Caro Direttore sul Cile non sono d'accordo di Paolo Garimberti

Caro Direttore sul Cile non sono d'accordo Caro Direttore sul Cile non sono d'accordo Caro direttore, vorrei dissentire, per una volta, dalla « linea del giornale », quale è stata illustrata l'altro ieri nell'articolo di prima pagina di Paolo Garimberti. Il tema, s'intende, è il Cile, cioè l'opportunità o meno di svolgervi la finalissima di Coppa Davis. Mi sento interessato come sportivo (sono tennista, pessimo, anch'io) e come analista politico. Proporre la soluzione del campo neutro a me sembra una scappatoia sterile. O meglio: non sarebbe tale, se ci fosse qualche probabilità di consenso da parte cilena; ma non mi sembra realistico crederlo. Perché i cileni dovrebbero rinunciare al vantaggio, non indifferente, del « fattore campo », oltretutto riconoscendo la fondatezza del rifiuto degli italiani di giocare in casa loro? E la Federazione internazionale, a sua volta, potrebbe accettare o addirittura imporre questa soluzione, entrando, anzi irrompendo, nel merito delle vicende politiche interne dei Paesi membri? Tutto può darsi, e io son digiuno di regolamenti sportivi; ma, a lume di buon senso, stento assai a crederlo. Meglio allora dire chiaramente: nel Cile non si può giocare, non si deve giocare. Se si ritiene che ci siano dei vantaggi morali e politici in questo, tanto vale sfruttarli tutti e subito. Ma poi ancora vorrei dire che quando s'intraprende un torneo internazionale di tennis, o di qualunque altro sport, si sa quali altre squadre vi partecipano. Quando abbiamo cominciato le eliminatorie di Coppa Davis, sapevamo che c'era in lizza anche il Cile e che poteva capitare di doverlo affrontare. Abbiamo spera to, evidentemente, che non ci capitasse. Ma questo non è molto serio. Mi riferisco, ades so, non tanto agli organi sportivi italiani, quanto a quelli internazionali. Quando comincia un'Olim piade, un campionato mondiale, o altro, bisognerebbe fare il seguente discorso: egregi amici, si sa che alcuni di voi, alcuni dei vostri Paesi, hanno pregiudiziali contro altri; se intendete rispettarle, parliamone subito, se no vinca il migliore (il migliore a dar calci o a saltare o a colpire una pallina di diritto e di rovescio). E' comunque verso un chiarimento metodologi¬ co di questo tipo che bisognerebbe andare. Infine vorrei dire: perché solo il Cile? Già Garimberti ha ricordato che sono 110, secondo l'organizzazione umanitaria « Amnesty International », i Paesi nei quali s'imprigiona la gente per le sue idee politiche. Fra questi vi è anche l'Unione Sovietica, come sanno tutti, compresi i comunisti italiani, francesi, spagnoli, che hanno preso la lodevole abitudine di protestare. Naturalmente so bene che una cosa è la degenerazione « burocratica », per così dire, di una grande rivoluzione tradita e un'altra cosa è il regime poliziesco nato da un golpe meccanico, disumano. Ma è sempre repressione. E comunque tra il Cile di Pinochet e la Russia di Breznev ci sono tante situazioni intermedie, molto più vicine al Cile: per esempio il Brasile. Ma a Rio, salvo errore, si gioca volentieri. Chi si è mai sognato di coinvolgere Pelé nella condanna della dittatura brasiliana? Questo sul piano, diciamo, etico-politico. Sul piano politico-diplomatico, il discorso non cambia. Si dice: non ab¬ biamo riconosciuto (giustamente) la Giunta cilena, andare a Santiago con Panatta e Barazzutti potrebbe significare un cedimento, un riconoscimento indolore, o almeno così potrebbe far credere Pinochet. Può darsi, ma mi sembra francamente eccessivo. In ogni caso, pur non riconoscendo la Giunta, non abbiamo rotto le relazioni diplomatiche fra Stati. E allora, se proprio non si vuole avere nulla a che fare coi cileni, bisognerebbe rompere anche quelle. Non sarebbe un atto di guerra, sarebbe l'esercizio di un diritto riconosciuto a ogni Stato. Caro direttore, non so se alla fine il cattivo tennista abbia avuto la meglio sul commentatore politico. Voglio dire: è persino possibile che al fondo di tutto, in me e in altri che la pensano allo stesso modo prevalga la voglia di prendersi, finalmente e nonostante tutto, la famosa insalatiera... Ma, scherzi a parte, mi sembra che le considerazioni che mi son trovato a fare debbano aver posto in un esame spassionato di questa ultima querelle nazionale. Aldo Rizzo

Persone citate: Aldo Rizzo, Barazzutti, Breznev, Garimberti, Panatta, Pinochet