C' è soltanto Paperino di Giulia Massari

C' è soltanto Paperino I RAGAZZI E LO SPETTACOLO; CINEMA C' è soltanto Paperino I produttori non reputano profìcuo realizzare film per i giovanissimi - Una legge che riunisce in una sola categoria tutti i minori di 16 anni - Rimane Walt Disney Nel mese d'agosto, a Grifoni Vallel'inga in provincia di Salerno, un festival fra i più inosservati: quello del cinema per ragazzi. Esiste da aualcne anno, è organizzato da giovani del luogo appassionati di cinema d'essai, ha scarsi mezzi e scarso pubblico. E' suo merito, sia pure indiretto, quello di aver fatto porre la domanda se esista ancora una cinematografia per ragazzi, e, se esiste, di che cosa si tratta. ■Ne parlo un po' in giro, nell'ambiente cinematografico. Ma sì, i film con Giuliano Gemma sono film per ragazzi; e quelli con Bud Spencer, anche; e poi tutti quelli tratti dai libri di Stevenson, di London, di Verne. O i filmetti delle sale parrocchiali, tutti buoni sentimenti. E i cartoni animati, le «Topolino story», le «Paperino story», naturalmente. Dunque, tutto come sempre? Il fatto è, dice uno, in tono appena spiritoso, che non esiste più la categoria ragazzo; e un altro, con battuta ovvia: ma via, ragazzi siamo noi adulti. Rispondono, tutti, in maniera vaga e anche annoiata: e la vaghezza, la noia, non celano il disinteresse. Ma perché, infine, questo disinteresse? Per un motivo, sembra alla fine di capire: perché la nostra è una civiltà di vetrine, e i film per ragazzi non sono un prodotto da vetrina. Ne chiedo a Domenico Meccoli, all'A.G.I.S. Meccoli si occupa di cinema da quarant'anni, è un'autorità in materia. «Noi abbiamo cercato in tutti i modi di incoraggiare la produzione di film per ragazzi — risponde — proponendo di proiettarli per esempio il pomeriggio nei nostri cinema d'essai, qualificandoli dunque in un certo modo. Abbiamo avuto scarso successo. Hanno risposto un po' Milano, e Torino, il resto d'Italia è stato sordo. Non si riesce a far niente, in quel campo». Che dipenda dalla formulazione della legge in materia? La legge, che è del 1963, dice: «La qualifica di film per ragazzi è attribuita ai film di lungo e di cortometraggio, nazionale o straniero, il cui contenuto sia particolarmente rispondente all'esigenza di contribuire alla formazione etica, culturale e civile dei minori di anni sedici...». Ragazzi, cioè, sono considerati allo stesso modo il bambino della terza elementare ancora, si spera, innocente, e il ragazzo della terza media che ha la motocicletta e la fidanzata o il fidanzato, che sa tutto sul sesso ed è anche inquadrato politicamente e polemicamente. Al bambino non ancora formato, e al giovinetto già formato, si devono fornire gli stessi film, e allora è anche facile capire perché gli autori si fermino e i produt¬ tori preferiscano semmai segnalare, come film per ragazzi, dei film concepiti per gli adulti, come «Il delitto Matteotti», come «Il caso Mattei», approvati per i ragazzi, e con grande successo d'incassi. Quella frase, la «formazione etica, culturale e civile», sembra fatta per spaventare. Chi non è spaventato, e fa qualche meritorio sforzo, non ottiene nulla. Il professor Benigno Di Tullio, per esempio, aveva progettato un film per ragazzi in cui si affrontava, attraverso una vicenda credibilissima, il problema della droga. Non trovò un produttore, un regista, uno sceneggiatore: proprio l'aver affrontato il problema, era la difficoltà. «Quando abbiamo parlato con qualche produttore — dice Maria Ciani, laureata in antropologia crimi¬ nale e segretaria del comitato che deve approvare la dizione di "film per ragazzi" — e abbiamo chiesto di incrementare, di qualificare meglio la produzione, ci siamo trovati di fronte un muro. Se facciamo film per ragazzi, ci han detto i produttori, non incassiamo nulla. Allora, perché farli?». Le cose sono dunque rimaste da molti anni allo stesso punto. Si vedevano i cartoni animati un tempo, si vedono ora. Si sfruttava il filone Stevenson London - Verne. lo si sfrutta ancora. Niente di mutato. E si continuano a produrre dai venti ai trenta film all'anno, tutti regolarmente approvati da un comitato composto di due esperti in problemi dell'età evolutiva (uno del ministero del Turismo, uno del ministero della Pubblica Istruzione), un docente di pedagogia, uno di psicologia, un esperto in rappresentanza degli autori cinematografici, un altro in rappresentanza dei giornalisti cinematografici, e un professore di scuola media. Si tratta d'un comitato dove vige il principio dell'avvicendamento, e dove ci sono spesso persone di merito. Ma a che cosa serve? «La verità — dice ancora la dottoressa Ciani — è che non c'è mai molto da fare. Progetti di film ne arrivano pochi, e già quando arrivano rispondono a quei requisiti che sono poi sempre i soliti, mai che ci sia motivo per una discussione, sembrano tutti fatti su misura nella loro mancanza di qualità, oppure, come s'è già detto, si tratta di film per adulti che anche i ragazzi possono vedere». Ma possono vedere perché, per quali motivi? Fratello sole, sorella luna di Franco Zeffirelli, secondo il centro San Fedele di Milano, che ha fatto uno studio sull'argomento, perché in Francesco si vede il precursore di quella frangia di contestatori giovani che predicano la non violenza; e Waterloo di Bondarciuk perché demitizza il «grande còrso». O altrimenti si tratta di edificanti storie di cavalli, cani e uccellini, o di vicende dove il ragazzo serve a ricongiungere la famiglia disunita. Per tutti questi film, lo Stato ha però pensato a una provvidenza; del tipo paternalistico, naturalmente, e cioè l'abbuono del 50 per cento sulle tasse, per l'esercente che proietti un film per ragazzi. «Niente da fare, purtroppo», conclude Domenico Meccoli. A meno di far propria, per rinnovare un po' il materiale, la scherzosa proposta dello scrittore Wilcock, cioè tutta una serie di film che sicuramente interesserebbero i ragazzi: con protagonisti sotto i sedici anni che assaltano banche, rapinano e stuprano. Come spesso capita nella realtà. Giulia Massari

Luoghi citati: Italia, Milano, Salerno, San Fedele, Torino