannato da una giustizia che non si amministra nei tribunali: la ditta che lo ha lasciato a casa (l'Upim) ha infatti agito in base all'articolo 105, del contratto di lavoro commercianti. Quest'uomo rischia di rimanere come minimo sei mesi senza stipendio prima che i giudici emettano la sen- tenza. Se sarà colpevole, il li cenziamento, se innocente, tornerà al lavoro sempre che non sia previsto un altro processo. Diciamo subito che il protagonista di questa vicenda ha un passato turbolento. Ha cominciato a rubare a 14 anni, è stato in carcere alcune volte e ha scontato il suo debito verso la società. Si chiama Carmelo Musarra, ha 28 anni ed è originario di Paterno (Cata- nia). Quattro anni fa si è trasferito a Pinerolo e sposato con Domenica Maniscalco, 23 anni. E' padre di una bimba di 3 anni, Francesca. Un altro figlio è morto. Nel luglio del '74, Musarra è stato assunto all'Upim come fattorino. Nessuno gli ha chiesto se aveva precedenti penali o se l'hanno fatto non ne hanno tenuto conto. Ha sempre lavorato molto e bene. Lo dicono i suoi stessi compagni. Ha avuto anche incarichi di fiducia che ha svolto perfettamente. «La tegola — dice — mi è caduta in testa nel marzo del '75. Quel giorno ero di riposo e un amico mi ha telefonato da Piacenza se potevo andarlo a prendere con l'auto. Era con due donne, ho saputo dopo che facevano le prostitute. A Piacenza ho avuto un incidente stradale, ho rotto la coppa dell'olio contro un marciapiede. Per tornare mi sono fatto imprestare l'auto da un amico che abita in quella città. Sono stato fermato dai carabinieri, la vettura non era assicurata, poi c'erano quelle due donne. A farla breve sono stato accusato di favoreggiamento alla prostituzione. Sono tornato a Pinerolo e non ci ho più pensato». Ma l'istruttoria è stata lenta e laboriosa. Il 9 giugno scorso i carabinieri ricevono l'ordine di arrestare il Musarra. E' preso sul posto di lavoro e portato in carcere (pena preventiva). Dopo 28 giorni è rimesso in libertà in attesa del processo. Musarra, che aveva chiesto all'Upim di considerarlo in ferie, si ripresenta al supermercato, ma qui gli dicono che è sospeso in virtù dell'articolo 105. «A questo punto cosa dovevo fare? — chiede — Io ho famiglia da mantenere, non ho soldi da parte per resistere fino al giorno del processo. Dovevo prendere il mitra e assaltare una banca? No, io in carcere non ci voglio più tornare, per nessuna ragione. Adesso ho la responsabilità di una moglie e una figlia. Sul mio passato c'è una pietra. Ho scelto la protesta più pacifica, quella del digiuno. Mi devono ascoltare, non possono trattarmi in questo modo». I suoi compagni di lavoro lo aiutano come possono. Da una settimana fanno lo sciopero «selvaggio», ma la direzione dell'azienda, tace. «Oggi è sabato e abbiamo sospeso la protesta per permettere agli operai di fare la spesa — dicono i delegati di consiglio dell'azienda — Speriamo che questa situazione si sblocchi. Musarra torni al lavoro». II Musarra ha preso un pennarello e scritto su fogli di cartone: «Indiziato di reato l'azienda mi ha sospeso senza alcun sussidio sino al risultato del processo. Per la legge sono libero a tutti gli effetti però l'Upim mi ha tolto i mezzi per vivere. Io ho moglie e un figlio» e protesta davanti al supermercato. I primi giorni è rimasto in piedi, adesso resta sempre sdraiato su una brandina per tutto il giorno e la notte. E' sfinito, ma resiste. «Devono riprendermi a lavorare — dice — altrimenti mi porteranno via morto». Non ha neppure la forza di parlare, la sua voce esce dalla gola con l'intensità di un sussurro. Ha gli occhiali scuri perché non sopporta più la luce e la barba di una settimana. Due medici lo tengono sotto controllo, ogni tanto la pressione gli scende al limite del collasso. Verso sera arriva la moglie del Musarra con la bambina per mano. Francesca abbraccia il padre e gli augura la buona notte con un bacio sulle guance ispide, poi la madre la trascina via perché piange. Per fortuna Francesca è troppo piccola per capire. Aldo Popaiz

Persone citate: Aldo Popaiz, Carmelo Musarra, Domenica Maniscalco, Musarra

Luoghi citati: Piacenza, Pinerolo