Cercando il tedesco medio di Tito Sansa

Cercando il tedesco medio ELEZIONI SENZA DRAMMA NELLA REPUBBLICA FEDERALE Cercando il tedesco medio Soddisfatti del presente e fiduciosi nel futuro i tedeschi affrontano il voto di domenica con la calma di chi sa che, chiunque vinca, cambierà ben poco - Socialdemocratici e democristiani hanno molto simili i programmi e anche i sistemi di propaganda Bonn, 30 settembre. Nella vetrina di un grande negozio di vini a Colonia campeggiano i ritrai.', vociali dei due candidati alla Cancelleria, il socialdemocratico Helmut Schmidt su fondo rosso, il democristiano Helmut Kohl su fondo nero. Accanto la scritta «Rifornitevi di "sekt" per la sera del 3 ottobre: per brindare se il vostro Helmut vince, per consolarvi se il vostro Helmut perde». Ma V invito non viene accolto dalla clientela. «E' un disastro, dice il negoziante, non ho mai venduto cosi poco come nelle ultime due settimane. Durante i campionati mondiali di calcio, due anni fa, avevo quadruplicato il giro d'affari. Con la foto della nazionale. Ogni tanto poi entra qualcuno e mi dice "pfui" perché cerco di fare soldi con la politica». La lamentela è generale. «Basta con le solite facce dei politici», scrivono gli abbonati alle stazioni televisive. «Non vedo l'ora che sia passato il 3 ottobre» confida il vicino di casa. «Non ho mai visto tanta indifferenza», racconta il giornalaio. «Quattro anni fa era una continua discussione in bottega, litigavano per Brandt o per Barzel, oggi se uno osa accennare alle elezioni o viene deriso o zittito». La stessa cosa nelle birrerie. Nel 1972 si sentivano dispute agitate e grida fino a tarda notte, ora nulla: le prossime vacanze alle Canarie o a Bangkok, Beckenbauer e Cassius Clay sono assai più importanti che non i programmi dei partiti politici. C'è da dire che, per chi non sia bene addentro nella materia, i diversi programmi non presentano differenze sostanziali, sono «quasi intercambiabili», un po' più o un po' meno cogestione, un po' più finanziamento delle pensioni, un po' più o un po' meno anticomunismo: sfumature che non fanno presa sull'elettorato. Ho percorso più di tremila chilometri al seguito dei principali candidati, in Assia, nella Vestfalia, in Bassa Sassonia, in Baviera, nel Palatinato, nella Saar, e dappertutto ho visto lo stesso spettacolo. Enorme impegno dei partiti politici per mobilitare le masse, in particolare da parte dei democristiani, veramente d'assalto, e indifferenza da parte dei cittadini. Le ciminiere delle fabbriche fumano, le autostrade sono intasate, sulle linee ferroviarie i treni si succedono uno ogni due minuti o anche meno, fiumi e canali trasportano convogli di battelli e di chiatte, negozi e grandi magazzini straripano di ogni ben di Dio, l'edilìzia è in ripresa, la gente ha i portafogli imbottiti di «Deutsche Mark» sempre più preziosi (la rivalutazione effettiva rispetto a tutte le altre monete è stata del 10,5 per cento da gennaio a oggi), la disoccupazione è calante (e chi è senza lavoro riceve il 68 per cento dell'ultimo salario ), l'inflazione si riduce di mese in mese, ora è solo del 4,5 per cento. Il 74 per cento dei tedeschi dice che sta bene, il 53 per cento è ottimista per il futuro. Perché dovrebbero agitarsi i tedeschi per le elezioni del 3 ottobre, quando hanno la possibilità di attingere liberamente alla cornucopia di beni che gli vengono offerti? Tanto, chiunque vinca — è l'impressione che si ricava parlando con la gente — la politica della Germania cambierà assai poco. I «neri» non abbatteranno certamente le strutture sociali, del resto predisposte da loro negli Anni 60 quando erano al governo, né manderanno a picco la «Ostpolitik» tiepidamente perseguita da Schmidt, i «rossi» non faranno certamente l'occhiolino agli eurocomunisti né rinunceranno alla libera economia di mercato, indubbie sono la fedeltà degli uni e degli altri