L'incontro Ford-Carter, che noia di Jader Jacobelli

L'incontro Ford-Carter, che noia SONO MIGLIORI IN AMERICA LE "TRIBUNE,, TELEVISIVE? L'incontro Ford-Carter, che noia Qualche mese fa, durante la campagna per le elezioni del 20 giugno, si accese nel nostro paese una vivace polemica contro la Commissione parlamentare Rai per la regolamentazione troppo rigida delle trasmissioni elettorali televisive e radiofoniche. Anch'io, cortesemente chiamato in causa dal direttore di questo giornale, auspicai che, tra le tante formule di trasmissioni possibili, la Commissione scegliesse in futuro quelle più « aperte », meno regolamentate, aggiungendo, per essere obiettivo, che non c'era, però, da scandalizzarsi o da concludere che, per questo, le «Tribune» andavano soppresse. Ricordai che in tutti i Paesi a democrazia parlamentare (gli altri non era il caso di citarli) le trasmissioni televisive e radiofoniche elettorali erano regolamentate come da noi o più che da noi. Si prese atto con soddisfazione del mio auspicio, ma si tacque, forse per insoddisfazione, il mio ricordo. Poiché La Stampa pubblicò imparzialmente l'uno e l'altro, sono certo che mi consentirà di ritornare sull'argomento dopo il recente dibattito televisivo tra Ford e Carter. Quel dibattito — e in tutto simili saranno i due che seguiranno — sebbene trasmesso in un Paese come gli Stati Uniti, patria di tutti gli happenìngs che sono stati inventati in questi anni, sebbene diffuso da una stazione televisiva privata, sebbene diretto da un « moderatore » tra i più noti ed esperti, sebbene animato (si fa per dire) da tre giorna-listi a cui nessuno di noi ha da insegnare niente in fat- to di autonomia professiona- le, è stato regolamentato fin nei minimi particolari come le nostre Commissioni parlamentari Rai di ieri e di oggi — Dio gliene renda merito, visto che noi non gliene rendiamo — non hanno mai osato fare. A dimostrazione di ciò riassumo le principali norme regolamentari di quel dibattito che ogni telespettatore del nostro Paese ha potuto verificare, sia pure soltanto in parte dato che abbiamo ritrasmesso soltanto una sintesi del dibattito. Lo sfondo grigio Scenografia: un semplice fondale a tinta unita senza décor di sorta ad evitare che l'eventuale décor alle spalle di uno dei partecipanti risultasse più attraente di quello alle spalle dell'altro durante le riprese in primo piano. Due podi circolari con le pedane graduabili in altezza in modo che nessuno dei due partecipanti potesse apparire al pubblico più prestante dell'altro, ma che entrambi emergessero in uguale misu ra. Due paltroncine girevoli — di cui nessuno dei due si è poi servito, se non durante l'interruzione tecnica — ugualmente ad altezza regolabile. Ripresa: a telecamera frontale fissa con inquadrature e relativi tempi prestabiliti e uguali per entrambi i parte- ! cipanti. Divieto di « zoomare » j ie di «staccare», cioè di pas- sare da un'inquadratura al l'altra, ad evitare di dare ri j salto ad un'affermazione o di i toglierne ad un'altra ponen ! do in primo piano o in cani¬ po lungo chi la pronuncia. Divieto dei « primissimi piani » che possono esaltare un vizio o un difetto fisiognomieo (un uguale divieto vige in Gran Bretagna quando viene ripresa la Regina). Divieto di fare « stacchi » sul pubblico in sala perché con stacchi maliziosi un regista potrebbe contrappuntare positivamente o negativamente tutto un discorso. Divieto di inquadrare il partecipante che ascolta quando la sua espressione possa apparire un giudizio su ciò che l'altro sta dicendo. Divieto, per la stessa ragione, di inquadrare i giornalisti durante le risposte che vengono loro date dai due partecipanti. Svolgimento del dibattito: quello tra Ford e Carter non è stato un vero e proprio dibattito, ma una serie di domande e risposte fra ciascun giornalista e i due candidati alla presidenza. Tanto le domande quanto le risposte dovevano essere formulate in tempi più ristretti di quelli delle nostre conferenze stampa. Per sorteggio si stabilisce chi comincia; e chi non comincia, conclude. E' fatto divieto ai candidati di rivolgersi la parola direttamente, magari col dito puntato per esprimere rimprovero o accusa. E' anche fatto loro divieto di leggere qualunque appunto. Il pubblico in sala, sebbene non ripreso, non può né applaudire, né dissentire Giornalisti intervistatori: il giornalista non deve esprimere una sua opinione personale, ma limitarsi a rivolgere domande per ottenere informazioni. Non è riconosciuto il diritto di replica, ma soltanto quello di fare un'altra domanda di chiarificazione. Il giornalista non può mai interrompere. Poveri noi, se fossimo costretti a tante rinunce: nessuno risparmierebbe alla Commissione l'accusa di lesa maestà professionale. Le parole contate Moderatore: mi duole per mister Edwin Newman, ma noi moderatori italiani, al suo confronto, siamo dei mattatori. Noi possiamo dire dieci parole introduttive e conclusive, lui soltanto quattro; noi possiamo sorridere o rabbuiarci, lui deve restare inespressivo per 90 minuti; noi possiamo improvvisare il nostro « buonasera » e « a rivederci », lui lo deve scrupolosamente leggere; noi possiamo richiamare al rispetto del tempo uomini politici e giornalisti, lui non lo può fare perché lo fanno dei congegni elettronici invisibili ai telespettatori. L'unica piccola differenza fra lui e noi è che lui è stimato per la sua imparzialità, per la sua correttezza, per la sua discrezione, per la sua autorevolezza arbitrale, da 100 milioni di telespettatori, noi da qualcuno di meno, da molti di meno, da tanti di meno. Qual è la morale di questo confronto fra le nostre « Tribune elettorali » e quelle americane (e se non fossi lungo potrei illustrare anche quelle tedesche che si trasmettono nella Repubblica federale proprio in queste settimane)? Nessuna che mi porti ad auspicare trasmissioni più regolamentate di quel tanto che è strettamente necessario per garantire a tutte le parti politiche uguali opportunità e uguale trattamento. L'unica morale è che una « Tribuna elettorale » senza alcuna regolamentazione non sarebbe una Tribuna più democratica e più giornalistica (il primo valore — si intende — mi sta più a cuore del secondo), ma una Tribuna in cui prevarrebbe il più invadente, il più esibizionista, il più furbo, il più prevaricante, e non è detto che il pubblico lo penalizzi sempre e subito. Ma non passerà molto tempo e ci sarà chi, in polemica con i nostri, ricorderà i « grandi dibattiti » tra Ford e Carter — quelli sì, dirà, eran veri dibattiti — così come si continua a ricordare i « grandi dibattiti » fra Kennedy e Nixon del 1960, ignorando che anch'essi — lo ha ricordato pure Jean Cazeneuve nel suo ultimo libro L'homme iéléspectateur (Homo telespectator ) — furono in tutto simili a quelli fra i due candidati di oggi, con una regolamentazione altrettanto rigida. Anche l'erba televisiva del vicino è sempre più verde. Jader Jacobelli

Persone citate: Edwin Newman, Jean Cazeneuve, Kennedy, Nixon

Luoghi citati: Gran Bretagna, Stati Uniti