Perché Mosca attacca il "piano Kissinger,, di Livio Zanotti
Perché Mosca attacca il "piano Kissinger,, L'Africa australe il vero obiettivo? Perché Mosca attacca il "piano Kissinger,, (Dal nostro corrispondente) Mosca, 29 settembre. « Verso l'Africa australe l'Unione Sovietica mantiene la linea fissata » dicono a Mosca. Vuol dire massimo sostegno politico e militare ai Paesi amici come l'Angola e il Mozambico. E, attraverso di essi, ai movimenti di liberazione che combattono i regimi di Johannesburg e di Pretoria. E' ciò che aveva già assicurato Breznev a Samora Mahcel quando, nel maggio scorso, il capo del « Frelimo » venne ad incontrarlo al Cremlino. Il garantito rinnovamento dell'arsenale bellico delle ex colonie portoghesi potrebbe arrivare a comprendere in caso di necessità anche armi sofisticate, adeguati accordi commerciali ne permetteranno eventualmente il pagamento. Ma non un solo sovietico sbarcherà a Luanda o a Maputo. La recente visita di Kissinger a sud dell'Equatore non muta la sostanza di tale intesa. E' cambiato invece l'atteggiamento con il quale i sovietici hanno seguito il recente viaggio del segretario di Stato americano. La resa a denti stretti di Ian Smith è stata definita un inganno. Mosca afferma che il meccanismo istituzionale attraverso cui il governo della Rhodesia dovrebbe passare entro i prossimi due anni alla maggioranza nera è truccato, perché i bianchi hanno fatto in modo di mantenere virtualmente il controllo dell'assemblea costituente incaricata di redigere la « carta magna » del paese. Quindi l'accusa esplicita: Kissinger vuole creare uno Stato cuscinetto capace di proteggere il Sud Africa. « Eccolo, questo Lord Ponsomby del ventesimo secolo ». I toni della radio e dei giornali hanno assunto a questo punto l'intensità di una campagna. Ma l'obiettivo sembra essere più Kissinger che la situazione africana. E questo è il vero dato nuovo. Se ne ricava che il segretario di Stato americano viene ormai considerato dai russi sulla soglia della porta. Attaccarlo sarebbe inoltre un modo non eccessivamente scoperto per criticare l'intera amministrazione Ford, prenderne le distanze e preparare così un buon approccio con Carter se diverrà presidente. Se questa è la logica sulla quale si sono mossi al Cremlino, allora è probabile che i colloqui avuti nei giorni scorsi a Mosca dal vecchio Averell Harriman hanno influito sulle reazioni alla visita di Kissinger in Africa certamente non meno e forse più del suo potenziale esito diplomatico. I sovietici non ignorano infatti la complessità dei problemi che premono sull'Africa Nera, le divisioni anche profonde esistenti talora nei movimenti nazionalisti, le difficoltà enormi nelle quali si dibattono, senza eccezioni, tutti i Paesi da poco giunti all'indipendenza. Hanno mostrato in passato di voler tenere conto delle innumerevoli incognite nascoste nella estrema arretratezza di quell'area. Stentano a farsene carico incondizionatamente. Non escludono soluzioni di compromesso, almeno sui tempi medi. Secondo indiscrezioni, saranno di quest'ordine gli argomenti che presenteranno al presidente dell'Angola, Agostinho Neto, atteso prossimamente a Mosca. Una premessa che porrebbe limiti precisi ai colloqui fin dall'avvìo. E' quanto si aspettano gli angolani, e senza stupore. La politica estera sovietica è un Giano bifronte che a Luanda come a Maputo conoscono bene e non da ieri. La distensione, asse portante di quella politica, deve favorire i movimenti indipendentisti del Terzo Mondo, senza però restarne compromessa. Qui stanno la forza e i limiti dell'azione di Mosca, le ragioni riassunte del suo procedere. Dal 25° congresso in avanti, Breznev e i suoi lo hanno ripetuto più volte tanto agli amici quanto agli avversari. Ancora oggi, proponendo alle Nazioni Unite l'esame di un trattato mondiale per la rinuncia all'uso della forza nelle relazioni internazionali, allegano una illuminante postilla: la conclusione del trattato non dovrà compromettere la legittima lotta dei popoli coloniali per la loro libertà e indipendenza. Vi è la sintesi della « linea » di Mosca verso l'Africa australe. Livio Zanotti
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