all'Alleanza Atlantica e all'idea dell'Europa unita (sotto guida tedesca). In comune i grandi partiti rivali — socialdemocratico e democristiano — hanno non soltanto i programmi, ma anche il metodo e lo stile di campagna elettorale. Mentre in altri Paesi i partiti si danno un colore, qui la maggiore preoccupazione sembra essere quella di mimetizzarsi, di nascondere dietro un «make up» incolore quel poco di rosso o di nero che potrebbe spaventare. Secondo il politologo Kurt Sontheimer questo «Drang» verso il centro rivela il vecchio trauma della repubblica di Weimar. Ciascuno teme di apparire di estrema. Mentre in Gran Bretagna ci sono conservatori, liberali e socialisti, e nessuno esalta il centro, in Germania nessuno si definisce conservatore (e lo sono tutti), la parola «socialista» è quasi un insulto, tutti si ergono a paladini della libertà. In realtà non lo è nessuno, quando un Parlamento vota leggi come gli articoli 88 e 130 che vietano agli scrittori e agli artisti di esaltare la violenza e permettono sequestri di pubblicazioni storiche risalenti al secolo scorso, oppure acconsentono che chi ha opinioni di estrema venga messo sotto inchiesta e allontanato dai servizi pubblici, oppure ancora che la corrispondenza tra carcerati in attesa di giudizio e i loro avvocati venga sottoposta a censura. Tutti sono al centro, con tendenza verso la destra, anche nel partito socialdemocratico il quale (rivela il settimanale Der Spiegel) ha fatto una cospicua elargizione ai giovani socialisti «Jusos» in cambio del loro impegno a tener tappata la bocca durante la campagna elettorale per non spaventare i bravi elettori borghesi. Data questa situazione, è più che logico che gl'intellettuali, simpatizzanti generalmente per la sinistra (se così è lecito localizzare il partito socialdemocratico che presenta Helmut Schmidt) si astengono quest'anno dal partecipare alla campagna elettorale. Quattro anni fa Guenter Grass tambureggiava appassionatamente per Willy Brandt e per le sue grandi visioni di riconciliazione tra i popoli, per la «qualità di vita», il cattolico Heinrich Boell, Siegried Lem erano tutti attivissimi per Willy, nelle piccole città era tutto un fiorire di «iniziative di cittadini». Ora gl'intellettuali tacciono, rassegnati e delusi da Helmut Schmidt, anche se voteranno probabilmente per la socialdemocrazia, scegliendo il male minore. Per loro una vittoria di Kohl siI gnifica avere il bavarese I Strauss «ante portas». Dice uno scultore: «Votare per la socialdemocrazia è come masturbarsi. Dopo si ha la coscienza cattiva, tuttavia lo si fa di nuovo». Una cattiva coscienza non mostrano di avere coloro che dicono apertamente che voteranno per la democrazia cristiana o per i cristiano sociali di Strauss (questi ultimi soltanto in Baviera). Pur sapendo che se Helmut Kohl dovesse diventare cancelliere, in Germania cambierà ben poco o quasi nulla, si avverte tra di loro un desiderio di mutamento. Gli studiosi dei sentimenti delle masse che vanno a indagare nelle fabbriche, negli uffici, e che interrogano le persone che partecipano ai comizi, parlano di una nuova tendenza, la «Nostalgiewelle» (l'onda della nostalgia). Dicono che è diffuso un rimpianto per certi valori che Helmut Schmidt non personifica: il rispetto altrui, la collaborazione da pari a pari, l'idealismo. Rammentano che Willy Brandt quando vinse nel '72 con la maggioranza relativa (riuscendo per la prima volta nel «sorpasso») dovette il successo al carisma personale che invece mancava al suo antagonista Rainer Barzel e che in precedenza nel 1965 lo stesso Brandt era stato sconfitto da Ludwig Erhard perché non si era ancora profilato e il vecchio Erhard, successore dell'imbattibile Adenauer, possedeva invece i requisiti personali che fanno presa sulle masse. Così come ha adottato /'«american way of life» così la Germania del benessere ha anche fatto suoi i metodi elettorali degli Sloti Uniti: tutto è concentrato sui due rivali. Quasi si dimentica che domenica vi sono da eleggere 496 deputati (di circa 400 dei quali si conoscono peraltro già i nomi, perché hanno avuto dai partiti collegi a prova di bomba o posti sicuri in lista) e che l'eventuale vittoria dei democristiani potrebbe avere sviluppi e conseguenze in politica estera, in particolare con i Paesi dell'Est e all'interno del futuro Parlamento europeo. Lo si dimentica perché nessuno ne parla, tra i partiti politici vi è un minimo comune denominatore. Come se si fossero passata la parola, tutti — scrive l'agenzia «Dpa» — «spazzano i problemi sotto il tappeto» e cercano di fare presa sulle emozioni «dando addosso all'avversario e diffondendo paure su quello che potrebbe combinare». Interviste volanti fatte da diverse stazioni radio hanno rivelato che non soltanto vi è una grande ignoranza sui programmi di governo dei partiti, ma che addirittura i tre quarti degli elettori non sanno come si vota e quale valore abbia il cosiddetto «secondo voto», decisivo per la ripartizione dei seggi nell'ottavo «Bundestag». Tutto l'interesse è rivolto sui due Helmut, a Schmidt gli intervistati rimproverano l'arroganza e dicono «basta con i suoi toni professorali», a Kohl attribuiscono incompetenza e soprattutto di essere una «marionetta di Strauss». Evidentemente i peggiori slogans propagandistici dei partiti, sui manifesti, sui volantini, sui giornali, alla radio e alla televisione, tutti basati sugli aspetti negativi degli avversari, hanno fatto breccia. La demagogia trionfa. A dar retta agli istituti dì ricerca demoscopica, i cui pronostici sono la lettura preferita di questi giorni per milioni di acquirenti dei settimanali, la coalizione di governo socialdemocratico-liberale ha la vittoria in tasca. Secondo Quick (di destra) i partiti di Schmidt e Genscher insieme avranno il 51,5 per cento, quelli di Kohl e Strauss il 47,7 per cento dei voti, secondo Stern (filogovernativo) il governo si reggerà con il 51,l"h l'opposizione sarà sconfitta con il 47,5 per cento dei voti, gli spiccioli andranno ai partitini che non entrano in Parlamento. Ci sono da dire due cose a proposito di questi sondaggi pubblicati dai settimanali: primo, che essi sono manipolati per influenzare l'elettorato (i governativi annunciano il successo confidando nella tendenza ad «allinearsi», l'opposizione si dice vicina alla meta per indurre gli indecisi a fare l'ultimo sforzo): secondo, che gli istituti demoscopici tedeschi non hanno mai azzeccato il risultato di una elezione, né politica né regionale. Ciò incoraggia i democristiani, i quali ricordano che anche in Svezia, due domeniche fa, i demoscopisti fecero cilecca. A favore dei democristiani, oltre aH'«ondata di nostalgia» e a un impalpabile ma diffuso desiderio di mutamento, giocano anche altri fattori, dice un esperto di statistica del partito: nei confronti delle elezioni del 1972 è diminuito il numero degli elettori giovani tra i 18 e i 25 anni (sono scesi da 4,8 a 3,3 milioni) ed è aumentato il numero degli elettori anziani, oltre i 60 anni (sono saliti da 10,1 a 11,5 milioni). «E' noto, dice lo statistico, che i giovani tendono verso la sinistra e i vecchi verso la destra. Ne tragga lei le conclusioni che vuole, il risultato è incerto quanto mai». Di quest'avviso sembra essere anche l'ex cancelliere Willy Brandt. Ai giornalisti di tutto il mondo che lamentano la noia mortale di questa campagna elettorale e la difficoltà dì scrivere cose ìnteresssanti, il Premio Nobel per la pace ed ex giornalista risponde: «Il vero tema della lotta elettorale è se debbano rimanere in carica quelli che ci sono oppure se debbano andarvi quelli che ci vogliono andare. E' più che eccitante». Tito Sansa Norimberga. Helmut Kohl, leader dei cristiano-democratici, tra i suoi sostenitori dopo un comizio (Telefoto Upi)